Il principio di antieconomicità non è applicabile all’accertamento Iva
di Luigi FerrajoliLa Corte di Cassazione con la sentenza n. 2875/2017, intervenendo in tema di accertamento Iva, ha statuito che il diritto alla detrazione può essere negato solo se sia dimostrato dall’Amministrazione finanziaria, alla luce di elementi oggettivi, che è invocato dall’imprenditore fraudolentemente o abusivamente; inoltre il principio di antieconomicità, ammesso per le imposte dirette, non lo è necessariamente per l’Iva.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte una società, acquistato un immobile per il prezzo di € 32.900.000,00, provvedeva ad iscrivere fra le rimanenze finali il valore di presumibile realizzo del medesimo immobile (stimato in € 30.400.000,00), al netto degli oneri accessori, contabilizzando una svalutazione di € 2.500.000,00; successivamente l’immobile veniva ceduto al prezzo di € 30.891.304,00. L’Ufficio riteneva che l’operazione commerciale indicata fosse priva di una valida ragione economica e recuperava a tassazione l’Iva dovuta sull’importo della svalutazione contabilizzata in bilancio, sostenendo trattarsi di imposta indebitamente detratta. I giudici di merito consideravano legittima la pretesa impositiva, affermando che la mera differenza negativa tra il prezzo di acquisto e quello di vendita dell’immobile rendeva antieconomica l’operazione.
La società contribuente presentava ricorso per cassazione sostenendo, fra gli altri motivi, la violazione dell’articolo 13 e dell’articolo 19, comma 1 D.P.R. 633/1972 dal momento che, a prescindere dalla congruità del prezzo di cessione dell’immobile, l’Iva (sul prezzo di acquisto dell’immobile) era stata regolarmente fatturata, pagata e portata in detrazione in quanto versata in relazione a somme effettivamente corrisposte, cosicché il recupero a tassazione dell’Iva sulla parte di prezzo versato doveva ritenersi illegittimo per contrasto con il principio di neutralità dell’Iva.
La Corte di Cassazione, nell’accogliere le doglianze della società ricorrente ha, in primo luogo, evidenziato che i principi affermati in materia di imposte sui redditi, secondo i quali rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio d’impresa, non sono immediatamente ed automaticamente applicabili in materia di detraibilità del tributo Iva.
In secondo luogo viene posto in evidenza che il sistema comune dell’Iva è ispirato al principio della neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività. Per cui, in tale contesto, il diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti non può essere limitato, in quanto rappresenta un principio fondamentale del sistema comune dell’imposta. Esso è correlato, infatti, alla sola esigibilità ed inerenza dell’acquisto del bene o servizio, senza contemplare alcun riferimento, e comunque non in modo diretto, al valore del bene o servizio, mentre, in condizioni normali, non è consentito all’Amministrazione finanziaria di rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto a detrazione per le ipotesi in cui il valore di tali beni e servizi sia ritenuto antieconomico e, dunque, diverso da quello da considerare normale; infatti, secondo la Corte di giustizia non vi sarebbe elusione od evasione fiscale se anche i beni o i servizi sono forniti a prezzi artificialmente bassi o elevati fra le parti, che godano entrambe del diritto a detrazione Iva, essendo solo a livello del consumatore finale che può ricorrere perdita di gettito fiscale.
Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti potrà essere negato dall’Amministrazione finanziaria solo quando la riscontrata antieconomicità dell’operazione commerciale rilevi quale indizio di non veridicità della fattura, nel senso di non verità ed effettività dell’operazione, oppure di non verità del prezzo o, ancora, di non esistenza dell’inerenza e cioè della destinazione del bene o servizio acquistati ad essere utilizzati per operazioni assoggettate ad Iva. Solo la presenza di una macroscopica e manifesta antieconomicità dell’operazione, unita ad ulteriori elementi oggettivi di riscontro circa la non effettività dell’operazione, potrà giustificare – secondo la Corte di Cassazione – una rettifica della detrazione Iva nel senso di attribuire al contribuente l’onere di dimostrare che la prestazione del bene o del servizio presenta comunque le caratteristiche per ritenersi reale ed inerente rispetto all’attività svolta.