Se presumi, presumo pure io
di Massimiliano TasiniPatrizia PellegriniLa sentenza della Corte di Cassazione 30 marzo 2017 n. 8279 affronta la delicata questione del regime probatorio applicabile alle indagini finanziarie.
Si ricorda brevemente che, secondo una giurisprudenza che può oramai dirsi consolidata, laddove l’Amministrazione finanziaria ponga a base dell’accertamento tributario le risultanze di una indagine sui conti e sui depositi bancari, dette risultanze costituiscono una presunzione legale, ancorchè relativa (Cassazione 7267/2002; Cassazione 7329/2003).
Da tale premessa, consegue che il Giudice non ha titolo per ritenere insufficienti le prove dedotte dal Fisco, essendo piuttosto vincolato alle risultanze di tale indagine; e dunque, al medesimo Giudice non resterà che esaminare le prove contrarie dedotte dal contribuente (ed allegate al fascicolo processuale) e valutarle alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte.
La questione si presta a due distinti piani di indagine.
In primo luogo, non può non essere ricordato che la L. 311/2004, con effetto 1° gennaio 2005, ha innovato l’articolo 32 D.P.R. 600/1973 agli effetti delle imposte dirette (e, di riflesso, l’articolo 51 D.P.R. 633/1972 per l’imposta sul valore aggiunto) elidendo l’espressione “singoli” dalla previsione normativa, la quale stabiliva che i singoli dati ed elementi sono posti a base dell’accertamento se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto.
A tal riguardo occore precisare che, secondo la circolare AdE 32/E/2006 “… il dato letterale della disposizione in commento, al pari dell’omologa previsione in materia di Iva, fa riferimento all’endiadi “dati ed elementi”, mentre il testo anteriore alla novella utilizzava l’espressione “i singoli dati ed elementi”. La mancata conferma dell’aggettivo “singoli” non deve indurre, tuttavia, a un facile sovradimensionamento della relativa soppressione nel senso che la stessa non rappresenta sostanzialmente un allargamento delle modalità di utilizzo degli elementi di prova. Tale abolizione, in concreto, non consente di ritenere che la contestazione dei singoli addebiti possa avvenire per “masse” o addirittura sulla base di un mero “saldo contabile”, atteso che, anche dopo tale soppressione, l’analisi deve riguardare ogni singolo elemento della movimentazione, quand’anche ricompresa in un’operazione unica e, a maggior ragione, quando si tratti di operazioni autonome”.
La circolare nulla dice di più: una tesi che disattende la chiara volontà del legislatore, il quale di certo non si è scordato di riprodurre l’espressione “singoli”, ma, purtroppo, negli atti ufficiali non c’è traccia della volontà sottesa a tale soppressione.
Proprio prendendo le mosse da tale prospettazione, la Corte stigmatizza nella pronuncia in commento che “la prova a carico del contribuente” si sostanza nella dimostrazione “…che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (cfr. tra le tante Cassazione 18081/2010).
Fin qui, cattive, notizie.
La Corte prosegue però osservando che “In ordine … al tipo di prova che il contribuente ha l’onere di fornire al fine di vincere la presunzione legale di cui al citato articolo 32 è sì ammesso anche il ricorso alle presunzioni semplici ma le stesse devono essere sottoposte ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo” (Cassazione 22502/2011 richiamata da Cassazione 4585/2015).
La soluzione proposta in tale ultimo, fondamentale, passaggio, è tutt’altro che scontata, ove solo si consideri che ancora nel 2013 la stessa Corte aveva ritenuto con la sentenza 2484 che ad una presunzione legale relativa andasse contrapposta una prova e non un’altra presunzione.
Registriamo infine, con piacere, che l’Agenzia delle Entrate nel ricorso per cassazione (era uscita soccombente nel secondo grado di giudizio) aveva rinunziato a contestare i prelevamenti non giustificati dopo aver dato atto della pronuncia Corte Costituzionale 228/2014, che ha reso irrilevanti tali movimenti relativamente ai professionisti. È una posizione non solo condivisibile ma anche assai tempestiva, e va dunque registrata con soddisfazione.