Patto di famiglia: la combinazione con altri strumenti ne esalta i benefici fiscali
di Angelo GinexTra gli strumenti di pianificazione patrimoniale utili alle famiglie imprenditoriali, è possibile annoverare, per i numerosi vantaggi che offre, il c.d. patto di famiglia.
Tale istituto ha la precipua finalità di agevolare il passaggio generazionale delle imprese familiari, così come risultante dalla disciplina civilistica di cui agli articoli 768-bis e seguenti, che definiscono il patto di famiglia come quel contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.
In deroga al divieto dei patti successori sancito dall’articolo 458 cod. civ., il patto di famiglia consente quindi di incidere sulla successione del disponente per finalizzare e agevolare il passaggio generazionale dell’impresa e realizzare una sorta di “successione anticipata” in quanto riferibile ad una successione non ancora aperta nell’ambito dell’attività d’impresa.
In definitiva, lo strumento risulta particolarmente interessante poiché si tratta di un contratto inter vivos diretto al trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni societarie, che si perfeziona durante la vita dell’imprenditore ma che tuttavia produce anche effetti mortis causa.
Esso infatti consente di risolvere uno dei tanti problemi che attanaglia l’imprenditore quando si avvicina la fase del passaggio generazionale, e cioè che uno solo dei suoi discendenti è interessato o in grado di portare avanti l’azienda di famiglia.
Sotto il profilo fiscale, il legislatore ha previsto all’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990 l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni dei trasferimenti di aziende o di rami d’azienda, di quote sociali e di azioni effettuati, anche tramite patti di famiglia, a beneficio dei discendenti e del coniuge.
Nel caso di quote sociali e azioni delle società di capitali e degli altri soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), D.P.R. 917/1986, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), cod. civ. (c.d. controllo di diritto). Inoltre è previsto che l’agevolazione fiscale sia riconosciuta a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.
In caso di mancato rispetto della condizione non appena indicata, si ha la decadenza dal beneficio fiscale, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 D.Lgs. 471/1997 (pari al 30 per cento dell’imposta non versata) e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.
Tale strumento risulta ancor più efficace se combinato ad altri strumenti di pianificazione patrimoniale, quali, a mero titolo esemplificativo, il trust o la holding di famiglia.
A mero titolo esemplificativo, si ipotizzi che Tizio, imprenditore veneto, detenga il 75 per cento del capitale sociale dell’azienda di famiglia (Alfa s.a.s.) e che titolare del restante 25 per cento sia il figlio Caio, in qualità di socio accomandante. Tizio avverte saggiamente l’esigenza di conoscere eventuali ipotesi di pianificazione patrimoniale, anche in un’ottica successoria, al fine di garantire unitarietà e continuità nella gestione societaria e salvaguardare gli equilibri familiari.
Nella specie una soluzione consigliabile è certamente quella di apportare la maggioranza del capitale sociale di Alfa s.a.s. (il 98 per cento) in trust e che questo diventi il socio accomandante della ridetta società, in modo da limitarne la responsabilità e proteggere il trust fund; mentre Tizio e Caio, in qualità di soci accomandatari, saranno titolari ciascuno dell’1 per cento del capitale sociale della citata s.a.s., in modo da garantire la pluralità dei soci e la continuità nella governance.
Il trasferimento descritto, anche nella ipotesi in cui si realizzi mediante l’apporto in trust, potrà godere dell’agevolazione fiscale prevista per il patto di famiglia dall’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990, qualora diretto a favorire il passaggio generazionale dell’azienda familiare, sempreché sussistano tutti i requisiti prescritti da tale norma.
Allo stesso modo, anche il trasferimento delle partecipazioni detenute nella holding di famiglia ai propri discendenti potrà godere della esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, ove siano soddisfatte le condizioni previste dal citato articolo 3, comma 4-ter.
In definitiva, quindi, appare evidente come nella “cassetta degli attrezzi” del consulente patrimoniale non possa certamente mancare il patto di famiglia, strumento di pianificazione che presenta indubbi vantaggi (non solo fiscali), anche nell’uso combinato con altri istituti.