Problematica la variazione dei contratti d’appalto per le cooperative sociali
di Alberto RocchiSusanna BugiardiNegli ultimi due anni abbiamo vissuto situazioni senza precedenti, dalla pandemia agli aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia, che hanno inciso profondamente sulla vita economica.
Nello specifico mondo delle cooperative sociali, i cui introiti sono in larga parte legati all’esecuzione di contratti di appalto di servizi stipulati con organismi pubblici e privati, si è posto il problema della difficoltà ad adempiere nonché quello dell’erosione di margini per effetto dell’aumento dei costi.
D’altra parte, il sistema giuridico non sempre ha garantito adeguati correttivi all’aumento esponenziale dei rischi d’impresa per effetto di queste situazioni straordinarie.
La sospensione dell’attività durante il lockdown ha comportato una contrazione delle prestazioni rese dalle cooperative sociali.
Esse si sono così trovate nella condizione di dover comunque sostenere dei costi fissi (principalmente salari a beneficio dei soggetti svantaggiati) a fronte però di una riduzione dei ricavi correlata alle minori prestazioni rese.
Questo è particolarmente vero nel caso di contratti di appalto sottoscritti “a misura”, dove il corrispettivo è determinato in funzione delle singole parti del lavoro eseguito.
In questo caso, secondo il parere reso dall’Anac il 16 giugno 2022, il corrispettivo pattuito va rideterminato tenendo conto delle prestazioni effettivamente rese e risultante da una rendicontazione analitica delle attività svolte a cura dell’appaltante, che può procedere al pagamento della fattura emessa solo in esito alla verifica delle prestazioni realizzate nel periodo di riferimento.
Ciò comporta un’evidente penalizzazione delle cooperative sociali in quanto, dovendo esse sostenere i costi di una struttura organizzativa costruita in funzione del lavoro acquisito, si trovano a dover sopportare per intero l’onere delle sospensioni forzate che, di fatto, viene traslato su di loro dall’entità economica a monte.
Situazione purtroppo analoga si verifica oggi con l’iperbolico aumento del costo delle materie prime, che ha fatto lievitare l’onere delle prestazioni.
Nonostante in molti casi si possa ipotizzare la fattispecie prevista dall’articolo 1664 cod.civ. (aumento dei prezzi delle materie prime di oltre un decimo del corrispettivo pattuito) con spazio per una revisione delle condizioni iniziali, il contratto d’appalto pubblico è generalmente sottoposto ad un divieto di modifiche soggettive ed oggettive, sia per ragioni di contabilità della Stato che per la natura stessa dell’obbligazione contrattuale.
L’articolo 72 Direttiva 204/24/UE ha introdotto, per la prima volta, una disciplina unitaria che raggruppa tutte le norme riguardanti le effettive possibili modifiche al dettato contrattuale nella sua fase esecutiva.
In attuazione della disposizione comunitaria, l’articolo 106 D.Lgs. 50/2016 prevede che i contratti di appalto possano essere modificati senza una nuova procedura di affidamento se si verifica uno dei casi seguenti:
- se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali con una specifica pattuizione contrattuale che prevede la revisione prezzi;
- per lavori, servizi o forniture, supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale, dove un cambiamento del contraente produca entrambi i seguenti effetti:
- risulti impraticabile per motivi economici o tecnici, quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’appalto iniziale;
- comporti per l’ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi;
- se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’ente. In questo caso la modifica di contratto viene definita “variante in corso d’opera”;
- la modifica non altera la natura generale del contratto;
- se un nuovo contraente sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l’appalto
- se le modifiche non sono sostanziali, le stazioni appaltanti possono stabilire nei documenti di gara soglie di importi per consentire le modifiche.
Sul punto il comma 2-ter dell’articolo 7 D.L. 36/2022 (c.d. Decreto PNRR 2, convertito in legge con la L. 79/2022) reca una norma di interpretazione autentica della lett. c), n. 1, dell’articolo 106, comma 1, D.Lgs. 50/2016 a mente della quale “tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in modo significativo il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera.
Tuttavia, secondo il parere di Anac n.20 del 06.09.2022, allo stato, con riguardo ai contratti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti possono procedere a modifiche dei rapporti contrattuali in corso nei limiti indicati dall’articolo 106 del codice appalti, cioè solo se le modifiche sono previste chiaramente nei documenti di gara.
Per i contratti in corso il legislatore è intervenuto per mitigare gli effetti dell’eccezionale aumento dei prezzi solo per gli appalti di lavori (D.L. 73/2021) restandone invece esclusi gli appalti di servizi e forniture.
È pertanto fondamentate per le cooperative sociali inserire nei contratti di appalto clausole che prevedano la possibilità di revisione del corrispettivo e le modalità di determinazione delle modifiche delle condizioni economiche.
Va segnalato tuttavia che l’assenza di un meccanismo di compensazione/ revisione dei prezzi anche per gli appalti di servizi e forniture, analogo a quello disciplinato per i lavori, è stata evidenziata dalla stessa Anac, che “ha chiesto al Governo e al Parlamento un urgente intervento normativo per consentire la revisione dei prezzi negli appalti per far fronte agli esorbitanti incrementi delle materie prime nei contratti in corso di esecuzione riguardanti servizi e forniture”.