Il plafond IVA per i servizi internazionali
di Marco PeiroloL’articolo 9, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che “le disposizioni del secondo e terzo comma dell’articolo 8 si applicano con riferimento all’ammontare complessivo dei corrispettivi delle operazioni indicate nel precedente comma, anche per gli acquisti di beni, diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili e di servizi fatti dai soggetti che effettuano le operazioni stesse nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa”.
In pratica, i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali elencati nel comma 1 dello stesso articolo 9 del D.P.R. n. 633/1972 concorrono a formare il plafond per l’acquisto di beni e servizi senza applicazione dell’IVA da parte dei soggetti in possesso dello status di esportatore abituale. A tal fine, però, è richiesto che le prestazioni di servizi in esame siano effettuate nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa e non, quindi, in via meramente occasionale.
Anche se la norma non lo prevede espressamente, occorre ricordare che i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali rilevanti ai fini della formazione del plafond sono soltanto quelli territorialmente rilevanti in Italia, per i quali è applicabile il regime di non imponibilità. Per quanto riguarda, in particolare, le operazioni per le quali trova applicazione la regola generale dei rapporti “B2B”, ovvero l’assoggettamento a IVA nello Stato del committente, sono irrilevanti agli effetti dell’IVA le operazioni rese nei confronti di un committente non stabilito nel territorio dello Stato, ancorché la fattispecie sia presa in considerazione dall’articolo 9, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972. Tali operazioni sono, quindi, irrilevanti ai fini della verifica dello status di soggetto abilitato a effettuare acquisti e importazioni senza pagamento dell’imposta e della determinazione del plafond a tal fine spendibile (circolare n. 37/E/2011, § 5).
Nel limite dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle prestazioni eseguite nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile), l’esportare abituale – cioè colui che, con le operazioni agevolate, ha superato la percentuale minima del 10% del volume d’affari nel periodo di ferimento – può acquistare beni e servizi senza applicazione dell’IVA. Sono esclusi gli acquisti di fabbricati e aree fabbricabili, anche se in dipendenza di un contratto d’appalto avente per oggetto la loro costruzione o di leasing (C.M. n. 145/E/1998, § 7). Di contrario avviso la Suprema Corte, per la quale il plafond può essere speso per acquistare fabbricati e aree fabbricabili mediante appalto in quanto quest’ultimo dà luogo, ai fini IVA, ad una prestazione e non ad una cessione (Cass. n. 7504/2016), così come il plafond è utilizzabile per acquisire fabbricati e aree fabbricabili in leasing, che configura una prestazione di servizi sino al momento dell’acquisto finale del bene (Cass. n. 1362/2000, n. 2888/2001 e n. 23329/2013).
Una specifica limitazione è prevista dall’articolo 68, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 per l’utilizzo del plafond in dogana da parte dei soggetti che effettuano servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali.
Tale disposizione stabilisce che non sono soggette a IVA “le importazioni di beni indicati nel primo comma, lettera c), dell’articolo 8, nell’articolo 8-bis, nonché nel secondo comma dell’articolo 9 limitatamente all’ammontare dei corrispettivi di cui al n. 9) dello stesso articolo, sempreché ricorrano le condizioni stabilite nei predetti articoli”.
Di regola, gli esportatori abituali hanno diritto di importare beni di provenienza extraunionale senza applicazione dell’imposta in dogana, ma se l’operatore svolte un’attività consistente nel prestare servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali tale diritto è limitato alla quota-parte del plafond maturato a seguito dell’effettuazione dei servizi di cui al n. 9) del comma 1 dell’articolo 9 del D.P.R. n. 633/1972, che fa riferimento ai “trattamenti di cui all’articolo 176 del T.U. approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, eseguiti su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, nonché su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari, destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato”.
In pratica, in dogana può essere speso esclusivamente il plafond generato dall’effettuazione di prestazioni di lavorazione, compresi il montaggio, l’assiemaggio e l’adattamento ad altre merci, di trasformazione e di riparazione, compresi il riattamento e la messa a punto. Il restante plafond è, invece, liberamente utilizzabile per gli acquisti interni di beni e servizi e per quelli intracomunitari di beni, ex articolo 42 del D.L. n. 331/1993.