Presunzione di distribuzione degli utili ai soci nelle SRL a ristretta base societaria: criticità e strategie difensive (parte II)
di Angelo Luca Ottaviano
I REQUISITI DI PRECISIONE, GRAVITA’ E CONCORDANZA E CARENZA DI MOTIVAZIONE
Nel pezzo pubblicato ieri abbiamo analizzato la problematica della doppia presunzione; concentriamoci adesso sui requisiti di gravità, precisione e concordanza della presunzione di distribuzione degli utili ai soci.
La presunzione di distribuzione degli utili è una presunzione semplice, e di conseguenza, in base a quanto stabilito dall’art. art. 38 c.3 del DPR 600/73, non può essere utilizzata per rettificare il reddito imponibile delle persone fisiche a meno che sia supportata da ulteriori elementi indiziari che la rendano grave, precisa e concordante.
L’orientamento predominante della Cassazione è quello di ritenere che i requisiti di gravità, precisione e concordanza siano integrati grazie ad un unico elemento indiziario (il ristretto numero di soci) che assume una rilevanza tale da consentire l’inversione dell’onere della prova a carico del socio, che dovrà dimostrare di non aver ricevuto dividendi extracontabili.
In effetti, per quanto riguarda le presunzioni semplici, la Suprema Corte (Sentenza n.4406/1999) ha già avuto modo di evidenziare che “gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave.”
A ben vedere però in questo caso l’elemento indiziario della ristretta base sociale non sembra avere i requisiti di precisione e gravità, per tutti i motivi che sono stati già esposti in precedenza.
In questo senso pare esprimersi anche la Cassazione n.14046/2009 che, discostandosi dall’orientamento prevalente, ha stabilito che l’attribuzione ai soci di un maggior reddito non si può risolvere in una “affermazione apodittica che costituisce solo una motivazione apparente”, ma è necessario invece che la sentenza spieghi sulla base di quali “elementi concreti” il giudice abbia ritenuto fondato l’accertamento.
Di questo avviso è anche parte della giurisprudenza di merito.
Si veda ad esempio CTR Puglia n. 40/2011, secondo cui “appare, dunque, più corretto e rispettoso del diritto alla difesa del contribuente, che l’elemento della ristretta base sociale sia confortato da altri elementi di gravità, precisione e concordanza che possano da un lato legittimamente costituire mezzo di prova della distribuzione degli utili occulti e dall’altro obblighino il contribuente che vi si opponga a fornire la prova contraria.”
La sentenza in oggetto individua anche quali dovrebbero essere gli ulteriori elementi indiziari: eventuali movimenti bancari del socio, l’acquisto da parte sua di beni di particolare valore non giustificabile tramite il reddito dichiarato o qualunque altro indice concreto (es: redditometro) di maggior reddito non giustificato.
In tal senso si è espressa anche la CTP Napoli n. 145/2012, secondo cui “l’accertamento in capo al socio, oltre alla ristretta base societaria ed alla effettiva percezione degli utili societari, dev’essere fondato anche su elementi tesi a verificare la movimentazione bancaria del contribuente, sull’acquisto di beni di particolare valore, non giustificabili sulla base dei redditi dichiarati.”
Si veda anche CTR Marche n. 228/2010, secondo cui “la caratteristica di ristretta base azionaria non può certo essere una colpa dei soci da sanzionare prescindendo da norme legali, eque e civili, emanate dal legislatore per l’imputazione dei redditi ai soci. È evidente che la ricerca di ulteriori indizi presuppone un’attività accertativa più laboriosa per l’amministrazione finanziaria ma è altrettanto evidente che le esigenze di gettito non possono giustificare deroghe ai sistemi legali voluti dal legislatore.”
Provando a seguire la “breccia” aperta dalla citata sentenza della Cassazione n. 14046/2009, in sede difensiva andrà quindi evidenziato che l’avviso di accertamento sul socio non si può basare solo sull’automatismo dovuto alla ristretta base sociale, ma deve invece essere ulteriormente e autonomamente motivato, portando a conoscenza del contribuente i motivi concreti dell’accertamento nei suoi confronti, in particolare con l’indicazione degli ulteriori presupposti di fatto che consentano di affermare pienamente la gravità, la precisione e la concordanza della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.
In assenza di questi ulteriori elementi, il giudice dovrà necessariamente ritenere infondato l’atto di accertamento nei confronti dei soci.
In ogni caso, in base all’orientamento predominante della giurisprudenza di legittimità, il socio di SRL a ristretta base societaria potrà fornire la prova contraria rispetto alla presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.
A questo scopo, pur nella consapevolezza che dimostrare di non aver ricevuto utili può spesso tramutarsi in una probatio diabolica, ci sono due possibili strategie di difesa.
In primo luogo, il socio può fornire la prova contraria circa l’esistenza di rapporti di solidarietà, complicità e reciproco controllo nella gestione sociale, ad esempio documentando ogni eventuale richiesta di chiarimenti o contestazione mossa agli amministratori relativamente alla gestione sociale; facendo verbalizzare puntualmente in Assemblea dei soci ogni eventuale obiezione; in generale evidenziando documentalmente ogni altra circostanza che consenta di dimostrare la sua estraneità alla gestione sociale o l’inesistenza di vincoli di solidarietà con gli altri soci e/o con l’amministratore.
Si veda ad esempio la già citata Cassazione n.1906/2008, secondo la quale il socio può dimostrare di non esser stato in condizione di conoscere e controllare la gestione degli affari sociali, ad esempio fornendo la prova “dei fatti impeditivi della conoscibilità, dei comportamenti adottati per acquisire la conoscenza che siano risultati vani, così che si giustifica anche il suo stato di ignoranza, e dei comportamenti volti a far valere la responsabilità dei gestori della società per le anormalità contabili.”
In secondo luogo, il socio potrà fornire la prova contraria rispetto all’avvenuta distribuzione degli utili, dimostrando che gli stessi sono stati accantonati presso la società (ad es. in caso di ingiustificato accrescimento delle disponibilità finanziarie sul c/c della società), oppure reinvestiti nell’attività d’impresa (ad es: per pagare acquisti in nero o dipendenti in nero) o ancora distribuiti solo ad alcuni soci o all’amministratore.
Si tratta di un principio più volte affermato dalla Suprema Corte: si veda, tra le altre, Cassazione n.3972/2009, secondo cui rimane salva la “facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.”
Si veda inoltre Cassazione n.21573/2005, secondo cui “anche il semplice fatto che in questo caso gli utili occulti siano stati reperiti in un posto specifico (esattamente in un conto corrente del socio amministratore delegato), e non risulti un ulteriore spostamento di quei fondi (o di altri di importo corrispondente) costituisce un consistente elemento, sia pure indiziario semplice, in senso contrario all’operatività nel caso concreto della presunzione, anch’essa semplice, dell’avvenuta distribuzione proporzionale dei fondi a tutti i soci.”