19 Ottobre 2017

Premi e sconti nella valutazione di partecipazioni

di Fabio Landuzzi
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I “premi” e gli “sconti” entrano sovente nei processi valutativi di partecipazioni nell’ambito di operazioni straordinarie. I Principi Italiani di Valutazione (PIV) definiscono premi e sconti come “rettifiche, rispettivamente in aumento e in diminuzione, da applicare (eventualmente) ad una stima di valore ottenuta sulla base delle metodiche dei risultati attesi o del costo per tradurla in un prezzo fattibile, cioè per accostarla al valore di mercato”. La ratio dei premi e degli sconti è infatti molto agevole da comprendere: il trasferimento di partecipazioni sociali può avere un valore assai differente a seconda che esse incorporino il controllo della società, oppure siano rappresentative di minoranze, ed anche in funzione dei diritti particolari, amministrativi e patrimoniali, che esse possono assicurare al possessore. Quindi, premi e sconti rappresentano aggiustamenti funzionali a giungere all’espressione del reale valore della partecipazione oggetto di valutazione, ovvero sono volti ad allineare la nozione di valore cui è pervenuto l’esperto incaricato con il valore realizzabile in concreto (il fair market value). In altre circostanze, come ad esempio quando la valutazione è compiuta in base al metodo dei multipli, premi e sconti hanno anche la funzione di allineare differenze fra le caratteristiche dell’impresa oggetto di valutazione con quelle del campione di imprese comparabili assunto a riferimento.

Come indicato nei PIV, quindi, l’applicazione di premi e sconti avviene in una fase successiva all’esaurimento del processo valutativo dell’esperto, ed è del tutto eventuale oltre che informata alla ragionevolezza ed alla cautela; ossia, premi e sconti saranno applicati a giudizio dell’esperto quando questi non fosse stato in grado di tenere conto di alcune caratteristiche della partecipazione o dell’impresa nell’ambito del suo processo valutativo.

I PIV individuano 3 tipi principali di premi e sconti:

  • premi di maggioranza/controllo;
  • sconti di minoranza;
  • sconti di illiquidità.

Il premio di maggioranza, nella letteratura dei PIV, è definito come il mezzo per tradurre “prezzi rilevati nell’ambito di transazioni aventi per oggetto unità di valutazioni differenti (ad esempio pacchetti di controllo) rispetto a quella oggetto di valutazione (pacchetti di minoranza)”.

Lo sconto di minoranza, sempre nell’ambito dei PIV, è definito come il mezzo per tradurre “prezzi rilevati nell’ambito di transazioni aventi per oggetto unità di valutazioni differenti (ad esempio pacchetti di minoranza) rispetto a quella oggetto di valutazione (pacchetti di maggioranza o controllo)”; in altre parole, è un po’ l’opposto del premio di maggioranza, anche se non deve essere aritmeticamente visto come il suo complemento a 100. Anzi, vi sono situazioni in cui, pur in presenza di partecipazioni di minoranza, l’esistenza di clausole di salvaguardia o di condizioni particolari fa sì che la partecipazione non debba essere oggetto di applicazione di alcuno sconto, da cui deriverebbe una eccessiva penalizzazione.

Infine, lo sconto di illiquidità è di fatto il costo dell’illiquidità, ossia della difficoltà di trovare un mercato per quella partecipazione; riguarda di norma partecipazioni di scarso rilievo ai fini del controllo, ma non è detto che anche una partecipazione di maggioranza possa essere soggetta a uno sconto di illiquidità, quando l’esperto ne ravvisasse una scarsa negoziabilità sul mercato.

Vi sono poi nella prassi altri tipi di sconti a cui il valutatore può essere interessato nella prospettiva di pervenire alla rappresentazione del valore economico fondamentale della partecipazione; fra i più rilevanti si possono ricordare:

  • lo sconto per l’assenza di diritti di voto, o per la sua limitazione;
  • lo sconto per la perdita di persone chiave dell’impresa.

 

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