Più agevole la dimostrazione del trasferimento negli scambi intracomunitari
di Luca CaramaschiCon la circolare 12/E/2020 l’Agenzia delle entrate fornisce i primi attesi chiarimenti in merito ai nuovi strumenti che gli operatori iva, già dallo scorso 1° gennaio 2020, hanno a disposizione per poter fornire la prova del trasferimento dei beni nell’ambito degli scambi intracomunitari, dopo che il Regolamento UE n. 1912 del 4 dicembre 2018 ha introdotto nel Regolamento n. 282/2011 il nuovo articolo 45-bis.
Come è noto, secondo la normativa nazionale, la possibilità di applicare il regime di non imponibilità, di cui all’articolo 41 D.L. 331/1993, per una cessione intracomunitaria, passa per la verifica congiunta dei seguenti 4 requisiti:
- 1. onerosità dell’operazione;
- acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario;
- effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto.
Ma è proprio in relazione a tale ultimo requisito (la prova dell’effettiva movimentazione della merce) che la normativa interna – conformandosi sul punto alla Direttiva Iva comunitaria (la 2006/112/CE) – non ha mai esplicitamente previsto specifiche disposizioni in merito ai documenti che il contribuente deve conservare ed esibire in caso di eventuale controllo, per provare l’avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato della UE.
Situazione che, in particolar modo nelle cessioni con clausola “ex-works” o “franco fabbrica” (nelle quali è il cessionario residente in altro Stato membro a prelevare la merce direttamente dal magazzino del cedente nazionale) ha generato nel tempo significativi contenziosi tra contribuenti e amministrazione finanziaria, con esiti giurisprudenziali non sempre lineari.
Lo strumento che più tra tutti ha da sempre apportato le maggiori certezze nel conferire dimostrazione della prova del trasferimento dei beni è il cosiddetto CMR (sia cartaceo che elettronico) e cioè la lettera di vettura internazionale regolata dalla “Convention des Marchandises par Route”.
Ma l’Agenzia entrate ha, nei suoi diversi documenti di prassi, riconosciuto che la prova del trasferimento dei beni possa essere altresì fornita da un insieme di documenti dai quali si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso CMR cartaceo, nonché le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario).
Tale documentazione, dalla quale deve risultare che è avvenuta la movimentazione fisica della merce e che quest’ultima abbia raggiunto un altro Stato membro, ha valore solo se conservata unitamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse per le predette cessioni e alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti nonché agli elenchi Intrastat.
È nel descritto scenario che si inseriscono le importanti novità introdotte dai richiamati regolamenti comunitari, direttamente applicabili negli Stati membri dell’Unione Europea fin dallo scorso 1.1.2020, e finalmente oggetto di commento da parte dell’Agenzia entrate con la circolare 12/E/2020.
La Commissione europea ha comunque fornito chiarimenti in merito alla nuova disposizione con le Note Esplicative sui “Quick Fixes 2020” (soluzioni rapide), pubblicate a dicembre 2019.
Come ricordato in premessa, il Regolamento UE n. 1912 del 4 dicembre 2018 ha introdotto nel Regolamento n. 282/2011 un nuovo articolo 45-bis, che, alle lettere a) e b) del paragrafo 1 introduce specifiche presunzioni circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario.
In particolare, vengono disciplinate le ipotesi in cui:
- i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto (lettera a);
- i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto (lettera b).
Beni spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto
Per difendere la non imponibilità applicata alla fattura che documenta lo scambio intracomunitario, il cedente, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente, tra quelli di seguito evidenziati:
- CMR riportante la firma del trasportatore;
- polizza di carico;
- fattura di trasporto aereo;
- fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il cedente potrà produrre uno solo dei documenti sopra evidenziati, unitamente ad uno qualsiasi dei seguenti documenti:
- polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Beni trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto
Nella più insidiosa fattispecie in cui il trasporto viene effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, oltre ai documenti previsti nel caso precedente, la presunzione consiste anche nella ulteriore produzione da parte dell’acquirente nei confronti del cedente, entro il 10° giorno del mese successivo alla cessione, di una dichiarazione scritta dalla quale deve risultare;
- data del rilascio
- nome e l’indirizzo dell’acquirente
- quantità e natura dei beni ceduti
- data e luogo del loro arrivo
- identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente
- numero di identificazione del mezzo (qualora si tratti di mezzi di trasporto).
Nel documento di prassi l’Agenzia, tuttavia, precisa che il mancato rispetto del termine dei 10 giorni non preclude la possibilità per il cedente di beneficiare della presunzione laddove si riscontri la presenza di tutte le altre condizioni previste dalla disposizione.
Sempre con la recente circolare 12/E/2020 l’Agenzia ritiene inoltre che la presunzione in esame possa essere riconosciuta anche in relazione alle operazioni realizzate ante 1° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata.
In altri termini, anche precedentemente al 1° gennaio 2020, in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi dell’articolo 45-bis del Regolamento UE 282/2011, la stessa deve essere ammessa (con forza di presunzione relativa) quale dimostrazione dell’avvenuto arrivo dei beni nell’altro Stato membro.
Al contrario, l’Agenzia ribadisce la tesi già espressa dalla stessa Commissione europea per cui non è possibile far valere le citate presunzioni nei casi in cui le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro direttamente a cura del cedente o del cessionario senza quindi l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore.
La ratio di tale esclusione sta nella considerazione che gli elementi di prova, oltre ad essere non contraddittori, devono provenire da due parti indipendenti tra loro (quindi né dal venditore né dall’acquirente).
Tra i casi in cui non sussiste l’indipendenza la circolare 12/E/2020 cita i seguenti:
- soggetti facenti parte del medesimo soggetto giuridico (es. stabile organizzazione e casa madre),
- soggetti legati da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o giuridici quali definiti dagli Stati membri (es. amministratore delegato e società amministrata; società legate da rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ.).
Infine, il recente documento di prassi interviene sul tema del rapporto esistente tra le nuove presunzioni di cui all’articolo 45-bis e la prassi nazionale in materia di prova del trasporto nella cessione intracomunitaria.
In particolare, viene affermato che le autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria quando emergono elementi che dimostrino che il trasporto intracomunitario non si è effettivamente realizzato.
In tali casi può quindi essere disconosciuta la non imponibilità dell’operazione di cui all’articolo 41 D.L. 331/1993. Sono ad esempio casi di disconoscimento delle presunzioni:
- quando nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora giacenti nel magazzino del venditore;
- quando si venga a conoscenza di un incidente durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni;
- quando si dimostra che uno o più tra i documenti obbligatoriamente richiesti ai fini della presunzione e forniti come mezzi di prova contengono informazioni non corrette o addirittura false.
Per contro, l’Agenzia delle entrate ritiene che in tutti i casi in cui non sia possibile applicare le presunzioni di cui al citato articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni, che dovrà comunque essere valutata caso per caso.