Per gli atti di ricognizione del debito è dovuta l’imposta di registro?
di Davide DavidCapita sempre più spesso, data anche la crisi economica, che i creditori (fornitori, finanziatori, ecc.) si facciano rilasciare dai propri debitori degli atti di ricognizione del debito.
A tale riguardo va però posta attenzione al fatto che l’Agenzia delle entrate potrebbe richiedere, per detti atti, l’assolvimento dell’imposta di registro in misura proporzionale, soprattutto laddove enunciati in decreti ingiuntivi, con anche l’applicazione di sanzioni in caso di omessa richiesta della registrazione.
Per meglio delineare la questione si ricorda che la ricognizione (o riconoscimento) di un debito, quale disciplinata dall’articolo 1988 c.c., dispensa dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza si presume fino a prova contraria.
In ambito civilistico, una parte della dottrina e della giurisprudenza fa rientrare la figura della ricognizione del debito tra i negozi giuridici unilaterali e recettizi improduttivi di effetti sostanziali ed aventi esclusivamente una efficacia probatorio-processuale.
Secondo questa prospettazione dalla dichiarazione rilasciata dal debitore non si originano delle obbligazioni, avendo questa solo un effetto confermativo del rapporto sottostante (fonte delle obbligazioni). Pertanto, l’atto di ricognizione del debito non modifica la sfera patrimoniale del debitore che lo sottoscrive (e tanto meno quella del creditore che lo riceve) ma si limita a confermare un’obbligazione già esistente.
Per altri la ricognizione del debito costituisce, invece, una fonte di obbligazioni autonome dal rapporto sottostante.
In ambito fiscale, in particolare per quanto concerne l’imposta di registro, la figura della ricognizione del debito non è normata in modo specifico.
Ciò ha portato ad una molteplicità di interpretazioni, soprattutto in giurisprudenza, sulla misura (fissa o proporzionale) dell’imposta di registro da applicare.
Peraltro, tale dubbio dovrebbe riguardare i soli atti di ricognizione del debito che traggono la loro fonte da operazioni non soggette ad IVA (come può essere, ad esempio, un finanziamento soci da parte di soggetti privati).
Se invece le operazioni sottostanti sono risultate soggette ad IVA, non dovrebbero esserci dubbi sulla applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (in caso di registrazione), per il principio della alternatività tra IVA e imposta di registro (ex art. 40 del TUR).
Tornando al dibattito giurisprudenziale, si segnala che un primo filone, sposando la tesi della improduttività di effetti sostanziali (e della conseguente mancata insorgenza di obbligazioni nuove e autonome), sostiene che l’atto di ricognizione del debito non è soggetto a registrazione in quanto privo di un qualsiasi contenuto patrimoniale (o, tuttalpiù, vi è soggetto, ma con applicazione, a norma dell’art. 11 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86, dell’imposta di registro in misura fissa e non in misura proporzionale).
In questo senso vedasi, tra le più recenti, le sentenze della CTR Roma n. 3686/14 e della Corte di Cassazione n. 24804/14.
Peraltro, la tesi della non applicabilità dell’imposta di registro in misura proporzionale pare trovare conferma anche nel fatto che il R.D. n. 3269/23 (poi sostituito dal d.P.R. n. 131/86) citava espressamente la ricognizione del debito nella Tariffa ad esso allegata, assoggettandola all’imposta di registro proporzionale.
Per contro nella Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/86 non è stata ripresa la suddetta citazione, il che può anche essere interpretato quale intenzione del legislatore di voler escludere la ricognizione del debito da quelle assoggettabili a imposta di registro in misura proporzionale.
Un altro filone fa invece rientrare la ricognizione del debito tra gli atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura da assoggettare ad imposta di registro nella misura dell’1% a norma dell’art. 3 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86.
In questo senso, tra le altre, le sentenze della Corte di Cassazione n. 16829/08 e della CTR Firenze n. 717/2014 (oltre alla nota della DRE della Lombardia n. 114394 del 16.09.2011).
Ancorché in forma minoritaria, vi è anche chi ha sostenuto, sposando la tesi secondo cui la ricognizione del debito ha ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, che al relativo atto va applicata la norma residuale di cui all’art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86, la quale prevede l’assoggettamento ad imposta di registro nella misura del 3% degli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” (cfr. Cassazione n. 24107/14).