29 Febbraio 2016

Per la giurisprudenza l’avviso bonario è impugnabile

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Gli
avvisi bonari, nelle forme che si manifestano più usualmente, si distinguono in comunicazioni emesse a seguito di
controllo automatico ai sensi dell’articolo 36 bis del DPR 600/1973 ovvero dell’articolo 54 bis del DPR n. 633/1972 e comunicazioni emesse a seguito di
controllo formale ai sensi dell’articolo 36 ter del D.P.R. 600/73. L’Agenzia delle entrate ha provveduto a fornire le informazioni necessarie nel caso il contribuente non riconosca la validità della comunicazione e nel sito indica espressamente quanto di seguito riportato: “
le comunicazioni al contribuente non contenendo una pretesa tributaria definita, non costituiscono atti impugnabili. Esse, infatti, non sono altro che un mero invito al contribuente a fornire, in via preventiva, elementi chiarificatori delle anomalie riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazione e non sono, dunque, espressione di un potere autoritativo, in quanto non contengono una pretesa impositiva definitiva e non producono effetti negativi immediati per il destinatario”. Peraltro, la concezione, che tali tipologie di comunicazioni non siano degli atti immediatamente impugnabili, trova riscontro nella Risoluzione 110/E/2010, in quanto viene specificato che
le stesse manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice). Il fatto che tali fattispecie non siano ricomprese all’interno dell’
articolo 19 del D.Lgs. 546 del 1992 avvalora, secondo il documento di prassi, la
natura non definitiva di dette comunicazioni ovverosia il concetto che le stesse non possano essere considerate espressione di un potere pubblicistico autoritativo. L’Amministrazione finanziaria precisa quindi che nella
gestione dei ricorsi proposti avverso i c.d. “avvisi bonari” gli uffici avranno cura di sollevare l’eccezione pregiudiziale di
inammissibilità.
Nonostante ciò la
giurisprudenza, nella sentenza della Cass. 2616 del 2015, non conferma quanto previsto dall’Agenzia delle entrate in quanto dispone che
sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una
pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una
formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto,
non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento”. La pronuncia altresì ne ammette
l’impugnabilità poiché afferma: “
l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita (nella specie, atto recante intimazione di pagamento) è una facoltà e non un onere, costituendo un’estensione della tutela, sicché la sua omissione non determina la cristallizzazione della pretesa tributaria, né preclude la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19”.
Si desume dunque che queste comunicazioni:
  • sono degli atti che, sebbene non siano espressamente indicati nell’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992, si configurano in una pretesa tributaria ormai definita, in quanto comunicano un’intimazione di pagamento;
  • sono facoltativamente e non obbligatoriamente impugnabili.
Per la giurisprudenza tra il novero degli atti che si possono impugnare, in deroga all’elencazione tassativa contenuta nel D.Lgs. 546/1992, si ricomprendono tutti gli
atti adottati dall’ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche. Tale considerazione, contenuta nell’
ordinanza 15957 del 2015, è stata esplicitata in forza di un rinvio ai
principi costituzionali di buon andamento della pubblica Amministrazione (art. 97 della Costituzione) e di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 della Costituzione). Per tali ragioni, nella medesima pronuncia, si
conferma per l’avviso bonario ha natura di atto immediatamente impugnabile, in quanto si dispone che anche l’avviso bonario di cui al quarto comma dell’art. 36-ter del D.P.R. 600/1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, così come accade anche per la comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973, è atto immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario.
 
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