13 Marzo 2024

Processo tributario: i rischi “nascosti” dell’istanza di sospensione

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 47, D.Lgs. 546/1992, consente, al contribuente che impugna un atto innanzi alla competente Corte di giustizia tributaria di primo grado, di proporre istanza motivata nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria, finalizzata alla sospensione dell’esecuzione dell’atto medesimo, se da questo possa derivargli un danno grave e irreparabile.

È altresì previsto che il presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile e, comunque, non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione della medesima istanza, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima. L’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione non può, in ogni caso, coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia.

A seguito delle modifiche previste dall’articolo 1, comma 1, lett. s), D.Lgs. 220/2023, il comma 4 dell’articolo 47, D.Lgs. 546/1992, stabilisce che il collegio o il giudice monocratico, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata nella stessa udienza di trattazione dell’istanza. L’ordinanza è immediatamente comunicata alle parti.

È altresì previsto che l’ordinanza cautelare “collegiale” è impugnabile innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado entro il termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria, mentre quella del giudice “monocratico” è impugnabile solo con reclamo innanzi alla medesima Corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione collegiale, da notificare alle altre parti costituite nel termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria. Non sono impugnabili sia l’ordinanza che decide sul reclamo che l’ordinanza cautelare della Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

Si ritiene che la disposizione citata, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, D.Lgs. 220/2023, trovi applicazione ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado, nonché in Cassazione, con ricorso notificato successivamente alla data del 4.1.2024.

Ciò premesso, occorre focalizzare l’attenzione su un’altra importante novità introdotta dall’articolo 1, comma 1, lett. t), D.Lgs. 220/2023. Tale norma, introducendo l’articolo 47-ter, D.Lgs. 546/1992, ha previsto, per la prima volta nel processo tributario, la c.d. definizione del giudizio in esito alla domanda di sospensione.

In particolare, la novella legislativa ha stabilito che, fatta eccezione per il caso di pronuncia su reclamo, il giudice monocratico e il collegio, in sede di decisione della domanda cautelare, trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, possano definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari di voler proporre motivi aggiunti, ovvero regolamento di giurisdizione. Ove ne ricorrano i presupposti, il giudice monocratico e il collegio dispongono l’integrazione del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti, ovvero del regolamento di giurisdizione, fissando contestualmente la data per il prosieguo della trattazione.

Il giudice monocratico e il collegio decidono con sentenza in forma semplificata, quando ravvisano la manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso. In tali ipotesi, la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, a un precedente conforme.

La previsione non appena illustrata dà attuazione al criterio di delega volto alla semplificazione della normativa processuale, in analogia a quanto previsto dall’articolo 74, D.Lgs. 104/2010. L’obiettivo, pertanto, è di rendere il processo più rapido in presenza di evidenti elementi che consentono una definizione immediata del giudizio sia per questioni processuali che di merito.

In virtù di ciò, quindi, appare evidente come, in relazione ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 4.1.2024, la proposizione dell’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, debba essere attentamente ponderata dal difensore tributario, paventandosi il concreto “rischio” di una definizione immediata del giudizio, senza che questi abbia avuto la possibilità di discutere approfonditamente il merito delle questioni.

Da un lato, appare certamente condivisibile la volontà legislativa di semplificare la disciplina processuale e di ridurre i tempi della giustizia, ma, dall’altro, tale necessità – evidentemente – non deve andare a discapito del contribuente.

In definitiva, l’auspicio è che, pur ammettendo – per personale esperienza – l’improbabile accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza, la “manifesta” inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso non trovi facile applicazione, venendo rigorosamente limitata dai giudici a quelle ipotesi che si configurino ictu oculi come tali (il che, francamente, appare molto difficile nella pratica).