Il perimetro di applicazione della Legge 398/1991
di Guido MartinelliLa circolare 18/E/2018 della Agenzia delle entrate, in risposta ad un preciso quesito formulato nell’ambito dei lavori del tavolo tecnico attivato con il Coni, richiamando il contenuto del primo comma dell’articolo 1 D.P.R. 544/1999 (“Alle associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 25, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, alle associazioni senza scopo di lucro ed alle associazioni pro-loco, che optano per l’applicazione delle disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, si applicano, per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, connesse agli scopi istituzionali, le disposizioni di cui all’articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”) ha precisato che il regime agevolativo di cui alla L. 398/1991 può trovare applicazione solo limitatamente ai proventi di natura commerciale connessi alle finalità istituzionali.
In sostanza se il contribuente interessato: “svolge un’attività commerciale autonoma e distinta da quella istituzionale, la stessa non può usufruire, per detta attività, del regime agevolato in argomento”.
In via preliminare occorre mettere in chiaro che tale pronunciamento, oltre che per le sportive, trova applicazione per tutti gli altri enti senza scopo di lucro che continuano oggi ad applicare la L. 398/1991 (si ricorda che tale opportunità, per gli enti senza scopo di lucro di natura non sportiva, cesserà con il periodo di imposta successivo all’entrata in vigore del Registro Unico Nazionale del Terzo settore).
La presa di posizione della amministrazione finanziaria appare, però, irta di difficoltà interpretative.
Il primo aspetto è legato alla determinazione del plafond per poter optare per il regime forfettario.
Come è noto, la norma prevede che la norma in esame è applicabile dalle: “associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a lire 100 milioni (oggi 400.000 euro)”
Il problema che si pone, a questo punto, è se nell’importo indicato debbano ritenersi compresi o meno anche i proventi commerciali “non connessi”.
Il tenore letterale del citato articolo 1 L. 398/1991 indurrebbe a pensare che nel volume d’affari di riferimento siano compresi anche i proventi commerciali “non connessi”. Ma, se così fosse, al danno si unirebbe anche la beffa. Ossia non solo non si potrà applicare il forfait ma questo andrebbe ad incidere anche sull’attività commerciale connessa al fine di consentire l’esercizio della opzione.
Il problema ha anche una conseguenza sotto il profilo contabile. Ossia i ricavi connessi e non connessi si dovranno sommare al fine di determinare la possibilità o meno per l’ente senza scopo di lucro di operare in contabilità semplificata per la parte di attività commerciale non connessa?
Entrambi gli aspetti richiederanno, si auspica a stretto giro, una ulteriore presa di posizione in un senso o nell’altro da parte della Agenzia delle entrate.
La circolare AdE 18/E/2018 entra anche nel merito, con una casistica condivisibile, su quali possano essere i proventi commerciali “connessi” alle attività istituzionali di una associazione o società sportiva e, come tali, riconducibili all’interno del campo di applicazione della L. 398/1991.
Vi rientrano secondo l’amministrazione finanziaria “i proventi derivanti dalla somministrazione di alimenti o bevande effettuata nel contesto dello svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica, dalla vendita di materiali sportivi, di gadget pubblicitari, dalle sponsorizzazioni, dalle cene sociali, dalle lotterie …. servizi di utilizzo dei campi da gioco, degli spogliatoi, degli armadietti … purché tali prestazioni siano strettamente finalizzate alla pratica sportiva”.
Viene poi precisato che vi rientrano anche i proventi legati allo svolgimento di attività di formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica. Questo potrà significare che sono da potersi ritenere connessi anche i proventi derivanti dalla vendita di biglietti per accedere ad un incontro sportivo o i corrispettivi riscossi per le iscrizioni a scuole di avviamento allo sport.
Vengono, invece, espressamente indicati come “non connessi” e pertanto non rientranti nel perimetro di applicazione della L. 398/1991 “ le prestazioni relative .. al bagno turco e all’idromassaggio, …i corsi per attività sportive che non rientrano nell’ambito delle discipline sportive riconosciute dal Coni … le attività svolte dai ristoranti che … presuppongano l’adozione di forme organizzative tali da creare una concorrenza con gli altri operatori del mercato, … la vendita di beni o la prestazione di servizi per le quali l’ente si avvalga di strumenti pubblicitari o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati, ovvero utilizzi altri strumenti propri degli operatori di mercato come ad esempio, insegne, marchi distintivi, o locali attrezzati secondo gli standard concorrenziali di mercato, al fine di acquisire una clientela estranea all’ambito associativo.”
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5 Novembre 2018 a 10:02
Vorrei riferirmi al caso specifico dell’affitto dei campi da gioco per un tennis club. A mio modesto avviso la circolare 18 non semplifica: mentre dal lato delle imposte dirette il provento rientra nell’art. 148 comma 3 (quindi “attività in diretta attuazione degli scopi istituzionali”), ai fini dell’IVA (stando all’interpretazione dell’articolo) lo stesso provento sarebbe attività connessa agli scopi istituzionali e, quindi, soggetta ad IVA. Non credo sia sostenibile che la stessa attività possa essere considerata commerciale in un caso e istituzionale nell’altro. Inoltre l’articolo 4 comma 4 del DPR 633/72 ne esclude la natura commerciale, poiché mi sembra lapalissiano il fatto che l’affitto dei campi da tennis per un tennis club sia un’attività istituzionale.
6 Novembre 2018 a 9:32
Credo di poter condividere che l’affitto di un campo da tennis a propri associati o a tesserati F.I.T. da parte di circolo tennis affiliato FIT e che abbia regolarmente trasmesso il modello EAS e abbia lo statuto conforme ai principi di cui al comma 8 dell’art. 148 Tuir sia attività istituzionale