17 Febbraio 2017

Perdita durevole di valore: approccio semplificato

di Federica Furlani
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La disciplina della perdita durevole di valore di un’immobilizzazione trae origine dall’articolo 2426, comma 1, n. 3, del cod. civ., il quale, dopo aver definito ai nn. 1 e 2 i criteri di rilevazione inziale e la procedura di ammortamento, stabilisce che “l’immobilizzazione che, alla data di chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i nn. 1 e 2 deve essere iscritta a tale minore valore. Il minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica; questa disposizione non si applica a rettifiche di valore relative all’avviamento”.

L’iter per la verifica e determinazione della svalutazione delle immobilizzazioni parte dalla valutazione che la società deve fare ad ogni data di riferimento del bilancio circa l’esistenza di uno o più indicatori che possono far supporre che un’immobilizzazione possa aver subito una riduzione di valore, per poi procedere a stimare il relativo valore recuperabile da confrontare con il valore netto contabile, per determinare l’eventuale perdita di valore da rilevare in bilancio.

L’OIC 9, che ha lo scopo di disciplinare il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa per le perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, ha modulato, già nella versione 2014, il modello previsto per la determinazione della perdita durevole di valore sulla base delle dimensioni della società, così da consentire ai soggetti di piccole dimensioni di evitare il sostenimento di oneri sproporzionati rispetto ai benefici che deriverebbero dall’adozione di tecniche complesse, come quella dei flussi di cassa.

Per questo motivo è consentito alle società di minori dimensioni di utilizzare l’approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento, intendendosi (fino al 2016) per società di minori dimensioni, quelle che per due esercizi consecutivi non abbiano superato nel proprio bilancio d’esercizio due dei tre seguenti limiti:

  • numero medio dei dipendenti durante l’esercizio superiore a 250;
  • totale attivo di bilancio superiore a 20 milioni di euro;
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro.

L’OIC 9 pubblicato in data 22 dicembre 2016 ha rivisto al ribasso i limiti previsti per poter accedere all’approccio semplificato di determinazione della perdita durevole di valore delle immobilizzazioni, riducendo pertanto la platea di soggetti. I nuovi limiti, che non devono essere superati per due esercizi consecutivi, sono i seguenti:

  • numero medio dei dipendenti durante l’esercizio superiore a 50,
  • totale attivo di bilancio superiore a 4,4 milioni di euro,
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 8,8 milioni di euro.

L’OIC ha ritenuto infatti più coerente e adeguato che l’approccio semplificato sia rivolto solo alle società per le quali sono previste anche normativamente delle semplificazioni e, quindi, solo alle società che redigono il bilancio abbreviato, di cui all’articolo 2435-bis cod. civ., e alle micro-imprese, di cui all’articolo 2435-ter cod. civ..

L’OIC 32 nell’ambito delle “Motivazioni alla base delle decisioni assunte” ha chiarito cheÈ presumibile infatti che nelle società di minori dimensioni l’approccio semplificato, che basa la verifica della recuperabilità delle immobilizzazioni sui flussi di reddito prodotti dall’intera società, fornisca risultati simili all’approccio base. La limitazione all’applicazione dell’approccio semplificato alle sole piccole e micro-imprese realizza quindi in maniera più puntuale e precisa tale presunzione”.

Tale novità si applica ai bilanci chiusi a partire dal 31 dicembre 2017, in modo da consentire alle medie imprese di dotarsi degli strumenti necessari all’applicazione della regola ordinaria di determinazione della perdita durevole di valore.

La capacità di ammortamento su cui si basa l’approccio semplificato è determinata sottraendo al risultato economico d’esercizio, non comprensivo delle relative imposte, gli ammortamenti delle immobilizzazioni senza effettuare alcuna attualizzazione: in pratica si identifica con il margine economico che la gestione mette a disposizione per la copertura degli ammortamenti.

Il test di verifica delle recuperabilità delle immobilizzazioni si intende superato quando la prospettazione degli esiti della gestione futura indica che, in linea tendenziale, la capacità di ammortamento complessiva (relativa all’orizzonte temporale preso a riferimento, generalmente mai superiore a 5 anni) è sufficiente a garantire la copertura degli ammortamenti.

Il fatto che nel periodo preso a riferimento alcuni esercizi chiudano in perdita non implica un obbligo a svalutare, a condizione che altri esercizi dimostrino la capacità di produrre utili che compensino tali perdite.

Ai fini della verifica della recuperabilità delle immobilizzazioni, si confronta il valore recuperabile determinato sulla base della capacità di ammortamento con il loro valore netto contabile iscritto in bilancio e l’eventuale minor valore che ne deriva è imputato prioritariamente all’avviamento, se iscritto in bilancio, e poi alle altre immobilizzazioni, in proporzione al loro valore netto contabile.

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La redazione del bilancio 2016