Parte la riforma dello sport
di Guido MartinelliIl 1° gennaio 2022 è la data fissata dalla legge di conversione del decreto “Sostegni bis” (D.L. 73/2021 convertito con L. 106/2021) per la decorrenza degli effetti di alcune parti del pacchetto di decreti di riforma dello sport approvati in seguito all’emanazione della Legge delega 86/2019.
In particolare, saranno operativi il D.Lgs. 40/2021 in materia di sicurezza delle discipline sportive invernali (nella sua integrità) e alcuni articoli del D.Lgs. 36/2021 (il più importante per le conseguenze che potrà avere sull’associazionismo sportivo); in particolare l’articolo 10 che disciplina il riconoscimento ai fini sportivi delle società e associazioni sportive da parte del nuovo registro delle attività sportive tenuto dal dipartimento sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’articolo 39 che disciplina il fondo per il passaggio al professionismo negli sports femminili, l’articolo 40 sulla promozione della parità di genere nello sport e gli articoli del titolo VI (articoli 43 – 50) sulle pari opportunità per gli atleti paralimpici di accedere ai gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato.
È ufficiale, inoltre, che la commissione tecnica attivata dalla sottosegretaria Vezzali per la revisione della parte sul lavoro sportivo, uno dei profili più criticati della riforma, abbia terminato il proprio lavoro.
Partenza sicuramente a singhiozzo. Infatti, con particolare riferimento all’articolo 10 D.Lgs. 36/2021 e al nuovo registro delle attività sportive dilettantistiche, non mancano le problematicità.
Mantiene, infatti, vigore l’articolo 7 D.L. 136/2004 (convertito con L. 186/2004), che sarà abrogato solo a partire dal 31 agosto 2022 (con l’articolo 17 D.Lgs. 39/2021), che affidava al Coni i compiti di certificazione della effettiva attività sportiva dilettantistica posta in essere dai sodalizi affiliati.
La circostanza che tutta la disciplina applicativa del nuovo registro è appunto contenuta nel decreto che entrerà in vigore in settembre fa presumere che, sotto il profilo pratico-operativo, nulla muterà almeno per la corrente stagione sportiva in merito alle attività fino ad oggi svolte dal c.d. registro Coni.
Il fatto, però, che il riconoscimento delle attività sportive dilettantistiche si trasferisca dal Coni al dipartimento sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri produce due conseguenze “teoriche” da subito molto importanti.
La prima che si supera il concetto della autonomia dello sport e dell’ordinamento sportivo come ordinamento separato da quello statale. Il movimento sportivo non sarà più autoreferenziale.
La seconda è che, alla luce anche della nuova definizione di sport che entrerà (finalmente!!) in vigore, purtroppo solo dal 1° gennaio 2023, si presume che sarà superato il limite delle discipline sportive riconosciute dal Consiglio nazionale del Coni quali uniche discipline certificate come dilettantistiche e si possa avere un concetto di sport di più ampio respiro.
Ma quali sono state le maggiori criticità alla disciplina del lavoro sportivo che sono emerse prima dalle audizioni effettuate e poi dai lavori della Commissione tecnica citata?
Sicuramente il non perfetto allineamento tra la riforma del terzo settore e quella dello sport. Si è lavorato, pertanto, per renderle compatibili e “dialoganti”.
In particolare sul concetto che i soggetti volontari siano coloro i quali escludono ogni onerosità della loro prestazione mentre i “remunerati” entrano tutti nel concetto di lavoratori.
A tal fine si è provveduto alla identificazione del lavoratore sportivo ricomprendendo anche figure non tipizzate dal vigente testo del D.Lgs. 36/2021, mentre si è classificato come volontario il soggetto che presta attività gratuita al quale sono riconosciuti solo rimborsi spese a piè di lista.
Ciò ha portato, di conseguenza, alla abolizione delle categorie degli amatori e degli amministrativo-gestionali presenti nel D.Lgs. 36/2021.
Di conseguenza, eliminazione di incertezze con possibilità, indipendentemente dal compenso percepito, di identificare con esattezza l’inquadramento lavoristico di riferimento sia per i dilettanti che per i professionisti.
Non si è trovata una sintonia di intenti sul vincolo sportivo e, pertanto, si è provveduto solo a rinviare il termine per l’abolizione del vincolo lasciando alle Federazioni la responsabilità sul come disciplinarlo.
Altri temi presi in esame dalla commissione possono così sintetizzarsi:
- tutela previdenziale di tutti i lavoratori sportivi che percepiscono più di 5.000 euro, ivi compresi quelli che non rientrano nella casistica del vigente D.Lgs. 36/2021;
- riduzione dei costi sia fiscali che previdenziali rispetto al vigente D.Lgs. 36/2021;
- importante diminuzione degli adempimenti formali rispetto a quelli previsti dal D.Lgs. 36/2021;
- nuova disciplina del rapporto di lavoro sportivo dei pubblici dipendenti;
- inquadramento fiscale dei premi corrisposti dalle FSN/DSA/EPS;
- possibilità di costituire società professionistiche che operino in aree dilettantistiche.