Profili IVA del “reward-based crowdfunding”
di Marco PeiroloPaolo CentoreDopo avere esaminato il trattamento IVA dei modelli operativi di crowdfunding con “ritorno finanziario”, si affrontano ora i principali profili IVA relativi al “reward-based crowdfunding”, che – insieme al “donation-based crowdfunding” – costituisce uno dei modelli operativi di finanziamento collettivo on line con “ritorno non finanziario”, caratterizzato dal fatto che i fondi sono erogati a fronte di una ricompensa in natura, rappresentata da beni o servizi.
Si tratta, in particolare, di approfondire:
- se la fornitura dei beni o servizi in cambio del finanziamento sia un’operazione rilevante ai fini IVA;
- se il finanziamento erogato possa qualificarsi come pagamento anticipato dei beni o servizi successivamente forniti all’investitore;
- quale sia la base imponibile della fornitura dei beni o servizi ricevuti in cambio del finanziamento;
- se la fornitura dei beni o servizi di “valore simbolico” sia soggetta ad un trattamento IVA diverso.
In merito al primo aspetto, dato che assumono rilevanza ai fini impositivi le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, occorre verificare, da un lato, se il beneficiario sia un “soggetto passivo che agisce in quanto tale” e, dall’altro, se sussista un nesso sinallagmatico tra i beni e servizi forniti e il finanziamento ricevuto.
A quest’ultimo riguardo, è indispensabile che l’operazione sia inserita all’interno di un rapporto economico che preveda prestazioni reciproche, nel senso che alla cessione o prestazione deve fare riscontro una controprestazione che, all’interno di un determinato rapporto giuridico, trovi la sua causa nella predetta cessione o prestazione. La sussistenza di una stretta correlazione tra prestazione e controprestazione, nell’ambito di una determinata pattuizione tra le parti, è stata posta in evidenza dalla Corte di Giustizia, per la quale una cessione o prestazione s’intende effettuata a titolo oneroso, configurando un’operazione soggetta a IVA, soltanto quando fra il fornitore e il cliente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal fornitore costituisca il controvalore effettivo del bene o servizio fornito al cliente (causa C-16/93 del 3 marzo 1994).
Tenuto conto che il beneficiario del finanziamento deve essere un soggetto passivo che agisce in quanto tale, ad essere rilevante è la nozione contenuta nell’art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui si considera soggetto passivo chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, a prescindere dallo scopo o dai risulti di tale attività.
Dato, inoltre, che il “reward-crowdfunding” è uno strumento finanziario utilizzato soprattutto da start-up e PMI innovative, occorre chiedersi se, nella fase iniziale dell’attività, la soggettività passiva sussista in capo a tali operatori anche in assenza di operazioni imponibili.
Sulla questione si è pronunciata la Corte di giustizia, in particolar modo con riguardo all’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA sulle spese propedeutiche all’attività d’impresa. Secondo la Corte, le attività economiche che qualificano l’operatore come soggetto possono consistere in vari atti consecutivi e, in ogni caso, gli atti preparatori, come quelli diretti a procurarsi i mezzi per esercitare siffatte attività, fanno parte integrante delle attività economiche (causa C-268/83 del 14 febbraio 1985). Di conseguenza, colui che acquisti beni e servizi ai fini dell’esercizio di un’attività economica agisce come soggetto passivo anche se i suddetti beni e servizi non sono immediatamente utilizzati nell’ambito della medesima (causa C-97/90 dell’11 luglio 1991) ed, anzi, la soggettività passiva non viene meno, sicché la detrazione operata “a monte” risulta acquisita, neppure nell’ipotesi in cui, successivamente alle spese sostenute, si decida di non passare alla fase operativa, abbandonando il progetto o mettendo l’impresa in liquidazione (causa C-110/94 del 29 febbraio 1996).
In merito al secondo aspetto considerato, cioè se il finanziamento erogato possa qualificarsi come pagamento anticipato dei beni o servizi successivamente forniti all’investitore, occorre osservare che, nella maggior parte dei casi, quest’ultimo riceve la ricompensa – sotto forma di beni o servizi – in un momento successivo rispetto a quello in cui ha erogato il finanziamento. Tenuto conto che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, il pagamento anticipato, in tutto o in parte, del corrispettivo implica che la cessione o prestazione si consideri effettuata, limitatamente all’importo pagato, alla data del pagamento e che in tale momento la relativa imposta diventi esigibile (art. 6, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972, corrispondente all’art. 65 della Direttiva n. 2006/112/CE), la Corte di Giustizia ha affermato che, affinché l’IVA sia esigibile senza che la cessione o prestazione sia stata già effettuata, è necessario che tutti gli elementi della futura operazione siano già noti e, dunque, che, al momento del pagamento dell’acconto, i beni o servizi siano specificamente individuati (cause riunite C-254/14 e C-289/14 del 23 dicembre 2015).
Nel caso di specie, ciò significa che l’incasso del finanziamento determina l’esigibilità dell’IVA se i beni o servizi sono noti e non, invece, allorché gli stessi siano individuati in modo generico (causa C-107/13 del 13 marzo 2014).
Passando ad esaminare il terzo aspetto, legato alle modalità di determinazione della base imponibile della fornitura dei beni o servizi ricevuti in cambio del finanziamento, nonostante il finanziamento sia erogato al beneficiario non direttamente dall’investitore, ma per mezzo dell’intermediario che gestisce la piattaforma on line di raccolta dei capitali, la base imponibile è pari all’importo complessivo del finanziamento (causa C-353/00 del 13 giugno 2002). La commissione di intermediazione eventualmente pagata si considera, pertanto, riferita ad una autonoma operazione (causa C-18/92 del 25 maggio 1993).
L’ultimo profilo da analizzare è quello dei riflessi IVA del finanziamento erogato a fronte di beni o servizi di “valore simbolico”, cioè non in linea con il loro valore di mercato.
Sulla base delle indicazioni della giurisprudenza unionale, l’operazione mantiene carattere oneroso – ed è quindi soggetta a IVA – indipendentemente dal risultato, nel senso che è irrilevante la circostanza che il prezzo di vendita dei beni o servizi sia superiore o inferiore al loro prezzo di acquisto o di costo (causa C-103/09 del 22 dicembre 2010). Con specifico riguardo all’esercizio della detrazione, la Corte UE ha però affermato che, salvo il caso in cui il prezzo di vendita sia puramente simbolico, la detrazione compete in misura integrale e non in proporzione alla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto o di costo e sempreché non vi sia abuso o evasione (causa C-267/15 del 22 giugno 2016); quindi, laddove il minore prezzo sia ragionevolmente giustificato o giustificabile.
In linea con quanto prospettato dal Comitato IVA nel Working Paper n. 836 del 6 febbraio 2015, può ritenersi che il finanziamento erogato dall’investitore non rappresenta il corrispettivo dei beni o servizi ricevuti dal beneficiario se di valore pressoché nullo o, comunque, del tutto slegato all’importo del finanziamento concesso.
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