1 Giugno 2016

Presunzioni tributarie e reato di omessa dichiarazione

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 15899 depositata il 18 aprile 2016, la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in materia di onere della prova in relazione all’accertamento di reati tributari ed ha statuito che il giudice, per determinare l’ammontare dell’imposta evasa, può fare ricorso ai verbali di contestazione della Guarda di Finanza qualora le scritture contabili imposte dalla legge siano state irregolarmente tenute, a condizione, però, che il giudice medesimo proceda ad una specifica valutazione degli elementi ottenuti, comparandoli con quelli acquisiti aliunde. Per tale motivo, le sole risultanze delle indagini bancarie, stante la inutilizzabilità delle presunzioni ex art.32 del d.P.R. n.600/73, non possono rappresentare idoneo elemento di prova a fondare la condanna.

Orbene, nel caso in esame, sia il Tribunale di Trapani, in primo grado, che la Corte di appello di Palermo, in secondo grado, avevano ritenuto responsabile un contribuente per il reato di omessa dichiarazione (nonché del reato di distruzione ed occultamento di scritture contabili), sulla base di indagini bancarie effettuate dalla Guardia di Finanza sui conti correnti dell’imputato e della di lui moglie, da cui era emerso che l’imposta evasa era rilevante ai fini della configurabilità del delitto de quo.

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