Sotto il profilo penale, per i soggetti che hanno aderito alla procedura collaborativa, la normativa prevede la non punibilità per determinate fattispecie delittuose.
Orbene, terminata la procedura di collaborazione volontaria, diviene senz’altro interessante esaminare i riflessi penali più strettamente correlati all’adesione alla procedura, con specifico riferimento alle ipotesi di non punibilità espressamente previste ai sensi dell’art.5-quinquies, lett.a), L. n.186/14 per numerosi reati tributari, specificatamente per i reati di omessa e infedele dichiarazione, di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false o di altri artifici nonché per i reati di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento Iva.
Con specifico riferimento ai reati tributari, emerge l’intenzione del Legislatore di escludere la punibilità unicamente per i cosiddetti reati dichiarativi, mentre vengono lasciati fuori dal novero dei reati non punibili le condotte di “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, al pari dei delitti di “occultamento o distruzione di documenti contabili” e “indebita compensazione”.
L’adesione alla procedura di collaborazione volontaria prevista dalla L. n.186/14 ha garantito la non punibilità anche per il nuovo reato di autoriciclaggio ossia per “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.
Tale previsione ha reso certamente più appetibile la scelta di far rientrare i capitali detenuti all’estero dato che anche nel contesto internazionale si è progressivamente intensificata l’azione di contrasto all’evasione fiscale anche tramite un più efficace scambio di informazioni ed una maggiore trasparenza.
Per quanto riguarda invece il reato di riciclaggio, preme dare evidenza che anteriormente al 2015 (dunque prima dell’entrata in vigore del reato di autoriciclaggio) l’attività di riciclaggio non poteva essere contestata a chi avesse commesso, o avesse concorso a commettere, il reato presupposto, motivo per cui sembrerebbe che i benefici offerti dalla voluntary disclosure siano in realtà a tutto vantaggio del soggetto che, a seguito di un reato commesso da altri, abbia successivamente provveduto ad occultarne i proventi.
Naturalmente, le ipotesi delittuose possono realizzarsi anche attraverso la semplice adesione alla procedura di collaborazione volontaria atteso che, ferma restando l’eventuale configurazione di reati di falso, può accadere che in seguito alla presentazione dell’istanza vengano commessi illeciti di natura penale: basti pensare ad un soggetto che, ad esempio, abbia eseguito una voluntary disclosure tramite interposizione fittizia ovvero, ancora, all’ipotesi in cui abbia omesso l’indicazione di provenienza delittuosa dei capitali oggetto di emersione.
Sarà dunque interessante verificare l’atteggiamento della magistratura inquirente in relazione alle ipotesi di reato che potrebbero emergere anche grazie alla stretta cooperazione con l’Amministrazione finanziaria che, si ricorda, entro trenta giorni ha l’obbligo di comunicare all’Autorità Giudiziaria l’avvenuta conclusione della procedura conciliativa.