30 Settembre 2022

Processo tributario: onere della prova sempre a carico dell’Amministrazione finanziaria?

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

La legge di riforma del processo tributario ha introdotto una specifica disposizione circa l’onere della prova in giudizio a carico dell’Amministrazione finanziaria.

Invero il nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.Lgs. 546/1992, così come introdotto dall’articolo 6, comma 1, L. 130/2022, entrato in vigore lo scorso 16 settembre, recita che: «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati».

Innanzitutto si osserva che la novella codifica un principio che avrebbe già dovuto essere considerato la regola generale in materia di processo tributario, laddove prevede che l’Amministrazione finanziaria sia gravata dell’onere di provare le violazioni contestate.

Da sempre, infatti, si ritiene che nel processo tributario, l’Amministrazione finanziaria assuma la veste di attore in senso sostanziale, avendo l’onere di provare il fatto costitutivo della pretesa tributaria, e il contribuente quella di attore in senso formale, avendo l’onere di provare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa tributaria.

È anche vero però che la giurisprudenza di legittimità ha più volte invertito tale onere probatorio, soprattutto nelle ipotesi di contestazione dei costi portati in deduzione o dell’imposta portata in detrazione, stabilendo tout court che l’onere della prova spetti al contribuente.

Ad esempio, in tema di deducibilità dei costi, la Corte di Cassazione ha affermato che l’onere della prova della sussistenza del requisito di inerenza di un componente negativo di reddito spetta al contribuente, in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato.

Detto in altri termini, i giudici di vertice hanno precisato che spetta al contribuente dimostrare la riferibilità di un costo all’attività dell’impresa ovvero all’oggetto sociale dell’impresa, in quanto l’inerenza non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì una correlazione tra costo ed attività d’impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile (cfr., Corte di Cassazione, ordinanza n. 16597 dell’11.06.2021; Corte di Cassazione, sentenza n. 5494 del 06.03.2013).

Anche nella ipotesi di accertamento in ordine alla inesistenza, totale o parziale, delle operazioni commerciali fatturate, la Suprema Corte ha reiteratamente affermato che, a fronte della provata contestazione di operazioni (soggettivamente o oggettivamente) inesistenti, il contribuente ha l’onere di dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr., Corte di Cassazione, ordinanza n. 11737 del 12.04.2022).

Come detto, nel nuovo assetto delineato dalla riforma della giustizia tributaria, invece, l’onere della prova dovrebbe rimanere sempre a carico dell’Amministrazione finanziaria, e quindi anche nei casi non appena evidenziati, nei quali – come visto –  la Corte di Cassazione ha più volte invertito l’onere della prova.

Fanno eccezione tutte quelle ipotesi in cui l’inversione dell’onere della prova è conseguenza di una cd. presunzione legale (relativa o assoluta), dal momento che lo stesso articolo 7, comma 5-bis, D.Lgs. 546/1992 stabilisce che: «Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e … comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale».

A titolo esemplificativo si pensi alla presunzione legale relativa:

In tutti gli altri casi, e quindi anche nella ipotesi di ricorso a presunzioni semplici o semplicissime ai sensi dell’articolo 2729 cod. civ., il giudice sarà chiamato a valutare la fondatezza dell’accertamento senza poter invertire l’onere della prova (dunque, il contribuente non potrà essere gravato di tale onere).

Peraltro, così come espressamente previsto dalla citata novella, qualsiasi prova, e quindi anche la prova presuntiva, dovrà essere puntuale, circostanziata e non contraddittoria.

In difetto di ciò, il giudice non potrà fare altro che procedere con la declaratoria di nullità dell’atto impugnato.

Da ultimo, occorre rilevare che l’articolo 7, comma 5-bis, D.Lgs. 546/1992, coerentemente a quanto disposto, ha previsto che in caso di richiesta di rimborso, spetti al contribuente fornirne le ragioni, così come da consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., Corte di Cassazione, ordinanza n. 2834 del 06.02.2020).