Per l’ex coniuge può (anche) essere una “questione” di oneri
di Leonardo PietrobonSecondo quanto stabilito dalla lett. c) del comma 1 dell’articolo 10 D.P.R. n.917/86, sono deducibili dal reddito del contribuente esclusivamente i versamenti periodici effettuati al coniuge, anche se residente all’estero, a seguito di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio, o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura indicata nel provvedimento dell’autorità giudiziaria. Sotto l’aspetto “procedurale”, in base all’applicazione letterale della citata norma, la separazione di “fatto” non costituisce presupposto per la fruizione della deduzione.
Ai fini del riconoscimento della deduzione i contribuenti devono indicare, nel punto 1 del rigo E 22 del modello 730, il codice fiscale del soggetto beneficiario, inoltre, come indicato dall’Agenzia delle entrate con la C.M. 50/E/2002:
- non devono essere considerate le somme corrisposte in unica soluzione al coniuge separato o divorziato;
- non possono essere considerati oneri deducibili le somme corrisposte dal coniuge a titolo di quota di mutuo versata in sostituzione dell’assegno di mantenimento, nel caso in cui l’altro coniuge abbia comunque rinunciato all’assegno di mantenimento.
Su tale ultima ipotesi appare doveroso segnalare la posizione opposta espressa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6794/2015 del 2.4.2015, secondo cui, invece, sono deducibili le somme corrisposte al coniuge separato mediante estinzione di rate del mutuo intestato a quest’ultimo, di importo non superiore all’ammontare dell’assegno di mantenimento determinato dal provvedimento giudiziale adottato nel procedimento di separazione personale tra i coniugi. A parere della Cassazione, tale modalità di assolvimento dell’obbligo è infatti “legittimamente fungibile” rispetto all’ordinaria modalità di corresponsione diretta dell’assegno periodico al coniuge separato, consistendo nell’accollo dell’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento della rata del mutuo gravante sul coniuge beneficiario dell’assegno, che in tal modo ne resta sollevato. La Cassazione, infatti, osserva come il pagamento diretto dell’assegno al coniuge separato, ovvero l’accollo di un debito dello stesso, siano due modalità che “non differiscono in alcun modo, pervenendo entrambe al medesimo risultato e costituendo fonte di adempimento entrambe satisfattive dell’obbligo giudizialmente imposto”.
Con riferimento all’ammontare dell’assegno di mantenimento e, quindi, all’importo deducibile, particolare attenzione deve essere posta al “destinatario” di tale somma. Infatti, ancora una volta l’Agenzia delle Entrate con la C.M. 95/E/2000 ha stabilito che se la somma indicata nel provvedimento del giudice è comprensiva anche della quota relativa al mantenimento dei figli, salva diversa indicazione, si considera destinata al mantenimento di questi ultimi il 50% della somma, indipendentemente dal numero dei figli. Si precisa infatti che la somma corrisposta al coniuge è ammessa in deduzione solo nella misura determinata dal provvedimento dell’autorità giudiziaria. Pertanto, le maggiori somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat potranno essere dedotte solo nel caso in cui la sentenza del giudice preveda espressamente un criterio di adeguamento automatico dell’assegno dovuto al coniuge medesimo. Resta esclusa, quindi, la possibilità di dedurre assegni corrisposti volontariamente dal coniuge al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del Tribunale di meccanismi di adeguamento dell’assegno di mantenimento (sul punto si veda la R.M. n. 448/E/2008).
Un’ulteriore e importante precisazione in materia è stata fornita dall’Agenzia con la R.M. n. 153/E/2009, secondo cui non è deducibile l’assegno versato al coniuge che per sentenza viene erogato mensilmente per un periodo di tempo definito. In tal caso la rateizzazione del pagamento costituisce solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti, il quale mantiene comunque la caratteristica di dare risoluzione definitiva ad ogni rapporto tra i coniugi e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo.
Ulteriore chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate con la R.M. 157/E/2009, con la quale è stato precisato che anche l’assegno alimentare erogato con il meccanismo della compensazione è deducibile dal reddito complessivo. In particolare, nel caso specifico, il Tribunale ha riconosciuto al marito, che eroga un assegno alimentare, il diritto alla restituzione di una somma pari a quanto percepito dall’ex coniuge in eccedenza rispetto al dovuto a titolo di TFR, attraverso ordinanza all’Inps di non effettuare la trattenuta sulla pensione dell’importo dell’assegno alimentare fino ad esaurimento del credito accertato.
Nella sostanza e sotto il profilo dei controlli rivolti all’eventuale apposizione del visto di conformità, Caf e professionisti abilitati, alla luce di quanto sopra esposto, devono controllare quanto segue:
- la somma riportata nella sentenza di separazione o divorzio e destinata al coniuge e, se previsto, la rivalutazione di tale importo;
- che gli importi riportati sui bonifici o sulle ricevute rilasciate dal soggetto che ha percepito la somma siano congruenti con quelli riportati sulla sentenza e che siano riferibili a versamenti periodici.