3 Marzo 2015

Professionisti e tecnologia, dove stiamo andando

di TeamSystem
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Si è appena tenuto al Politecnico di Milano il convegno dal titolo: Professionisti in digitale? Un valore per imprese e clienti. L’incontro aveva il compito di illustrare i risultati della ricerca che il team guidato da Claudio Rorato, Responsabile della Ricerca Osservatorio ICT & Professionisti, ha realizzato durante lunghi mesi di lavoro. Tanti i temi affrontati durante l’incontro che si è rivelato un avamposto interessantissimo per capire dove stiamo andando e in che modo.

 

Il campione della ricerca

La ricerca è stata circoscritta agli studi di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro ai quali si aggiunge la categoria degli studi Multidisciplinari che uniscono diverse professioni a un unico soggetto lavorativo. Il campione della ricerca è composto da 1833 studi che hanno compilato un totale di 6600 questionari. La popolazione di riferimento conta 373.000 iscritti agli ordini territoriali e 153.000 studi. Una popolazione che serve quotidianamente tre milioni e mezzo di aziende.

 

Il digitale negli studi

Fra le varie tematiche affrontate nel corso dell’evento, una ci ha particolarmente interessato: è quella relativa al rapporto fra professionisti e tecnologia.

Nonostante la crisi e la diminuzione della redditività per il 57% degli Studi, l’organizzazione del lavoro al loro interno non sembra recepire appieno la possibilità di adottare alcuni strumenti, fra i quali anche quelli informatici, per recuperare almeno un po’ di efficienza interna e difendere la marginalità, compromessa dalla crisi economica. Il business è ancora prevalentemente tradizionale (gestione della contabilità, gestione paghe, gestione contenzioso), anche se I’attività consulenziale propriamente detta vale poco più del 30%, in crescita rispetto alle rilevazioni precedenti (20%), segno di un graduale spostamento dell’attività verso contenuti a marginalità più interessanti”.

 

La situazione

Gli archivi digitali a norma rappresentano ancora una quota residuale e si attestano poco sotto il 20% sul totale di quelli cartacei. “La percentuale di adozione delle tecnologie informatiche diminuisce, -racconta Claudio Rorato – passando da quelle indispensabili per svolgere alcune attività o richieste dalla normativa (firme elettroniche o software per l‘accesso a piattaforme per la gestione di dichiarativi telematici), a quelle più tipiche per fare efficienza o per migliorare il controllo sulla gestione (software per la Gestione Elettronica Documentale, per il controllo di gestione, portali per la trasmissione e/o la ricezione di documenti o la condivisione di attività)”.

Soltanto il 29% degli Studi rileva il tempo assorbito dalle singole attività e dai clienti; il 30%, addirittura, la considera un’attività inutile, ritenendo sufficiente il controllo diretto nello Studio. I meno propensi a eseguire questa rilevazione sono gli Avvocati (8%). Il 22% dispone di un budget di Studio, il 30% è intenzionato ad adottarlo, mentre il 47% non lo ritiene utile. In questo momento la percentuale di adozione del budget cresce con l’aumentare della redditività dello studio, mentre l’interesse a utilizzarlo si distribuisce quasi equamente tra le diverse fasce di variazione reddituale, con la punta minima (28%) tra gli studi che registrano una redditività in calo oltre il 10%. Gli strumenti per il controllo del tempo assorbito dalle attività e dai clienti sono utilizzati molto di più da coloro che predispongono il budget annuale, rispetto a coloro che ne fanno a meno.

I Professionisti percepiscono il declino di alcuni strumenti office – continua Rorato – in particolare fax e stampanti. Più attenuata la percezione di tale decrescita per le stampanti multifunzione. Solo gli scanner vengono percepiti con un futuro in crescita, a significare una volontà proiettata verso la dematerializzazione più spinta dei documenti, anche per migliorare l’integrazione digitale delle varie fasi lavorative”.

 

Innovazione law driven

In Italia l’innovazione tecnologica per il mondo dei professionisti è ancora “law driven”. Ci si adegua quando viene richiesto dalle istituzioni, ma non nasce spontaneamente come strumento per evolversi e migliorare. “Il maggiore interesse, abbastanza trasversale a tutte le Professioni — compresi gli Studi Multidisciplinari — è indirizzato verso gli ambiti resi cogenti dalla normativa: Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale a norma dei documenti. La nota positiva sono le elevate percentuali di interesse, che oscillano dal 40% al 63%. L’ineluttabilità di certe scelte è accompagnata anche da una maggiore comprensione dell’utilità di alcune tecnologie e della loro applicabilità sul fronte dei servizi da offrire alla clientela. L’interesse per alcune tecnologie non si traduce, però, totalmente in servizi erogati, sia per la volontà dei Professionisti, sia per la scarsa propensione da parte delle aziende più interessate alla consulenza economica legata alla gestione aziendale o alle attività di marketing, comprensive della ricerca di nuovi mercati”.

 

Cosa dimostra la ricerca

L’insieme di queste informazioni testimonia l’esistenza di una “cultura digitale” ancora in divenire, poco propensa a fare vera innovazione. “Solamente il 26% del budget, che i professionisti destineranno nel prossimo biennio alle ICT, sarà indirizzato verso nuovi progetti software o hardware, comprensivi del cloud computing. La parte preponderante riguarderà, invece, l’adeguamento normativo o la manutenzione dell’esistente. D’altro canto il budget medio del prossimo biennio destinato agli investimenti in ICT (6.300 euro la media per ogni studio) non può generare innovazioni spinte, pur nella consapevolezza che è diverso l’andamento nelle singole Professioni e negli Studi Multidisciplinari. La redditività condiziona, inoltre, la propensione a investire: al migliorare della prima, cresce, infatti, la seconda. La cultura digitale viene, tuttavia, percepita da una quota di Professionisti (43%) come un gap da colmare, attraverso percorsi formativi specifici su ICTe attività tipiche”.