La società belga, appartenente allo stesso gruppo, si occupa della ricerca dei fornitori e negozia con essi i termini contrattuali, ma è la società rumena che stipula i contratti di vendita e di noleggio con i fornitori e i clienti.
La questione oggetto del rinvio da parte del giudice nazionale è relativa alla rilevanza ai fini Iva degli importi fatturati dalla società belga a quella rumena per l’attività commerciale svolta.
In particolare, alla Corte è stato chiesto di stabilire se tali importi, quantificati utilizzando un metodo raccomandato dalle linee guida dell’OCSE (nella specie, il metodo del margine netto della transazione), possano costituire il corrispettivo di una prestazione di servizi a titolo oneroso, ai sensi dell’articolo 2, § 1, lettera c), Direttiva 2006/112/CE.
A livello unionale, il tema è stato affrontato dal Comitato Iva con il Working Paper n. 923 del 28 febbraio 2017 e dal VAT Expert Group (VEG) con il documento VEG n. 71 del 18 aprile 2018.
Le norme in materia di prezzi di trasferimento stabilite ai fini delle imposte dirette sono finalizzate alla valutazione del “valore normale” delle operazioni, cioè del prezzo idoneo a garantire il rispetto del principio di “libera concorrenza”, a differenza delle norme in materia di Iva, che sono fondate sull’esistenza di una operazione a titolo oneroso, in cui il corrispettivo è considerato un valore oggettivo, vale a dire il prezzo effettivamente pagato.
Secondo il Comitato Iva, la diversità tra i due settori considerati esige una valutazione da effettuare caso per caso. Per il VEG, gli aggiustamenti di transfer pricing devono considerarsi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’Iva, salvo che sia individuabile un “nesso diretto” con la fornitura iniziale del bene o servizio.
Nel caso in esame, il metodo del margine netto della transazione, utilizzato per calcolare il prezzo di trasferimento, è impiegato anche per determinare, “a posteriori”, il corrispettivo della prestazione di servizi resa dalla società belga a quella rumena, senza ulteriori rettifiche.
Tale particolare modalità di determinazione del corrispettivo soddisfa, in ogni caso, il requisito del “nesso diretto” tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, in quanto la Corte europea ha costantemente affermato che è irrilevante l’importo del corrispettivo, in particolare la circostanza che esso sia pari, superiore o inferiore, ai costi sostenuti dal soggetto passivo.
È vero che, nella fattispecie, l’importo del corrispettivo è di per sé indeterminato. Tuttavia, le modalità di quantificazione sono state stabilite contrattualmente con criteri precisi e, in quanto tali, sono prive di incertezze. Pertanto, il corrispettivo delle prestazioni di servizi rese dalla belga a favore della società rumena è perfettamente determinabile sin dalla conclusione del contratto.
In esito alle considerazioni illustrate, l’Avvocato generale ha proposto alla Corte di dichiarare che l’articolo 2, § 1, lettera c), Direttiva 2006/112/CE, deve essere interpretato nel senso che la remunerazione per i servizi infragruppo forniti dalla società madre, che assume a proprio carico la responsabilità commerciale, alla società figlia deve essere considerata come il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e, quindi, rilevante ai fini Iva, anche se è calcolata secondo il metodo del margine netto della transazione raccomandato dalle linee guida dell’OCSE.
Si tratta di una posizione coerente con le indicazioni rese dall’Agenzia delle entrate, per la quale – affinché gli aggiustamenti di transfer pricing incidano sulla determinazione della base imponibile dell’Iva, aumentando o diminuendo il corrispettivo di vendita del bene o del servizio, ex articolo 26, D.P.R. 633/1972 – occorre che:
- vi sia un corrispettivo, ossia una regolazione monetaria o in natura per tale aggiustamento;
- siano individuate le cessioni di beni o le prestazioni di servizi cui il corrispettivo si riferisce;
- sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o le prestazioni di servizi e il
In particolare, nelle risposte n. 60/E/2018 e n. 884/E/2021, è stato chiarito che la valutazione della rilevanza, ai fini Iva, di tali aggiustamenti si pone solo quando il pagamento è riconducibile ad una variazione, in aumento o in diminuzione, della base imponibile delle operazioni originariamente effettuate tra le parti e non anche, quindi, quando esso costituisce il corrispettivo di una specifica cessione o prestazione, sia pure determinato ex post, che, come nel caso oggetto delle conclusioni dell’avvocato UE, deve essere autonomamente assoggetto a Iva.