Pro-rata e rettifica detrazione Iva: concetto di “bene ammortizzabile”
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’effettuazione di operazioni esenti nel settore immobiliare può portare delle conseguenze negative sia nella determinazione della percentuale di detrazione Iva (cd. “pro-rata”) di cui all’articolo 19-bis D.P.R. 633/1972, sia per la rettifica della detrazione Iva di cui all’articolo 19-bis2 dello stesso D.P.R. 633/1972.
Più in particolare, è opportuno comprendere quali siano le conseguenze sulla detrazione dell’Iva che derivano dalla cessione esente di beni immobili da parte delle imprese che operano nel settore immobiliare (imprese che hanno costruito o ristrutturato gli immobili, nonché le imprese che operano nella compravendita o nella gestione dei beni stessi).
In relazione al calcolo della percentuale di detrazione, l’articolo 19-bis D.P.R. 633/1972 stabilisce che devono essere esclusi dal calcolo (e quindi non devono essere indicate nel denominatore del rapporto che determina il pro-rata) le cessioni di beni ammortizzabili.
Sul punto, la circolare 25 del 1979 (ad oggi non risultano nuove e diverse indicazioni) aveva precisato che, per l’individuazione dei beni ammortizzabili, si deve aver riguardo “ai criteri di diritto comune“, ossia agli articoli 102 e 103 Tuir.
In altre parole, il bene ammortizzabile ceduto in esenzione non deve essere computato nel denominatore del calcolo della percentuale di detrazione se lo stesso costituisce un bene ammortizzabile ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Ad esempio, un’immobiliare di gestione che detiene un fabbricato ad uso ufficio (A/10) e decide di cederlo in esenzione (quale regime naturale ai sensi dell’articolo 10, n. 8-ter, D.P.R. 633/1972, salva l’opzione per l’imponibilità) esclude dal calcolo della percentuale di detrazione tale operazione, in quanto trattasi della cessione di un bene ammortizzabile (allocato contabilmente tra le immobilizzazioni).
A differenti conclusioni si perviene laddove lo stesso bene sia ceduto in esenzione (non avendo esercitato l’opzione) da parte dell’impresa immobiliare che detiene tale bene tra le rimanenze (in quanto immobiliare di compravendita o impresa che ha costruito o ristrutturato il bene per la successiva rivendita e che procede alla cessione dopo il decorso di cinque anni dall’ultimazione dei lavori).
Per quanto riguarda invece la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis2 D.P.R. 633/1972, è bene osservare che il comma 8 del citato articolo dispone che “agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione“.
A differenza di quanto visto per il calcolo della percentuale di detrazione, ai fini della rettifica della detrazione, gli immobili (abitativi o strumentali che siano) devono comunque considerarsi beni ammortizzabili, a prescindere dalle imputazioni contabili adottate.
Tornando all’esempio precedente, la cessione esente dell’immobile A/10 determina in entrambi i casi una possibile rettifica della detrazione, che in termini sostanziali dipenderà dal periodo mancante al compimento del decennio alla data della cessione stessa. Pertanto, se l’immobile è stato acquistato o costruito (in tale ultimo caso è necessario aver riguardo al momento di ultimazione dei lavori) nel 2016 e la cessione esente avviene nel 2019, la rettifica della detrazione riguarda 7/10 dell’Iva detratta al momento dell’acquisto (quale periodo mancante al compimento del decennio).
Quindi, laddove all’atto della cessione sia già decorso il periodo decennale dalla data di acquisto o ultimazione della costruzione (e relativa detrazione dell’Iva) la cessione esente del bene immobile non comporta la rettifica della detrazione in quanto è decorso il periodo di monitoraggio decennale previsto dall’articolo 19-bis2 D.P.R. 633/1972.