Perdita della continuità e scioglimento anticipato della società
di Fabio LanduzziSe la perdita della continuità aziendale da parte di una società possa rappresentare, di per sé, una causa di scioglimento anticipato della società, è una questione abbastanza dibattuta in dottrina.
Il tema è stato anche oggetto di un approfondimento interessante compiuto da Assonime (Il Caso n. 15/2017) dove sono state esposte le diverse tesi avanzate in dottrina ed anche le posizioni assunte dalla giurisprudenza.
Un determinato filone dottrinale, che potremmo forse qualificare come più “severo”, vede nel sopravvenuto venir meno della continuità aziendale – che, si rammenta, è da intendersi come la capacità della società di continuare ad operare come entità in funzionamento per un orizzonte temporale di almeno 12 mesi dalla chiusura dell’esercizio precedente – una causa di scioglimento anticipato della società, in quanto si realizzerebbe la condizione della sopraggiunta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (si tratta quindi della causa di scioglimento rubricata al n. 2 dell’articolo 2484 cod. civ.).
Questo in quanto, con la perdita della continuità aziendale, contestualizzata in modo particolare nell’ambito di un fenomeno di crisi di impresa, si configurerebbe l’impossibilità economica di attuare, in concreto, l’oggetto sociale.
Si tratterebbe, come sottolinea Assonime nel documento sopra citato, di una lettura per così dire estensiva della fattispecie della sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, tale da abbracciare anche l’ipotesi della impossibilità di natura economica.
Tuttavia, una risposta di questo tipo non sembra essere del tutto soddisfacente; ad esempio, potrebbe essere osservato che addirittura il fallimento – che è la situazione di crisi d’impresa e finanziaria più grave in cui una società possa trovarsi – non è incluso di per sé fra le cause di scioglimento della società.
Ecco allora che si ritiene preferibile accedere alla soluzione che anche la giurisprudenza prevalente risulta avere abbracciato: affinché si realizzi una causa di scioglimento della società per via della sopraggiunta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, tale impossibilità deve essere oggettiva, assoluta ed irreversibile.
Inoltre, l’impossibilità sopravvenuta di conseguimento dell’oggetto sociale deve essere preliminarmente soggetta alla consultazione dei soci e, solo nel caso in cui non emergessero elementi tali da rimuovere le condizioni che hanno determinato la perdita della continuità aziendale (ad esempio: la ricapitalizzazione della società, l’immissione di nuove risorse finanziarie, ecc.), gli amministratori sarebbero tenuti a provvedere alla iscrizione al registro delle imprese della causa di scioglimento anticipato della società.
E’ quindi possibile concludere, come propende anche Assonime, con l’escludere che una crisi reversibile – che pure può ben essere indicatore di incertezze significative circa la sussistenza del postulato della continuità aziendale – possa rappresentare una causa di scioglimento anticipato della società; anzi, proprio la sua potenziale reversibilità renderà necessario valutare piani e strategie approntate dagli amministratori, senza perciò costituire un’immediata causa di scioglimento della società per gli effetti di cui agli articoli 2484 e ss. cod. civ..
Naturalmente diversa conclusione dovrà essere raggiunta avuto riguardo al caso in cui la perdita della continuità aziendale derivi dalla riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, una volta esperite in modo infruttuoso le procedure prescritte dagli articoli 2447 e 2482-ter cod. civ..
Al di fuori di questo caso, la mancanza della continuità aziendale diviene perciò causa di scioglimento anticipato della società quando è impossibile l’attuazione dell’oggetto sociale a causa del deterioramento finanziario della stessa non rimuovibile attraverso i rimedi consentiti.
Si tratta quindi di situazioni di crisi assoluta in cui non sussistono piani e azioni ragionevoli ed appropriati per il superamento della crisi.