La risposta alla prima domanda è che, come abbiamo visto, la norma non impone valori puntuali vincolanti, bensì solo limiti e intervalli di valore. Fatta questa precisazione, allora, si apre il secondo interrogativo ossia la necessità di individuare idonei criteri con cui la società conferitaria potrà procedere alla iscrizione nel proprio bilancio d’esercizio del compendio aziendale conferitole.
A questo proposito, un primo criterio è certamente quello di fare riferimento al valore dell’azienda così come riportato nell’atto costitutivo della società, o nella delibera di aumento del capitale sociale. Si tratta di quel valore che le parti (conferente e soci della conferitaria) avranno concordato su base negoziale allo scopo di stabilire i rispettivi concambi. Un valore che è perciò rappresentato dal capitale sociale e dall’eventuale sovrapprezzo, salvo ovviamente eventuali revisioni al ribasso che fossero effettuate in seguito nelle società per azioni da parte degli amministratori ex articolo 2343, comma 3, cod. civ..
Un secondo criterio proposto dalla dottrina, e che si vede abbastanza diffusamente nella prassi, è quello di assumere il valore di perizia, ossia il valore puntuale (se esplicitato) determinato dal perito ex articolo 2343 cod. civ.,anche in questo caso salvo revisioni al ribasso effettuate dagli amministratori nelle società per azioni.
Normalmente, questo metodo ha l’effetto di portare ad una rivalutazione del compendio aziendale apportato che consente di fare emergere l’effettivo valore dei beni apportati, eliminando riserve occulte.
Un terzo criterio viene poi indicato nei casi in cui l’operazione di conferimento non avviene in un’ottica traslativa, ovvero con un fine di realizzo dell’azienda oggetto di apporto, bensì nell’ottica di un “conferimento-trasformazione”. In questi casi, sarebbe preferibile utilizzare in luogo dei valori di perizia i semplici “valori contabili” iscritti nella società conferente, senza quindi fare emergere alcuna plusvalenza latente; ciò in quanto l’operazione non si sostanzierebbe in un vero e proprio atto di scambio con economie esterne, bensì in una mera operazione di riassetto organizzativo.
Ricordiamo che Assonime, nel suo documento della rubrica Casi, n. 4/2014, ha espresso la preferenza per il primo criterio, ovvero per quello orientato ad esplicitare nel bilancio della conferitaria il valore economico del compendio aziendale apportato nella stessa misura in cui lo stesso è stato determinato su base negoziale da parte dei soci. D’altronde, il criterio ispirato al valore di perizia, qualora tale valore fosse maggiore di quello convenuto fra le parti, realizzerebbe una vera e propria rivalutazione economica del compendio aziendale senza che ad essa corrisponda in concreto alcun costo sostenuto. Inoltre, come detto, il valore di perizia non rappresenta un dato puntuale, bensì solo un limite massimo posto a presidio dell’integrità del capitale ed a tutela dei terzi.