4 Maggio 2022

Perdite e tempestività dell’intervento di ripianamento dei soci

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

La Cassazione, nella ordinanza n. 2984 del 01.02.2022, affronta un tema di comune interesse: la combinazione fra il dovere degli amministratori di convocare i soci “senza indugio al verificarsi delle condizioni di cui agli articoli 2482-bis o 2482-ter, cod. civ. (con riferimento alle Srl), ed il termine di tempo – e in particolare, se esiste un termine di tempo – entro cui i soci devono (o possono) intervenire con il ripianamento delle perdite, sì da rimuovere – nel caso del verificarsi della condizione di cui all’articolo 2364, co. 1, n. 4), c.c. – la causa di scioglimento della società per via di perdite che ne riducono il capitale sociale al di sotto del minimo legale.

Il caso affrontato dalla Suprema Corte riguardava l’impugnazione del verbale dell’assemblea di una Srl che era stata convocata per l’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2482-bis e 2482-ter, cod. civ..

La delibera assunta dai soci aveva disposto, nello specifico:

  1. di approvare la situazione patrimoniale infrannuale predisposta dagli amministratori;
  2. di ripianare parzialmente le perdite mediante l’utilizzo delle riserve iscritte nel patrimonio;
  3. di azzerare, per la residua parte di perdite, il capitale sociale;
  4. di ricostruire a pagamento il capitale, in forma inscindibile, da offrirsi in sottoscrizione ai soci in proporzione alla quota da ciascuno di essi posseduta;
  5. di porre ai soci il termine di 30 giorni per l’esercizio del diritto di sottoscrizione;
  6. di stabilire che la parte dell’aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci fosse proposto in sottoscrizione agli altri soci nel termine di ulteriori 30 giorni;
  7. di ridurre il capitale sociale per il ripianamento delle residue perdite.

La convocazione dell’assemblea per l’assunzione di queste decisioni era tuttavia intervenuta, da parte dell’amministratore, con ampio ritardo rispetto al momento in cui le perdite si erano manifestate con la conseguenza che la società si era trovata nella condizione del suo scioglimento per via del verificarsi della situazione di cui al n. 4) dell’articolo 2364, cod. civ..

A giudizio dei soci che avevano quindi promosso l’impugnativa, la delibera sopra elencata che implicava il ripianamento delle perdite non avrebbe più potuto adottarsi poiché, secondo i ricorrenti, l’organo amministrativo della società non aveva adottato, in tempi brevi, e comunque entro l’esercizio di riferimento, i provvedimenti che la norma impone, ovvero la convocazione “senza indugio” dell’assemblea dei soci, con la conseguenza che lo scioglimento della società stessa sarebbe stato a quel punto insanabile.

Per quanto concerne l’operatività della causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, co. 1, n. 4), cod. civ., evidenzia la Cassazione, si rinvengono in dottrina due tesi: la prima, che configura i provvedimenti prescritti dalla norma come una condizione risolutiva dello scioglimento immediatamente verificatosi al momento della riduzione del capitale al di sotto del minimo legale; la seconda, che la condiziona invece sospensivamente alle deliberazioni dell’assemblea, convocata appunto per assumere decisioni ex articolo 2482-ter cod. civ..

Secondo la prima tesi, la società è quindi sciolta ed inizia la sua fase liquidatoria a partire dal momento in cui si verifica la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, fatta salva la possibilità dell’assemblea convocata dall’organo amministrativo di ripianare la perdita e di rimuovere, così, la causa di scioglimento.

Secondo la seconda tesi, invece, alla causa di scioglimento va attribuita una natura di fattispecie complessa, integrata sì dalla perdita “rilevante”, ma anche dalla successiva mancata adozione da parte dell’assemblea della delibera di ricostituzione del capitale oppure di trasformazione della società.

Ebbene, la giurisprudenza di legittimità si è consolidata sulla prima tesi, così che nell’ipotesi di perdita del capitale e di sua riduzione al di sotto del minimo legale, lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita, come detto, dalla reintegrazione del capitale o della trasformazione della società.

A questo punto, subentra il tema del termine entro cui l’intervento dell’assemblea è esperibile.

Ovvero, ci si chiede se l’assemblea possa provvedere in qualsiasi momento alla reintegrazione del capitale eroso dalle perdite, oppure se una simile delibera sia legittima solo se assunta nell’immediatezza temporale della rilevazione delle perdite “rilevanti”.

Nella ordinanza in commento, la Cassazione ritiene che la norma di cui all’articolo 2482-ter cod. civ., che impone all’amministratore di convocare “senza indugio” l’assemblea, spieghi efficacia solo nei riguardi della posizione dell’organo amministrativo della società mentre non imponga ai soci un termine temporale massimo entro cui poter intervenire rimuovendo la causa di scioglimento attraverso la reintegrazione del capitale.

Si nota, infatti, come nell’ordinamento non esista un termine oltre il quale è precluso all’assemblea di deliberare ai sensi dell’articolo 2482-ter cod. civ.; la locuzione “senza indugio” vale perciò solo a connotare in termini di urgenza il dovere di informazione gravante sull’organo amministrativo ed assume quindi rilievo in tema di responsabilità dello stesso verso la società ed i terzi.

Non sussiste invece un termine decadenziale oltre il quale all’assemblea venga precluso di deliberare, ai sensi dell’articolo 2482-ter cod. civ., il ripianamento delle perdite.