22 Ottobre 2018

I presupposti per l’autorizzazione all’accesso domiciliare

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

Con la sentenza n. 20096 del 30.07.2018 la Corte di Cassazione ha esaminato la questione dei presupposti richiesti dalla legge per l’autorizzazione all’accesso per fini di verifica fiscale in locali utilizzati esclusivamente ad uso abitativo, specificando che tale autorizzazione rimessa al Procuratore della Repubblica richiede la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria, che non possono ritenersi sussistenti nel caso in cui il provvedimento autorizzatorio si fondi esclusivamente su notizie anonime provenienti da persone non identificate.

Il potere dell’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accessi per effettuare ispezioni documentali, verificazioni e ricerche finalizzate all’accertamento delle imposte e alla repressione dell’evasione è disciplinato dall’articolo 52, commi 1 e 2, D.P.R. 633/1972, il quale stabilisce che per l’accesso:

  1. in locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, professionali gli impiegati degli Uffici finanziari e i militari della Guardia di Finanza “devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal Capo dell’Ufficio da cui dipendono”;
  2. in locali che siano adibiti “anche” ad abitazione è necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, in aggiunta a quella del capo dell’Ufficio;
  3. in locali diversi da quelli indicati nei precedenti punti, quali i locali adibiti esclusivamente ad abitazione, è richiesta l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, che può essere rilasciata “soltanto in caso di gravi indizi di violazioni” delle norme fiscali, “allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni medesime”.

Pertanto, per l’accesso in locali destinati esclusivamente ad abitazione la legge richiede, in considerazione del fatto che l’autorizzazione trova base logica nell’articolo 14 Cost. sull’inviolabilità del domicilio, non solo l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ma anche la sussistenza di “gravi indizi di violazione tributaria”, previsione questa che conferisce a tale provvedimento di autorizzazione la portata non di semplice nulla-osta di un organo superiore, bensì di provvedimento valutativo della ricorrenza nella concreta vicenda di specifici presupposti giustificativi dell’ingresso nell’abitazione.

Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione, richiamando la decisione delle Sezioni Unite n. 16424 del 21.11.2002, ha chiarito che il giudice tributario in sede di impugnazione dell’atto impositivo basato su libri, registri o documenti acquisiti mediante accesso domiciliare autorizzato dal Procuratore della Repubblica, ha il potere-dovere, oltre che di verificare la presenza nel decreto autorizzativo della motivazione circa l’esistenza di gravi indizi di violazione fiscale, anche di controllare la correttezza in diritto del relativo apprezzamento nel senso dell’esistenza di elementi cui l’ordinamento attribuisca valenza indiziaria.

Conseguentemente, secondo la Corte di Cassazione, il provvedimento di autorizzazione all’accesso domiciliare che si fondi esclusivamente su notizie anonime provenienti da persone non identificate deve ritenersi illegittimo in quanto “nella disciplina civilistica delle prove, …, la nozione d’indizio è ricavabile dagli articoli 2727 cod. civ. e seguenti”, e “l’indizio non è prova, nemmeno presuntiva, in quanto si esaurisce nella cognizione di un accadimento diverso da quello da dimostrare, in sé non sufficiente per desumere il verificarsi di tale fatto da dimostrare secondo parametri di rilevante probabilità logica”. Pertanto, la notizia (verbale o scritta) di fonte non individuata e non individuabile non può assurgere a dignità d’indizio, e “l’accesso all’abitazione non può essere il primo atto ispettivo dopo una denuncia anonima, occorrendo un minimo d’indagine e di riscontro, per acquisire la cognizione di fatti, sia pure dotati di semplice valore indiziario”.

Inoltre, ha chiarito la Corte di Cassazione, l’illegittimità del provvedimento autorizzatorio all’accesso domiciliare sussiste anche nel caso in cui la dichiarazione anonima o confidenziale di fonte non identificata, su cui lo stesso si fonda, risulti a posteriori attendibile, in ragione del rinvenimento presso il domicilio del contribuente delle prove della violazione ipotizzate, dato che la legge consente l’accesso solo se l’inchiesta dell’ufficio tributario o della Guardia di Finanza sia già pervenuta a risultati definibili come gravi indizi (cioè abbia raggiunto un quid pluris rispetto alla mera ipotesi dell’infrazione tributaria) e quindi esprime un inequivoco rifiuto per l’ingresso autoritativo nell’abitazione del contribuente a titolo meramente esplorativo, vale a dire allo scopo di accertare fatti al momento totalmente sconosciuti o prospettabili sulla scorta di pura supposizione.

Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:

Dalla verifica fiscale al contenzioso tributario