Il passaggio generazionale nell’azienda agricola
di Luigi ScappiniIl passaggio generazionale rappresenta uno degli aspetti maggiormente delicati nel percorso di un’azienda, vuoi per la difficoltà nel sostituire meccanismi il più delle volte collaudati, vuoi per la scelta dei soggetti che devono proseguire l’attività.
A questo si deve aggiungere la necessità di trovare giovani disposti a entrate in un mondo che, a parte alcuni settori (leggasi in primis viticoltura), non sempre è generoso di soddisfazioni da un punto di vista economico.
Il Legislatore, conscio di queste problematiche, da sempre ha creato un sistema normativo speciale, avente il preciso compito di incentivare l’inserimento dei giovani under 40 nel settore primario.
In tal senso depone, ad esempio, in tempi recenti:
- l’introduzione di uno sgravio contributivo per i primi 5 anni concesso ai giovani che entrano nel settore;
- la previsione, a regime, di una detrazione Irpef per i canoni di locazione corrisposti (articolo 16, comma 1-1, Tuir);
- il recentissimo contratto di affiancamento introdotto con l’ultima Legge di Bilancio (a dire il vero non senza qualche sbavatura).
Anche del punto di vista successorio sono previste alcune regole che di fatto derogano ai principi generali del cd. partage egale ai sensi del quale tutti i coeredi hanno pari dignità nel succedere nell’asse ereditario.
Ad esempio, la Legge della Provincia di Bolzano 17/2001 prevede regole particolari nella successione dei masi chiusi, intesi questi ultimi come un complesso di beni indivisibili comprensivi sia delle scorte vive e morte, sia dei diritti annessi al maso stesso.
A livello generale, l’articolo 49 L. 203/1982 introduce una deroga alla successione nel caso di morte in riferimento ai fondi rustici che, letto in combinazione con quanto previsto dagli articoli 4 e 5 L. 97/1994, e, soprattutto, con l’articolo 8 D.Lgs. 228/2001, scardina le regole ordinarie della successione mortis causa prevedendo una sorta di diritto in capo a determinati soggetti nella successione di impresa agricola, fermo restando il versamento di quanto dovuto agli altri coeredi.
Ai sensi dell’articolo 49 L. 203/1982 è previsto che in caso di morte del proprietario di fondi rustici dallo stesso o dai suoi familiari condotti o coltivati direttamente, viene a formarsi, a favore di coloro che alla data di apertura della successione esercitano, e l’abbiano fatto anche prima, un’attività agricola, un diritto a proseguire nell’attività.
Tali eredi, tuttavia, devono alternativamente essere coltivatori diretti o Iap iscritti alla previdenza agricola.
Rispettando tali requisiti essi subentrano, anche per le quote di spettanza dei coeredi, nella conduzione del fondo, in forza di un contratto che, per espressa previsione normativa, fa riferimento alle regole della stessa L. 203/1982 e quindi avente durata quindicennale.
Si viene a determinare, in questo modo, una sorta di affitto coattivo ex lege bypassando i diritti dei coeredi, e tale deroga, come affermato dalla Corte Costituzionale, sentenza n. 397/1988 è giustificata in ragione dell’obiettivo di mantenere una integrità e unità dell’azienda, nonché la stessa continuità.
Si precisa come i fruitori di questa deroga devono condurre i terreni in forza non di un contratto di affitto regolarmente stipulato (in questo caso si azionerebbe la previsione di cui all’articolo 49, comma 3, L. 203/1982 ai sensi del quale “I contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente.”.
Ne deriva che la conduzione deve essere di fatto, non abusiva e non regolamentata, ed è per questo che l’articolo 49 L. 203/1982 aziona una sorta di tutela nei confronti di coloro che hanno, in funzione di un rapporto fiduciario, coltivato e valorizzato un fondo.
Ma il rapporto di affitto coattivo quindicennale rappresenta anche una sorta di prova per gli eredi, coltivatori diretti o Iap, in quanto, in ragione di quanto previsto dagli articoli 4 e 5 L. 97/1994 (la cui portata, originariamente circoscritta ai soli comuni montani, per effetto dell’articolo 8, D.Lgs. 228/2001, è stata estesa a tutto il territorio nazionale), prevede la possibilità per i detti soggetti di acquistare il fondo a un prezzo prestabilito secondo le regole di cui all’articolo 4 L. 590/1965.
Per poter fruire di questa “prelazione”, i coltivatori diretti o Iap devono, comunque, rispettare i seguenti requisiti:
- non aver ceduto, nel triennio precedente, terreni per un reddito fondiario superiore a 258,23 euro. In parziale deroga è ammessa la cessione o la permuta per ricomposizione fondiaria;
- l’acquisto non deve comportare il determinarsi di un complesso fondiario di 3 volte superiore alle capacità lavorative della famiglia;
- l’obbligo di coltivare i fondi per almeno 6 anni e
- l’iscrizione alla previdenza agricola.
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14 Maggio 2018 a 0:03
Azienda agricola: patto di famiglia e diritto di prelazione - Euroconference News