Ppc applicabile ai soli terreni previsti agricoli dagli strumenti urbanistici
di Luigi ScappiniLa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28170 del 27.09.2022, si è occupata di un tema spesso sottovalutato relativo all’agevolazione riconosciuta a particolari soggetti operanti nel settore primario e meglio conosciuta come piccola proprietà contadina.
L’agevolazione, consistente nell’applicazione delle imposte di registro e di trascrizione in misura fissa e di quella catastale nella misura proporzionale dell’1%, è riconosciuta, in prima battuta, ai coltivatori diretti e agli Iap, regolarmente iscritti alla previdenza agricola.
In origine, i soggetti che potevano azionare la norma agevolativa erano i coltivatori diretti e gli Iap, poi, nel tempo, il perimetro soggettivo è stato allargato, ricomprendendovi anche:
- le società agricole di cui all’articolo 2 D.Lgs. 99/2004 in presenza di un soggetto Iap qualificante, con ruolo differente a seconda della forma giuridica societaria;
- il coniuge e i parenti in linea retta di coltivatori diretti e Iap regolarmente iscritti alla previdenza agricola, a condizione che siano già proprietari di terreni agricoli e risultino conviventi con gli stessi;
- proprietari di masi chiusi di cui alla L.P. Bolzano 17/2001.
Da un punto di vista oggettivo, il comma 4-bis dell’articolo 2 D.L. 194/2009 fa riferimento agli atti “di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti”, nonché alle “operazioni fondiarie operate attraverso l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)”.
Oggetto del trasferimento deve, quindi, essere un terreno non solo utilizzato a fini agricoli ma anche qualificato come tale dagli strumenti urbanistici in vigore, il che sta a significare, ad esempio, che non rientra sicuramente nell’agevolazione l’acquisto di un terreno edificabile, nonostante l’acquirente intenda utilizzarlo a fini agricoli.
Proprio sul tema della natura del terreno oggetto di compravendita è intervenuta la recente ordinanza n. 28170/2022 con cui sono stati richiamati precedenti giurisprudenziali (cfr. sentenze n. 23045/2016, 8136/2011) in cui è stato affermato il principio per cui “in tema di imposta di registro, per determinare la natura del bene compravenduto, onde individuare l’aliquota applicabile, occorre avere riguardo alle previsioni urbanistiche correnti al momento dell’atto, che incidono sulle sue qualità ai fini fiscali, essendone irrilevante la concreta utilizzazione o utilizzabilità”.
Ragionando in tal modo, non è comunque sufficiente che lo strumento urbanistico in vigore ammetta l’utilizzo agricolo del terreno per poter assegnare la natura, e dunque, la “qualificazione” di agricolo al fondo, non rilevando altresì la presenza di eventuali vincoli edilizi.
In ragione di ciò, la Suprema Corte conclude affermando che “Non è qualificabile come agricola l’area che lo strumento urbanistico generale non qualifichi formalmente come tale, limitandosi a consentire lo sfruttamento agricolo dei terreni e ponendo, al contempo, limiti di edificabilità in sintonia con gli scopi della pianificazione” con conseguente inapplicabilità del regime agevolato previsto dall’articolo 2, comma 4-bis, L. 194/2009, per carenza del presupposto oggettivo.
La norma sopra richiamata richiede, inoltre, che gli acquirenti dei terreni, per un quinquennio decorrente dalla data di acquisto, provvedano a coltivarli o condurli direttamente.
Sul punto, nel tempo, la giurisprudenza di legittimità ha introdotto alcune deroghe prevedendo, ad esempio che “In tema di agevolazioni di cui alla piccola proprietà contadina, l’esclusione della decadenza dai benefici, ai sensi dell’articolo 11 del d.lgs. n. 228 del 2001, opera anche nelle ipotesi in cui l’affitto o la vendita vengano effettuate a favore di una società, sia essa di persone che di capitale, il cui oggetto sociale sia riconducibile all’articolo 2135 cod. civ., e che abbia una compagine societaria composta esclusivamente da soci legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo, con l’originario beneficiario dell’agevolazione” (cfr. ordinanza n. 15905/2022).
Di contra, deve sempre rimanere fermo, come ricordato dall’ordinanza n. 28369/2022, il principio per cui le norme che prevedono agevolazioni tributarie sono di stretta interpretazione, ragion per cui si ha decadenza nel caso di concessione in affitto a soggetti non ricompresi nel perimetro delineato dall’articolo 11, comma 3, D.Lgs. 228/2001.
Ma, oltre all’ipotesi di concessione in locazione successiva all’acquisto, nella realtà quotidiana ben può manifestarsi l’ipotesi di acquisto di un fondo “gravato” da un contratto di affitto.
In tal caso, in ragione di una stretta interpretazione normativa l’approdo non può che essere quello di negare l’applicazione dell’agevolazione.
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28370 del 29 settembre 2022 con cui è stato affermato che la norma “prevede la decadenza del beneficio per coloro che non coltivino direttamente il fondo, ha già rigettato il ricorso del contribuente ed ha confermato la decadenza dall’agevolazione laddove risultasse che il fondo era concesso in affitto a terzi alla data dell’atto, con ciò dimostrando di voler dare alla norma un’interpretazione restrittiva, perché ha escluso il diritto all’agevolazione per coloro che non coltivavano il fondo al momento della stipula dell’atto” (cfr. sentenze n. 3821/2018 e n. 21609/2016).
In senso contrario si segnala un’interpretazione sporadica della CTR Lombardia che, con sentenza n. 62/LVII/2011, aveva ammesso l’agevolazione per l’acquisto di un terreno affittato, a condizione che tale condizione non si protragga oltre l’annata agraria.