Presupposti per la non imponibilità IVA degli acconti all’esportazione
di Marco PeiroloIl pagamento anticipato, in tutto o in parte, del corrispettivo integra il momento di effettuazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, vale a dire quelle che soddisfano i presupposti oggettivo, soggettivo e territoriale.
Tale evento, cioè il pagamento anticipato, totale o parziale, del prezzo, assume rilevanza “sostanziale”, in quanto idoneo, di per sé, ad integrare il momento impositivo e, quindi, anche l’esigibilità dell’imposta. L’articolo 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972 prevede, infatti, che la cessione o la prestazione si considera effettuata qualora, “anteriormente al verificarsi degli eventi” che individuano il momento di effettuazione “ordinario”, ovvero “indipendentemente da essi”, venga emessa fattura o abbia luogo il pagamento totale o parziale del corrispettivo; ovviamente, in tali ipotesi, l’operazione si considera effettuata “limitatamente all’importo fatturato o pagato”.
Gli acconti relativi a cessioni all’esportazione incassati anteriormente alla data di trasporto/spedizione all’estero dei beni beneficiano del regime di non imponibilità IVA, in quanto giuridicamente e direttamente dipendenti da un unico contratto avente per oggetto cessioni di beni all’esportazione non imponibili ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 (R.M. 18 aprile 1975, n. 525446 e R.M. 7 settembre 1998, n. 125/E).
Ai fini della non imponibilità, il cedente è tenuto ad osservare le seguenti formalità:
- al momento dell’incasso di ciascun acconto deve essere emessa (e, successivamente, registrata) la fattura, con l’indicazione che si tratta di operazione non imponibile ex articolo 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972;
- al momento della spedizione all’estero dei beni deve essere emessa (e, successivamente, registrata) la fattura riepilogativa della cessione, anch’essa non imponibile, con l’indicazione del prezzo complessivamente fatturato e degli estremi, anche di registrazione, di tutte le fatture già emesse in relazione all’incasso degli acconti.
Poiché l’obbligo di registrazione della fattura riepilogativa può comportare la duplicazione del volume d’affari relativo alle cessioni all’esportazione per le quali siano stati pagati acconti, detta fattura riepilogativa, ancorché soggetta a registrazione (R.M. n. 125/E/1998, cit.):
- concorre alla formazione del volume d’affari limitatamente all’eventuale saldo del corrispettivo;
- non concorre alla formazione del volume d’affari qualora il corrispettivo dell’esportazione sia già stato integralmente pagato mediante gli acconti. In quest’ultimo caso, la fattura riepilogativa emessa dal cedente, che assolve esclusivamente la funzione di documentazione dell’operazione ai fini dell’espletamento delle formalità doganali, deve essere registrata in separata colonna del registro delle fatture emesse.
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 456 del 1° dicembre 2008, affinché un’operazione configuri una cessione all’esportazione “diretta” ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 è irrilevante la circostanza che l’invio al di fuori della UE dei beni oggetto della cessione avvenga dopo il passaggio di proprietà e l’emissione della fattura d’acconto. La consegna differita non è, quindi, idonea ad escludere il regime di non imponibilità applicato all’acconto e da applicare al saldo.
La giurisprudenza comunitaria ha costantemente specificato che l’acconto assume rilevanza ai fini IVA, nella specie con lo stesso regime previsto per l’operazione non ancora eseguita con il trasporto/spedizione del bene o con l’ultimazione del servizio, se il pagamento anticipato è collegato, prospetticamente, ad una operazione concreta e reale. A tal fine, tutti gli elementi che qualificano la futura cessione o prestazione devono essere già noti alle parti e, al momento del versamento dell’acconto, è richiesto che i beni o servizi oggetto dell’operazione siano individuati in modo specifico e, quindi, non generico (Corte di giustizia, 13 marzo 2014, causa C-107/13; Id., 7 marzo 2013, causa C-19/12; Id., 16 dicembre 2010, causa C-270/09; Id., 21 febbraio 2006, causa C-419/02).
Tali indicazioni valgono anche per gli acconti all’esportazione, con l’ulteriore osservazione – desumibile dalla posizione espressa dalla Suprema Corte nella sentenza n. 10606 del 22 maggio 2015 – che, ai fini della non imponibilità, non è sufficiente che i pagamenti anticipati del corrispettivo abbiano per oggetto beni specificamente individuati, giuridicamente e direttamente dipendenti da un unico contratto relativo ad una cessione all’esportazione, se gli stessi beni sono stati immessi in consumo nel territorio nazionale prima del loro invio all’estero. Secondo i giudici di legittimità, l’ipotesi descritta si verifica nel caso del macchinario realizzato dal fornitore nazionale per conto del cliente non residente se, una volta ultimato, viene consegnato in Italia in conto deposito ad una società del gruppo, vale a dire in base ad un titolo non traslativo della proprietà che ne determina il “consumo”.
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