La prescrizione degli illeciti previsti dal D.Lgs. 231/2001
di Luigi FerrajoliLa differenziazione del regime di prescrizione del reato e dell’illecito amministrativo fondante la responsabilità delle persone giuridiche non può essere ritenuta irragionevole poiché si tratta di due ipotesi di responsabilità aventi natura diversa che giustifica il differente trattamento.
Tale principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione, sezione VI penale, con l’interessante sentenza n. 28299 del 7.7.2016, che ha deciso una vicenda che vedeva diverse società coinvolte in episodi di corruzione nell’ambito di appalti indetti da Enipower S.p.a., Enelpower S.p.a. e Snamprogetti S.p.a. per la realizzazione di opere nel settore energetico per importi di notevole valore.
Lo schema di condotta individuato dagli inquirenti e confermato dai giudici di merito era il seguente: la società interessata alla partecipazione ad una gara veniva contattata da un intermediario, che offriva o forniva informazioni riservate utili per vincere l’appalto ovvero per ottenere vantaggi nella fase esecutiva della gara; seguiva la copertura di fatture e contratti fittizi messi a disposizione degli intermediari per giustificare il pagamento del corrispettivo, stabilito in percentuale sul valore dell’appalto, che spesso veniva pagato su estero e ripartito tra intermediari e corrotti.
In questo schema un ruolo strategico è stato attribuito a due funzionari, uno di Enipower e il secondo di Snamprogetti, cioè delle due società a partecipazione pubblica committenti gli appalti, che sono stati individuati come i soggetti corrotti, percettori delle tangenti in cambio di informazioni rese alle società partecipanti alle gare di appalto.
I legali rappresentanti delle società coinvolte erano condannati in primo grado con conseguente liquidazione delle spese e del risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite Eni S.p.a., Enipower S.p.a. e Snamprogetti S.p.a.; le società “corruttrici” erano invece ritenute responsabili dell’illecito amministrativo previsto e punito dall’articolo 25, comma 3, D.Lgs. 472/2001 (che contiene l’elenco dei reati societari fondanti la responsabilità amministrativa dell’ente).
In secondo grado era dichiarata l’intervenuta prescrizione dei reati ed erano confermate le statuizioni civili nonché la condanna delle società per gli illeciti amministrativi; la vicenda giungeva quindi in Cassazione che, con la sentenza in esame, ha annullato le condanne con rinvio del giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Gli spunti di interesse forniti dall’articolata pronuncia sono molteplici; tra gli altri particolarmente interessante è il ragionamento esposto dalla Suprema Corte in relazione alla disciplina della prescrizione della responsabilità amministrativa dell’ente.
Un imputato aveva infatti formulato la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 22 D.Lgs. 231/2001 (che determina in cinque anni dalla data di consumazione del reato il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative) per contrasto con gli articoli 3, 24 comma 2 e 111 Cost. poiché la disciplina della prescrizione divergerebbe irragionevolmente in caso di illeciti compiuti dall’ente imputato rispetto a quella prevista per la persona fisica.
La Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata tale eccezione in quanto ha ritenuto che tale divergenza sia giustificata sulla base della seguente considerazione: “la responsabilità dell’ente si fonda su un illecito amministrativo e la circostanza che tale illecito venga accertato nel processo penale…non determina alcun mutamento della sua natura: il sistema di responsabilità ex delicto di cui al D.Lgs. n. 231 è stato qualificato come tertium genus (Sez. U, n. 38343 del 18/09/2014, TyssenKrupp s.p.a), sicchè non può essere ricondotto integralmente nell’ambito e nelle categorie dell’illecito penale. Pertanto, se i due illeciti hanno natura differente, allora può giustificarsi un regime derogatorio e differenziato con riferimento alla prescrizione”.
Secondo la Suprema Corte, inoltre, il richiamo contenuto nell’articolo 35 D.Lgs. 231/2001 alle disposizioni relative all’imputato non ha quale effetto una parificazione totale dell’ente alla persona fisica, con conseguente necessità di una uniformità dei vari istituti: la disposizione contiene una clausola di compatibilità significativa, perché sottolinea il riconoscimento di una oggettiva impossibilità di una completa parificazione ed infatti nel modello di responsabilità delle persone giuridiche vi sono numerose deroghe a tale principio.
Il legislatore ha quindi attuato a ragion veduta una differenziazione del regime di prescrizione fondata sulla differenza tra illecito amministrativo, fondante la responsabilità delle persone giuridiche, e reato e, conseguentemente, adeguando la disciplina della prescrizione riferita all’ente al regime già previsto dalla legge generale sulla depenalizzazione del 1981 per l’illecito punitivo amministrativo.
Pertanto, a parere della Cassazione, non è possibile qualificare come irragionevole il predetto trattamento differenziato.
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