Poca chiarezza sugli obblighi contabili dei nuovi ETS – II° parte
di Luca CaramaschiLe disposizioni dettate in materia di scritture contabili e di bilancio contenute nel decreto legislativo 117/2017 prevedono, in aggiunta alla modulistica richiesta dall’articolo 13 (stato patrimoniale, rendiconto “gestionale” e relazione di missione), degli ulteriori obblighi per quegli Enti del Terzo Settore che presentano dimensioni rilevanti. È infatti l’articolo 14 a introdurre, al comma 1, l’ulteriore obbligo di redigere e depositare, nonché pubblicare nel proprio sito internet, il Bilancio Sociale per gli Enti del Terzo Settore con ricavi, rendite, proventi o entrate, comunque denominate, superiori a 1 milione di euro. Per l’individuazione dei criteri da utilizzare per la predisposizione del predetto documento, tuttavia, si dovranno attendere le prescritte “linee guida” che dovranno essere adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore e la Cabina di regia, tenendo conto di alcuni elementi tra i quali la natura dell’attività esercitata nonché le dimensioni dell’ente. Vale la pena in questa sede notare come l’obbligo del Bilancio Sociale, previsto solo per gli ETS di maggiori dimensioni (come sopra individuate), è presente per la particolare categoria di ETS rappresentata dalle imprese sociali, a prescindere dalle loro dimensioni. È infatti l’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 112/2017 (recante la disciplina delle imprese sociali) a riprodurre sostanzialmente le medesime disposizioni contenute nel richiamato comma 1 dell’articolo 14 del D.Lgs. 117/2017. Si tenga in ogni caso presente che tutti gli altri Enti del Terzo Settore, ancorché non obbligati in quanto al di sotto della soglia di un milione di euro di entrate complessive, possono ovviamente redigere un bilancio sociale, soprattutto qualora intendano in tal modo documentare e testimoniare l’impatto sociale delle proprie attività di interesse generale.
Sempre nell’articolo 14 rubricato “Bilancio sociale”, con una collocazione non proprio azzeccata, viene imposto un ulteriore obbligo comunicativo agli Enti del Settore che presentano ricavi, rendite, proventi o entrate, comunque denominate, superiori a 100.000 euro annui. Nel rispondere ad evidenti logiche di trasparenza, e in ossequio al criterio di graduazione, detti Enti del Terzo settore dovranno pubblicare con cadenza annuale (la norma non precisa la sede ma si ritiene che ciò debba avvenire nel Registri Unico Nazionale del Terzo Settore) ed aggiornare nel proprio sito internet, o nel sito internet della rete associativa di cui all’articolo 41 cui aderiscano, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati. Si osserva, in proposito, che la norma nel prevedere un obbligo di “pubblicazione annualmente” e di “tenere aggiornati nel proprio sito internet” non lascia fino in fondo comprendere se tanto la pubblicazione quanto l’aggiornamento debbono avvenire esclusivamente sul sito web, oppure se la pubblicazione annuale debba comunque trovare spazio anche nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. È indubbio, in ogni caso, che questa esigenza di “trasparenza” prevista dal legislatore per ETS anche di minori dimensioni, comporterà per questi ultimi un sicuro aggravio amministrativo e finanziario dovendo gli stessi predisporre e mantenere un sito web per obbligo di legge. Si tenga infatti presente che tanto l’ampia platea di destinatari (amministratori, controllori, dirigenti e associati) quanto l’ampia natura delle somme corrisposte (a qualsiasi titolo) determinerà un obbligo pressoché diffuso di comunicazione per la maggior parte degli ETS interessati. Andrà poi confermato che nel concetto di “emolumenti, compensi e corrispettivi” non vi rientrano anche i rimborsi spese analitici, in quanto esclusivamente finalizzati al ristorno delle spese sostenute nell’esecuzione degli incarichi e non collegati alla remunerazione di prestazioni lavorative.
In aggiunta a quanto sinora previsto, il legislatore, per la prima volta, affronta in modo esplicito il tema dei libri sociali che devono essere tenuti dai nuovi Enti del Terzo Settore. È l’articolo 15 a prevedere l’obbligo per gli ETS di tenere, oltre alle descritte scritture previste dagli articoli 13 e 14 e al registro dei volontari (non occasionali) previsto dall’articolo 17, comma 1, del Codice, anche il libro degli associati o aderenti (il classico “libro soci”), il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee (nel quale, la norma precisa che devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico) e il libro delle adunanze e deliberazioni dell’organo di amministrazione, dell’organo di controllo e di eventuali altri organi sociali. Mentre la tenuta e conservazione dei primi tre libri sociali è prevista a cura dell’organo amministrativo, per gli altri libri è previsto che siano gli stessi organi di riferimento ad occuparsene. Sul punto, poi, precisa la relazione illustrativa al D.Lgs. 117/2017, che ciascun ente dovrà tenere solo i libri sociali che sono compatibili con la sua forma giuridica e che, quindi, ad esempio, una fondazione non sarà obbligata a tenere il libro degli associati. Di particolare interesse, infine, la previsione che impone di disciplinare nell’atto costitutivo o nello statuto dei nuovi ETS le modalità attraverso le quali gli associati potranno ispezionare i libri sociali (tale diritto viene, per previsione esplicita, negato ai membri di enti religiosi civilmente riconosciuti).
Dopo aver disciplinato gli obblighi in materia di bilancio e di scritture contabili all’interno del titolo II “Degli enti del terzo settore in generale” e del titolo III “Del volontario e dell’attività di volontariato” per quanto riguarda il registro dei volontari, il legislatore ritorna sul tema con l’articolo 87 del D.Lgs. 117/2017.
La disposizione, contenuta nel capo III “Delle scritture contabili” del titolo X “Regime fiscale degli enti del terzo settore” contiene previsioni che, secondo la relazione illustrativa, sono relative a “specifici ambiti di attività” ma che, ad una prima lettura, paiono “sovrapporsi” con talune delle previsioni commentate in precedenza.
La prima considerazione è che, seppur collocato nell’ambito delle disposizioni di carattere fiscale il citato articolo 87, alla lettera a) del comma 1, parla di “attività complessivamente svolta”, richiamando in tal modo tanto l’attività istituzionale quanto quella commerciale dell’ente. Ciò peraltro è confermato dalla successiva lettera b), nella quale si richiama “l’attività svolta con modalità commerciali”. Fatte queste necessarie premesse andiamo ad analizzare il contenuto della disposizione.
Il primo comma dell’articolo 87 prevede, esclusivamente per gli ETS aventi natura non commerciale che non applicano il particolare regime forfettario di cui all’articolo 86 del decreto (e già quindi non si capisce se la disposizione riguardi tutte le categorie di ETS, posto che il citato regime forfettario trova applicazione solo nei confronti delle particolari categoria delle ODV e delle APS), l’obbligo di tenere, a pena di decadenza dei benefici fiscali, le seguenti scritture contabili:
- scritture contabili cronologiche e sistematiche (quindi, analitiche) per l’attività complessivamente svolta: a tal proposito il successivo comma 2 chiarisce che tali obblighi si considerano assolti anche qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile;
- scritture contabili per le attività svolte con modalità commerciali: si tratta di quelle previste dall’articolo 18 del D.P.R. 600/1973 (contabilità semplificata per le imprese minori), anche al di fuori dei limiti quantitativi previsti dal comma 1 del medesimo articolo (quindi anche oltre l’ammontare di 400.000 euro per le attività di servizi e di 700.000 euro per le altre attività).
Se, quindi, le previsioni di carattere fiscale (riferite alle attività commerciali) presentano un elemento di assoluta novità, anche in deroga alle regole che risultano applicabili agli ETS aventi natura commerciale (e alle imprese in generale), con riferimento agli obblighi riguardanti l’attività complessiva non emergono sostanziali differenze rispetto a quanto già previsto dal precedente articolo 13, posto che la predisposizione di uno stato patrimoniale e di un rendiconto finanziario che indichi proventi e oneri (leggi rendiconto “gestionale”) non possono che essere realizzati attraverso la predisposizione di un sistema di scritture contabili cronologiche e sistematiche.
Dove invece le cose non “girano” è nel comma 3 dell’articolo 87 nel quale si afferma che gli ETS aventi natura non commerciale “che nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6 non abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a 50.000 euro possono tenere per l’anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma, lettera a), il rendiconto economico e finanziario delle entrate e delle spese complessive di cui all’articolo 13, comma 2”.
Due sono le cose da rilevare:
- il richiamo alla lettera a) del primo comma intende fare riferimento all’attività complessiva dell’ente (quindi, sia istituzionale che commerciale);
- il richiamo al comma 2 dell’articolo 13 (seppur descritto in questa sede con una diversa terminologia) altro non è che il rendiconto finanziario per cassa sul quale ci siamo soffermati in precedenza.
Si tratta, pertanto, di una semplificazione riconosciuta agli ETS aventi natura non commerciale che presentano “minori dimensioni” che va tuttavia a sovrapporsi con quella di cui al già richiamato comma 2 dell’articolo 13, con talune differenze riguardanti:
- la soglia di entrate (fissata a 220.000 euro);
- i soggetti destinatari (tutti gli ETS e, quindi, anche quelli aventi natura commerciale).
Nel contesto di una norma dalla difficile interpretazione e scritta davvero male, quindi, un aiuto circa il senso da attribuire alla medesima può pervenire dalla relazione illustrativa al D.Lgs. 117/2017, la quale, a commento dell’articolo 87, afferma che “Al comma 3 vengono esentati dalla tenuta delle scritture contabili i soggetti di minori dimensioni, in funzione dei proventi prodotti, ai quali potrà essere concesso di tenere un semplice rendiconto economico e finanziario delle entrate e delle spese complessive, così come previsto dall’articolo 20-bis, comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 da raccordare con l’articolo 13 del Codice”.
Tale passaggio fa “intuire” che l’articolo 87 tratti, come in effetti giustificherebbe la collocazione nel titolo X del decreto, di previsioni di carattere esclusivamente fiscale. Se ciò fosse vero le richiamate sovrapposizioni risulterebbero solo “apparenti”, ma per comprendere appieno l’effettivo significato delle richiamate disposizioni è certamente necessario attendere un chiarimento ufficiale.