Prestazioni di servizi rese da soggetti non residenti in Italia
di Marco BargagliNella prassi commerciale internazionale molto spesso le aziende italiane corrispondono compensi per l’effettuazione di prestazioni di lavoro autonomo nei confronti di soggetti residenti all’estero che si recano presso il territorio nazionale.
Inoltre, possono anche essere erogati compensi nei confronti di non residenti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali commerciali o scientifiche che si trovano sul territorio dello Stato.
Ciò posto, occorre esaminare attentamente il correlato trattamento fiscale, con particolare riferimento all’applicazione della ritenuta alla fonte del 30% a titolo d’imposta, ferma restando la possibilità di applicare le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi.
Anzitutto l’articolo 25, comma 1, D.P.R. 600/1973, prevede che: “i soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 23 (n.d.r. enti o società soggetti passivi Ires), che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi o per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa”.
Lo stesso articolo 25, comma 2, D.P.R. 600/1973 prevede che se i compensi e le altre somme di cui al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, il sostituto d’imposta che eroga gli stessi deve operare una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%, anche per le prestazioni effettuate nell’esercizio d’imprese.
In merito, sono esclusi dalla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
Ai sensi dell’articolo 25, comma 4, D.P.R. 600/1973, è infine prevista l’applicazione della ritenuta alla fonte del 30% a titolo di imposta, anche sulle somme corrisposte a non residenti, per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che si trovano nel territorio dello Stato.
Anche in tale circostanza sono esclusi da tassazione i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti ex articolo 25, comma 4, ultimo periodo, D.P.R. 600/1973.
In definitiva:
- una prestazione di lavoro autonomo effettuata in Italia da un soggetto non residente, professionista o impresa, deve essere assoggettata a tassazione sul territorio dello Stato con l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta pari al 30% applicata sulle somme erogate al prestatore del servizio;
- i compensi corrisposti nei confronti di un soggetto non residente per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che sono situati nel territorio dello Stato, sono soggetti ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 30%, con esclusione degli importi erogati a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
In deroga alle disposizioni domestiche, a livello internazionale è possibile applicare la ritenuta alla fonte prevista dalla convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi che, a determinate condizioni, consente di ridurre o talvolta azzerare il prelievo fiscale.
Si consideri l’esempio di un artigiano muratore francese, costituitosi sotto forma di ditta individuale, che si reca presso lo stabilimento di un’impresa residente a Milano, ove effettua “prestazioni di ristrutturazione dei locali aziendali”, senza possedere una stabile organizzazione in Italia.
In linea di principio l’articolo 25, comma 2, D.P.R. 600/1973 prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%, anche per le prestazioni effettuate nell’esercizio d’imprese.
In merito, l’articolo 14 della convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi stipulata tra l’Italia e la Francia, rubricato “professioni indipendenti”, prevede che “i redditi che un residente di uno Stato ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale residente non disponga abitualmente nell’altro Stato di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato ma unicamente nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa”.
In un’altra circostanza, si assuma che un prestatore di servizio tedesco si rechi presso lo stabilimento di un’impresa residente a Torino, ove effettua “prestazioni di pulizia e vigilanza”, senza possedere una stabile organizzazione in Italia.
Anche in questo caso, l’articolo 25, comma 2, D.P.R. 600/1973 prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%, anche per le prestazioni effettuate nell’esercizio d’imprese.
Tuttavia, l’articolo 14 della convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi stipulata tra l’Italia e la Germania, rubricato “professioni indipendenti”, prevede che “i redditi che un residente di uno Stato ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa”.
Sul punto occorre tenere conto che, per applicare direttamente il trattamento previsto dalla convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, il sostituto d’imposta italiano che corrisponde i compensi, prima di effettuare il pagamento, deve procurarsi un preciso set documentale di seguito analiticamente illustrato:
- dichiarazione rilasciata dal beneficiario effettivo dei redditi, dalla quale deve risultare il luogo di effettuazione della prestazione (Italia o estero); in caso contrario scatta la presunzione di territorialità sul territorio italiano;
- certificazione rilasciata da parte dell’ufficio delle imposte estero ubicato nel luogo di residenza del prestatore del servizio (società o persona fisica), dalla quale risulti che il percettore delle somme è un soggetto fiscalmente tassato nello Stato estero, ove presenta le relative dichiarazioni dei redditi;
- attestazione relativa all’inesistenza di una stabile organizzazione sul territorio dello Stato italiano.