Passaggio in corso d’anno dal regime dei minimi al forfettario
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLa persona fisica in regime dei minimi che nel corso del 2019 supera, per oltre il 50%, la soglia di ricavi massimi (pari a 30.000 euro) può transitare direttamente nel regime forfettario e adottare tale regime per tutto il periodo d’imposta.
È quanto emerge dalla lettura della risposta n. 140 pubblicata ieri pomeriggio sul sito dell’Agenzia delle entrate, in relazione ad una richiesta presentata da un contribuente che, nel corso del 2019, prevede di uscire dal regime di vantaggio di cui al D.L. 98/2011 (regime dei minimi) a causa del superamento di oltre il 50% del limite massimo di ricavi previsto pari a 30.000 euro.
Tuttavia, poiché ritiene di non superare la soglia di 65.000 euro chiede di poter adottare, già dal 2019, il regime forfettario (con imposta sostitutiva del 15%) ed in caso di risposta positiva quali siano gli adempimenti da osservare per tale passaggio.
L’Agenzia osserva in primo luogo che il regime forfettario, inizialmente previsto dalla L. 190/2014, e successivamente modificato dalla L. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), ha gradualmente sostituito tutti gli altri regimi di favore per le piccole attività economiche, tra cui anche il regime dei “minimi”, per il quale è stata tuttavia prevista la possibilità di continuare ad applicarlo fino al suo naturale esaurimento (ossia per i cinque periodi d’imposta, ovvero fino al compimento del 35esimo anno di età) trattandosi comunque di un regime a tempo determinato.
In secondo luogo, l’Agenzia delle entrate evidenzia che, pur con finalità differenti (il regime dei minimi è nato per favorire le nuove attività economiche, mentre il regime forfettario intende agevolare le piccole imprese), si tratta di due regimi naturali applicabili dal contribuente, fatta salva l’opzione da parte di quest’ultimo del regime ordinario.
“Ne emerge” (si legge nella risposta), “dunque, una sorta di “continuità/consecutività” che porta ad ammettere il naturale passaggio dell’Istante da un regime all’altro per comportamento concludente laddove vengano meno i requisiti del primo regime ma non anche del secondo”.
Non assume rilievo, secondo l’Agenzia, la circostanza che la disciplina del regime dei minimi preveda la fuoriuscita dal regime stesso in caso di superamento della soglia massima di ricavi, pari a 30.000 euro, per oltre il 50% (quindi oltre 45.000 euro), poiché tale ipotesi di uscita è stata inserita dal legislatore ben prima dell’introduzione del regime forfettario.
L’Agenzia focalizza l’attenzione sulle conseguenze che derivano dal passaggio da un regime all’altro, in quanto, se dal lato Iva non vi sono particolari adempimenti da porre in essere (entrambi i regimi prevedono infatti un’irrilevanza per il tributo indiretto), ai fini delle imposte dirette le regole di determinazione del reddito sono particolarmente differenti.
Si ricorda, infatti, che mentre il regime forfettario non consente la deduzione analitica dei costi in quanto il reddito è determinato applicando ai ricavi o compensi una percentuale di redditività a titolo di deduzione forfettaria dei costi, il regime dei minimi prevede invece la possibilità di deduzione analitica dei costi sostenuti.
Pertanto, trattandosi di due regimi che tra di loro non possono convivere nel medesimo periodo d’imposta, l’Agenzia conclude affermando che il reddito del 2019 deve essere determinato con le regole del regime forfettario, trattandosi del regime di “arrivo” del contribuente per effetto del prodursi della causa di esclusione dal regime dei minimi.
La conclusione dell’Agenzia è senz’altro condivisibile, poiché va nella direzione di consentire al contribuente di mantenersi in un regime agevolato senza penalizzazioni derivanti dalla necessità di transitare ad un regime ordinario per poi rientrare nel regime forfettario nel periodo d’imposta successivo.