Procedure da sovraindebitamento: l’Agenzia nega la falcidia dell’Iva
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365Con la circolare 16/E/2018 pubblicata ieri, 23 luglio, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sull’istituto della transazione fiscale, ripercorrendo non solo le pronunce giurisprudenziali in materia, ma fornendo altresì alcuni chiarimenti in merito alle più recenti modifiche normative.
Rilevante è inoltre la decisa presa di posizione in materia di procedure da sovraindebitamento: nella parte finale della circolare viene infatti chiarito che le recenti modifiche normative non hanno inciso sulle disposizioni che regolano le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, sicché resta operante la disposizione sulla mera dilazionabilità dell’Iva e delle ritenute operate e non versate.
Quest’ultima considerazione contraddice pertanto le note pronunce del Tribunale di Pistoia (26.04.2017) e del Tribunale di Torino (07.08.2017), avendo l’Agenzia ritenuto di dover aderire (per ragioni che pare ovvio comprendere) alla formulazione letterale dell’articolo 7 L. 3/2012, in forza del quale “In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.
La transazione fiscale
La sentenza del 07.04.2016 resa Corte di giustizia europea nella causa C-546/14 ha rappresentato il primo punto di rottura con gli orientamenti fino a quel momento espressi dalla normativa nazionale in materia di falcidiabilità Iva ed ha aperto la strada, anche nel nostro Ordinamento, alla possibilità di pagare in misura ridotta l’Iva e le ritenute operate.
Il legislatore, prendendo atto del mutato quadro giurisprudenziale, con l’articolo 1, comma 81, L. 232/2016 ha modificato l’articolo 182-ter L.F. prevedendo la possibilità di falcidiare, all’interno del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, anche i debiti relativi all’Iva e alle ritenute operate e non versate.
Concordato preventivo
Nell’ambito del concordato preventivo, a seguito delle richiamate modifiche normative, non è più riconosciuta, in capo al contribuente, l’alternativa tra la procedura generale del concordato preventivo e quella speciale della transazione fiscale. Oggi, infatti, al debitore è riconosciuta un’unica possibilità, ovvero quella di specificare, nella proposta di concordato preventivo, il “trattamento dei crediti tributari” che intende effettuare.
L’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza che intende definire il trattamento dei crediti tributari deve quindi farlo attraverso la domanda di concordato preventivo o nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis L.F., sempre seguendo la procedura dettata dal nuovo articolo 182-ter della L.F..
Al fine di consentire il pagamento parziale del debito tributario, il nuovo articolo 182-ter L.F. richiede inoltre che, dalla relazione di un professionista, emerga, all’esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e la soddisfazione ricavabile nell’alternativa fallimentare, che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari e previdenziali.
Pertanto, nel caso in cui sia prevista la falcidia dell’Iva o delle ritenute, l’attestatore non dovrà esprimere soltanto il giudizio di veridicità dei dati aziendali e di sostenibilità prospettica del piano, dovendo anche confrontare i prevedibili esiti delle ipotesi alternative del concordato e della liquidazione fallimentare per dimostrare la maggior soddisfazione per l’Erario. Come precisa la circolare, ai fini del confronto, l’attestatore deve tenere conto anche del maggiore apporto patrimoniale, rappresentato dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale oppure ottenuto all’esito dell’attività liquidatoria gestita in sede concordataria.
Non si rende tuttavia necessario il deposito di un separato documento.
Ad ogni buon conto, l’attestazione del professionista circa la convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria non vincola l’Amministrazione finanziaria ad esprimere un voto favorevole: analogamente agli altri creditori, infatti, l’Agenzia delle entrate potrà votare negativamente, ad esempio, nelle ipotesi in cui i valori di liquidazione contenuti nella relazione del professionista appaiano sottostimati o incompleti o qualora, più in generale, il piano non appaia fattibile.
Si ricorda, da ultimo che la domanda di concordato così redatta deve essere:
- depositata presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente,
- consegnata agli uffici dell’Agenzia delle entrate e dell’Agente della riscossione competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore. Entro 30 giorni, l’Agenzia delle entrate territorialmente competente deve verificare il rispetto dei requisiti per l’ammissibilità, effettuare l’attività di controllo – consistente nella liquidazione delle dichiarazioni, nella notifica delle debite comunicazioni di irregolarità e degli eventuali avvisi di accertamento – e trasmettere al debitore e al commissario giudiziale la certificazione attestante il complessivo debito fiscale non ancora affidato all’agente della riscossione e non iscritto a ruolo. Contestualmente, l’Agente della riscossione, ricostruita la parte di debito tributario affidato o iscritto a ruolo, ha l’onere di trasmettere la relativa certificazione al debitore, al Direttore del competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate e al Commissario giudiziale.
In occasione del voto:
- il soggetto legittimato ad esprimere il voto è l’Agenzia delle entrate,
- è legittimato l’Agente della riscossione con esclusivo riguardo agli oneri di riscossone.
Pertanto, il debitore che nella domanda di concordato propone il pagamento parziale del credito tributario o contributivo privilegiato e opta per la suddivisione dei creditori in classi deve formare una classe creditoria apposita, nella quale far confluire la parte del predetto credito privilegiato non soddisfatta e degradata al rango di chirografo.
Ad esempio, se tra i creditori muniti di diritto di prelazione vi è anche l’Agenzia delle entrate e il debitore propone il pagamento del debito tributario nella misura del 30%, il residuo credito, pari al 70%, deve degradare al chirografo e confluire in una apposita classe. Detto credito, per la percentuale del 70%, sarà ammesso al voto e sarà soddisfatto, ai sensi dell’articolo 160, comma 4, L.F., con il limite minimo del 20%.
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