D’altronde, la stessa relazione illustrativa al D.Lgs. 220/2023 precisa che: “In attuazione del criterio direttivo di cui all’articolo 19, comma 1, lettera a), per deflazionare il contenzioso e garantire in ogni caso una maggiore effettività della tutela, viene introdotta una nuova ipotesi di litisconsorzio, mediante l’inserimento all’interno dell’articolo 14, di un nuovo comma 6-bis che stabilisce, in caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, la proposizione del gravame nei confronti di entrambi i soggetti. In tal modo si opera una concentrazione in un unico processo di una fattispecie che in passato ha generato una pluralità di giudizi paralleli, atteso che la Cassazione ha sempre escluso in questa ipotesi l’obbligo di integrazione del contradditorio”.
Sul punto, infatti, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale secondo il quale il contribuente che impugni una cartella di pagamento emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile alcun litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’onere per l’agente della riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, ai sensi dell’articolo 39, D.Lgs. 112/1999, qualora non voglia rispondere delle eventuali conseguenze negative della lite (Cassazione n. 16412/2007; Cassazione n. 10528/2017; Cassazione n. 8295/2018; Cassazione n. 16685/2019).
Tuttavia, è anche vero che lo stesso articolo 14, comma 3, D.Lgs. 546/1992, dispone che possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso.
In virtù di ciò, la suprema Corte di cassazione ha affermato che una mera interpretazione letterale della disposizione non appena indicata (che qualifica gli eventuali interventori come quei “soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato ovvero sono parti del rapporto tributario controverso”) potrebbe legittimare l’esclusione dell’intervento adesivo dipendente nel giudizio tributario.
Tale interpretazione, però, comporterebbe l’immotivata esclusione della possibilità di intervenire in giudizio per quei soggetti che, lungi dal far valere ragioni consistenti in utilità di mero fatto, sono portatori di un interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato anche dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti riflessi o indiretti del giudicato (Cassazione n. 255/2012; Cassazione n. 1400/2012; Cassazione n. 5375/2012, Cassazione n. 9537/2013; Cassazione n. 20803/2013; Cassazione n. 32118/2019).
Di qui, pertanto, la conclusione che sussiste l’interesse giuridico dell’ente che ha emesso l’atto presupposto, e del quale si lamenta il vizio di notificazione, a partecipare al giudizio proposto soltanto nei confronti dell’ente che ha, invece, emesso l’atto impugnato.
Tale posizione, evidentemente, ha poi portato alla novella di cui al citato articolo 14, comma 6-bis, D.Lgs. 546/1992, che dovrebbe quindi prevedere una nuova ipotesi di litisconsorzio necessario.