Passaggio a capitale di SFP in presenza di perdite di periodo
di Fabio LanduzziLe Spa hanno la facoltà di emettere “strumenti finanziari” ai sensi dell’art. 2346, ultimo comma, c.c., il quale prescrive che “resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opere, o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti”. Il disposto normativo si presenta assai flessibile ed adattabile alle diverse circostanze che possono manifestarsi nella vita dell’impresa, in quanto la disciplina civilistica è piuttosto limitata sotto il profilo della regolamentazione, e lascia ampi margini di autonomia contrattuale.
La norma prevede, infatti, che sia lo statuto della Spa a dover disciplinare le modalità e le condizioni di emissione, i diritti che tali strumenti finanziari (SFP) conferiscono ai relativi titolari, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni sottese alla loro emissione e, se ammessa, anche la legge di circolazione.
Il requisito che caratterizza gli SFP è la loro cd. “partecipatività”, ovvero il fatto che essi attribuiscono ai titolari dei diritti patrimoniali aventi, comunque, una natura partecipativa. Affinché si abbia natura partecipativa, secondo l’orientamento prevalente in dottrina, è sufficiente che lo strumento preveda per l’assegnatario una partecipazione agli utili della società emittente; mentre sarebbe da escludere la sussistenza del presupposto della “partecipatività” quando il flusso reddituale del titolare fosse già predeterminato in misura fissa e perciò del tutto svincolato dai risultati dell’emittente. L’elemento discriminante degli SFP risiederebbe quindi nella ‘‘partecipazione’’ al rischio di impresa da parte dei sottoscrittori.
Nel caso di emissione di SFP che abbiano una natura simile all’apporto di capitale, al momento della emissione e sottoscrizione viene iscritta una riserva in contropartita nel patrimonio netto.
Nella fattispecie che ha formato oggetto dell’Ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli il 25 febbraio 2016, il sottoscrittore degli SFP aveva il diritto, previsto dallo statuto della società emittente, di convertire tali SFP in azioni ordinarie della stessa società. Tuttavia, la disposizione statutaria prevedeva altresì che nel caso in cui la riserva formata con l’apporto destinato agli SFP fosse stata erosa da perdite al momento dell’esercizio del diritto di conversione in azioni, tale diritto potesse essere esercitato soltanto per il minore importo residuo della stessa riserva, al netto quindi delle perdite ad essa attribuite.
Era quindi sorta una controversia con gli altri soci della società, non sottoscrittori degli SFP, in quanto l’organo amministrativo della società aveva dato atto della automatica conversione in capitale degli SFP sebbene le perdite maturate alla data dell’esercizio del diritto avessero, a giudizio dei soci ricorrenti, eroso per intero la riserva formata in origine con l’apporto di capitale a fronte dell’emissione degli SFP.
I Giudici, nel rifarsi alla previsione dello Statuto societario, hanno osservato che la trasformazione degli SFP in capitale fosse subordinata alla situazione patrimoniale della società alla data dell’esercizio del diritto di conversione.
Ciò premesso, quindi, ed in ragione del fatto che tale situazione patrimoniale mostrava perdite accumulate, si doveva necessariamente applicare il principio per cui le disponibilità della società “devono essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberarne la destinazione ai soci”. Pertanto: il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello della riserva legale, mentre le riserve statutarie e facoltative sono liberamente disponibili; inoltre, devono essere utilizzate per prime le riserve facoltative, poi quelle statutarie, quelle legali ed infine il capitale sociale.
Trattandosi di un precetto inderogabile, il Tribunale di Napoli osserva che è preclusa al socio la possibilità di far gravare le perdite sul netto meno vincolato.
Quindi, attribuendo alla riserva formata con l’emissione degli SFP la natura di riserva statutaria, questa doveva essere erosa dalle perdite di periodo prima di intaccare le riserve legali ed il capitale, con la conseguenza che è stato accolto il ricorso dei soci volto alla sospensione degli effetti della “capitalizzazione” degli SFP, in quanto questa dovrà discendere dall’accertamento della reale residua consistenza della riserva corrispondente, previa attribuzione delle perdite.