Possibile l’aumento di capitale con formula di “earn out”
di Fabio LanduzziUna recente Massima elaborata dal Consiglio notarile di Milano – la n. 170 – ha affrontato un caso interessante, ovvero quello in cui la clausola di earn out (con cui si prevede nelle operazioni di acquisto di partecipazioni un corrispettivo aggiuntivo al verificarsi di determinate condizioni sovente rappresentate da obiettivi quantitativi) non è previsto che venga liquidata in denaro, bensì mediante azioni emesse dalla società che riceve l’apporto in natura; in questo particolare caso, infatti, occorre fare i conti con le regole che presidiano la corretta formazione del capitale.
Secondo il Notariato di Milano, in caso di aumento di capitale con apporto in natura è legittimo prevedere l’emissione di ulteriori azioni rispetto al momento della sottoscrizione iniziale del capitale, emissione subordinata al verificarsi di condizioni anche legate al raggiungimento di obiettivi economici della società (c.d. earn out).
Tuttavia, in questa circostanza, occorre che la relazione di stima ex articolo 2343 cod. civ. attesti che il valore dei beni conferiti sia almeno pari all’aumento di capitale inclusivo anche dell’importo riferito all’emissione delle azioni rappresentative dell’earn out.
In sostanza, in questo caso la delibera di aumento di capitale dà luogo a due emissioni distinte sebbene esse afferiscano alla stessa operazione:
- la prima avente come di consueto ad oggetto le azioni da assegnare al sottoscrittore al momento del conferimento;
- la seconda avente invece ad oggetto le ulteriori azioni da assegnare al sottoscrittore a titolo di earn out: questa emissione ha però effetti posticipati e soggetti alla condizione del raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Il conferente, perciò, sottoscrive sin dall’origine tutte le azioni oggetto delle due emissioni, ed esegue il conferimento anche se alcune delle azioni corrispondenti all’aumento di capitale, benché sottoscritte e liberate, non sono emesse con effetto immediato, ma verranno emesse solo se si verificheranno le condizioni stabilite.
Una criticità osservata nella Massima in relazione a questa particolare operazione riguarda la necessità della sussistenza di una riserva da imputare a capitale al momento in cui vengono emesse le azioni oggetto di earn out: l’operazione richiede infatti l’imputazione della iniziale riserva di sovrapprezzo alla formazione del capitale quando le ulteriori azioni dovessero essere emesse.
Il punto è che, pur con tutte le cautele del caso, non si può escludere che al momento in cui si devono emettere le ulteriori azioni oggetto di earn out, a causa di perdite nel frattempo sofferte, tutte le riserve della società siano state erose.
La questione sarebbe più agevolmente superabile quando la società avesse emesso azioni prive di indicazione del valore nominale, perché in questa circostanza alla emissione delle nuove azioni non necessariamente dovrebbe accompagnarsi un ulteriore incremento del capitale sociale.
La Massima estende queste considerazioni e conclusioni anche al caso delle c.d. “bonus shares”, ossia quando in presenza di un aumento di capitale in denaro, la delibera prevede l’emissione, con efficacia in un momento successivo alla sottoscrizione, di azioni ulteriori al verificarsi di condizioni “soggettive” riferite ad un particolare sottoscrittore (ad esempio: la mancata alienazione delle azioni per un determinato periodo di tempo).
Osserva il Notariato di Milano nella Massima in commento che, per le stesse ragioni sopra esposte, ove le azioni contenessero l’espressione del valore nominale, l’incremento del capitale da “bonus shares” dovrebbe essere coperto da quanto versato dai sottoscrittori; è quindi necessaria l’esistenza, al momento della seconda emissione, di riserve sufficienti per coprire l’ulteriore aumento di capitale o comunque l’adozione di tecniche contrattuali tali da garantire la copertura della seconda emissione derivante dalle “bonus shares”, sempre che non si rientri nel caso delle azioni emesse senza espressione del valore nominale.