Per la Cassazione gli ammortamenti dei beni dell’azienda conferita vanno integralmente imputati alla conferitaria
di Luciano SorgatoPer la Corte di cassazione (ordinanza n. 19649/2024) la deducibilità degli ammortamenti dei beni costituenti l’azienda conferita spetta integralmente alla conferitaria dall’anno del conferimento. Così la Corte di cassazione testualmente: “il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti. Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti si considerano in tal caso possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. La disciplina legislativa, quindi, stabilisce – come sopra evidenziato – la neutralità fiscale dei conferimenti di azienda e la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, per cui la società conferitaria subentra nella medesima posizione della conferente in ordine alle attività e passività formanti il compendio aziendale conferito. In definitiva, il conferitario assume in linea di principio il costo storico delle immobilizzazioni ed il relativo fondo di ammortamento, quale risulta dal bilancio dell’esercizio anteriore al conferimento. Di conseguenza, il conferitario effettua gli ammortamenti per l’intero periodo, secondo il piano del conferente, mentre il conferente non può effettuare gli ammortamenti per il periodo di esercizio anteriore al conferimento, né può dedurli, attesa la portata derogatoria dell’art.176, co. 1 e 4 “.
Il riportato passo della sentenza non appare condivisibile.
La Corte di cassazione, a supporto delle proprie deduzioni, richiama i commi 1 e 4, dell’articolo 176 Tuir, ritenendo che dalle loro prescrizioni (intese di portata derogatoria) possa derivare il subentro della conferitaria nel costo storico delle immobilizzazioni e nel relativo fondo di ammortamento con effetti retroattivo dall’inizio del periodo d’imposta del conferimento. Alla conferitaria, pertanto, spetterebbe l’integrale diritto di deduzione fiscale delle quote di ammortamento da uniformare al piano del conferente.
Si ritiene utile riportare i passi testuali delle norme richiamate dalla Cassazione:
- ….il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda conferita….
- le aziende acquisite in dipendenza di conferimento si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente….
Lo scopo del comma 1, dell’articolo 176, Tuir, è solo quello di definire il subentro su base analitica e non per masse dei beni costituenti l’azienda conferita, allo scopo di tutelare le ragioni del Fisco, con l’invarianza dei singoli valori fiscalmente riconosciuti in ordine alla composizione patrimoniale dell’azienda medesima, senza la previsione di effetti retroattivi di sorta. Il subentro, già sul piano del suo scrutinio letterale, comporta solo un effetto di sostituzione temporalmente raccordato alla data dell’operazione di conferimento, senza che da esso possa derivare effetti retroattivi di sorta.
Relativamente, poi, al comma 4, dell’articolo 176, Tuir, si sottolinea come il regime fiscale dell’operazione di conferimento venga rappresentato in ordine a ben individuate fattispecie di subentro della conferitaria nei diritti fiscali del soggetto conferente, del tutto estranee al paradigma di subentro retroattivo al 1° gennaio dell’anno di conferimento in ordine al processo di ammortamento dei singoli asset del conferente.
Il riportato passo del comma 4, dell’articolo 176, Tuir, poi, e la prosecuzione in esso prevista del periodo di anzianità di possesso dell’azienda conferita, persegue il solo scopo di consentire alla conferitaria il subentro nei diritti fiscali insiti nella universitas come modello organizzato d’impresa. La prosecuzione ininterrotta del possesso dell’azienda rileva ai soli fini del comma 2 e comma 4 dell’articolo 86 Tuir, dal momento che dalla ricongiunzione delle due norme deriva che riassume la prerogativa della “plusvalenza realizzata”, rateizzabile, quindi, per quote costanti secondo la tempistica prevista al comma 4 (sino a cinque periodi d’imposta), anche la cessione in modo unitario e a titolo oneroso delle aziende, compreso l’avviamento, complessivamente possedute per un periodo non inferiore a tre anni.
Con l’unione dei commi 1 e 4 darticolo 176, Tuir, il legislatore, a fronte della mancata insorgenza di ogni sorta di rilievi impositivi, persegue solo la piena perpetuità di ogni dinamica fiscale pendente ed, indicativo in tal senso, è proprio l’inciso legislativo che raccorda fiscalmente all’azienda conferita i medesimi valori già detenuti dai singoli elementi dell’attivo e del passivo che la formano. Lo specifico abbinamento letterale di “azienda” e di “valori” e cioè di una universitas rerum costituente giuridicamente un unicum con l’espressione linguistica al plurale “valori”, è solo sintomatica dell’intento legislativo di imporre l’immobilismo valutativo di ogni singolo costo fiscalmente riconosciuto al momento del conferimento, senza però che in tale travaso di valori fiscalmente maturati possa rendersi intravedibile un qualsiasi effetto retroattivo di conseguenze fiscali.
Se, peraltro, il rateo di ammortamento di competenza del conferente venisse dedotto dalla conferitaria, si avrebbe uno sfalsamento del reddito d’impresa sia del primo che della seconda (il primo per eccesso, il secondo per difetto) con uno spostamento di capacità contributiva costituzionalmente censurabile dalla conferitaria al conferente, in totale antitesi proprio al regime della piena neutralità fiscale perseguito dal legislatore con l’articolo 176, Tuir. Il processo produttivo ed i ricavi corrispondenti – al cui conseguimento ha concorso anche il ruolo sinergico dei cespiti dell’azienda conferita e che rimangono imputati secondo il principio della competenza al conferente – se tassati al lordo del rateo degli ammortamenti (in quanto da travasare (secondo l’opinione della Cassazione) alla conferitaria), esprimerebbero una grandezza economica non coincidente con il paradigma fiscale del reddito d’impresa ed una tale manifesta alterazione nei confronti del conferente non potrebbe mai ritenersi conciliativa con la neutralità dell’operazione.
Il subentro retroattivo richiede una precisa indicazione di legge, in quanto nel suo significato semantico di mero rapporto di sostituzione, esso non riesce a raccordarsi temporalmente in maniera diversa dalla data di perfezionamento civilistico del conferimento. La Cassazione, in conclusione, incorre in un duplice travisamento di principi:
- ritiene di poter supportare la tesi con il comma 4, dell’articolo 176, Tuir, che, invece, come già sopra precisato, attiene solo alla prosecuzione dell’anzianità di possesso dell’azienda come universitas, in vista di una sua possibile cessione plusvalente.
- assume la continuità del piano degli ammortamenti, secondo le prerogative dei processi produttivi del conferente, ignorando che l’operazione di conferimento sul piano civilistico può interagire tra soggetti con progetti imprenditoriali diversi e con dinamiche d’uso dei beni strumentali del tutto diverse da quelle fiscalmente omogenee con i piani di ammortamento del conferente.
L’azienda come universitas presta ausilio, secondo la predestinazione che concorre a connotarla civilisticamente, all’esercizio di un’impresa (articolo 2555 cod. civ.), la quale non è però detto mantenga inalterate le sue dinamiche d’impiego con l’attività di mercato della conferitaria. In caso di diverso raccordo imprenditoriale, i piani di ammortamento dei cespiti dell’azienda conferita non si renderanno affatto perpetuabili senza modifiche, ma dovranno venire aggiornati alle diverse percentuali tabellari di cui al D.M. 31.12.1988 ed, altresì, al diverso orizzonte temporale di residua vita utile sul piano della legalità redazionale del bilancio.
In conclusione, quindi, l’ermeneutica della Cassazione non appare condivisibile e l’auspicio è quello di un suo tempestivo ripensamento.