Professione esercitata in forma societaria o associata: alcuni chiarimenti ai fini IRAP
di Goffredo Giordano di MpO PartnersIl 12 settembre u.s. la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26349/2023 pubblicata il 12 settembre u.s., è ritornata sul tema dell’assoggettabilità o meno all’IRAP dei redditi inerenti le professioni esercitate mediante studi associati o società.
L’origine dell’intervento della Suprema Corte è un ricorso in CTP presentato da un professionista avverso il silenzio-diniego a seguito di una richiesta di rimborso dell’IRAP versata in anni precedenti.
Le basi su cui fonda il ricorso il contribuente sono quelle relative ai compensi professionali derivanti dall’attività di Amministratore e/o Liquidatore e/o Sindaco di società e/o Revisore di Enti, svolti dai professionisti dello Studio, i quali, a detta del contribuente, derivano esclusivamente dal lavoro personale dei singoli associati.
Pertanto, i relativi redditi provenienti da tali attività professionisti non devono essere soggetti al pagamento dell’IRAP in quanto i professionisti non si avvalgono della struttura dello Studio associato operando in autonomia.
I Giudici di Primo Grado avevano accolto il ricorso presentato dallo Studio ritenendo che “la struttura associativa de qua non era diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi, ma piuttosto alla condivisione dei servizi e alla suddivisione delle relative spese”.
A tale decisione si è opposta l’Agenzia delle Entrate con ricorso presso la CTR la quale accoglieva le richieste dell’Amministrazione Finanziaria ritenendo che l’associazione professionale presentasse “i requisiti dell’autonoma organizzazione previsti dall’art. 2 L. 446/92, in quanto risulta creata dagli associati, non solo per ridurre le spese della struttura associativa, ma altresì per ottenere un’organizzazione in grado di migliorare la produzione e lo scambio di beni e servizi condivisi dagli associati”.
Nell’argomentare la decisione contenuta nell’Ordinanza in commento la Suprema Corte, richiamando la copiosa giurisprudenza in materia (Cass., Sez. Un., n. 7371 del 2016; Cass. n. 12763 del 2017, Cass. n. 30873 del 2019 e Cass. n. 3622 del 2019), ribadisce il concetto che “l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce “ex lege” presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività”.
Inoltre, per la Corte di Cassazione tale principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria “avente ad oggetto “non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa” (in tal senso anche Cass. n. 18920 del 2016 e Cass. n. 30873 del 2019)”.
Pertanto, deve essere assoggettato ad IRAP il reddito dello studio associato a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati.
Infine, ha ribadito il concetto secondo il quale “l’eventuale esclusione da IRAP delle società semplici (esercenti attività di lavoro autonomo), delle associazioni professionali e degli studi associati è subordinata unicamente alla dimostrazione che non viene esercitata nessuna attività produttiva in forma associata. In altre parole, va provato che il vincolo associativo non si è, in realtà, costituito” (Cfr. Cass. 31/10/2018, n.27843).