I poteri delle commissioni tributarie
di EVOLUTIONAl fine di approfondire la disciplina del processo tributario è stata pubblicata in Dottryna la scheda autorale che tratta in modo esaustivo i diversi poteri delle commissioni tributarie. Al fine di fornire uno strumento pratico e di sintesi, si propone un estratto della scheda di studio nell’ambito della quale si ripercorrono i principali poteri istruttori di cui dispone la magistratura tributaria.
I giudici tributari, ex articolo 7 D.Lgs. 546/1992, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, possono:
- esercitare tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti attribuite all’Amministrazione finanziaria ed all’ente locale da ciascuna legge di imposta;
- richiedere apposite relazioni tecniche ad organi dello Stato o di altri enti pubblici;
- disporre la consulenza tecnica;
- disapplicare gli atti amministrativi generali e i regolamenti, se li ritengono illegittimi.
Ma procediamo con ordine.
Facoltà di accesso
Il giudice tributario può disporre l’accesso presso l’abitazione del contribuente o il luogo in cui questi svolge la propria attività. L’ordine di accesso del giudice è “non coercibile”; tuttavia, il giudice può trarre argomenti di prova dal rifiuto ex articolo 116 c.p.c.. Si applicano le norme previste dalla L. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente).
Richiesta di dati, informazioni e chiarimenti
Il giudice tributario ha la facoltà di richiedere dati, informazioni e chiarimenti sia alle parti sia a soggetti terzi, ma non può disporre l’audizione di questi ultimi in udienza, in quanto ciò violerebbe il divieto di prova testimoniale di cui all’articolo 7, comma 4 del D.Lgs. 546/1992.
Relazioni e consulenze tecniche
Le relazioni e le consulenze tecniche possono essere richieste quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità. Le relazioni vengono utilizzate per colmare mere carenze conoscitive tramite richiesta ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato, mentre le consulenze offrono un apporto valutativo proveniente da un soggetto dotato di competenze specifiche in una determinata materia.
Disapplicazione di atti generali o regolamenti
Ai sensi dell’articolo 7, comma 5, D.Lgs. 546/1992, il giudice può disapplicare il regolamento o l’atto amministrativo generale da cui dipende la fattispecie impositiva che sia viziato da incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere, senza sindacare il “merito amministrativo”.
Il potere di disapplicazione rientra nella c.d. giurisdizione incidentale, atteso che sul relativo capo di sentenza non si forma un giudicato opponibile in altre giurisdizioni.
In linea di principio, l’utilizzo dei citati poteri istruttori rientra nella discrezionalità del giudice e deve avvenire nel rispetto del principio del giusto processo di cui all’articolo 111 Costituzione. Le parti non possono sindacare il mancato utilizzo dei poteri istruttori da parte del giudice, né sollecitarne l’attivazione per sopperire alle proprie carenze probatorie.
Inoltre, il giudice può fare ricorso a tali poteri soltanto per integrare gli elementi probatori già prodotti dalle parti senza potersi sostituire alle stesse. In altri termini, il giudice tributario non può esercitare i poteri istruttori di cui all’articolo 7 D.Lgs. 546/1992 per mere finalità esplorative, sostituendosi all’Amministrazione finanziaria, atteso che il suo compito non è quello di ricercare fatti sintomatici di evasione, ma quello di verificare la legittimità dell’atto.
Infine, appare utile sottolineare che il processo tributario ha carattere dispositivo e, quindi, l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda e di delineare l’oggetto del contendere spetta alle parti. Per tale ragione, i poteri istruttori devono essere utilizzati nei limiti dei fatti dedotti dalle parti ex articolo 7 D.Lgs. 546/1992.
Ciò significa che il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa nel rispetto del limite della non pronunciabilità d’ufficio sulle eccezioni proponibili soltanto dalle parti ex articolo 112 c.p.c.. Conseguentemente, il giudice che fondi la propria decisione su motivi non dedotti o dedotti sotto diverso profilo incorre nel c.d. vizio di ultrapetizione.