Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico
di Andrea ValiottoLO SCAMBIO. COME GRAMSCI NON FU LIBERATO
Giorgio Fabre
Sellerio
Prezzo – 24
Pagine – 536
È quasi automatico immaginare la prigionia di Antonio Gramsci come un monotono decennio di isolamento intransigente e intellettualmente operoso. Una condizione movimentata soltanto da difficili e rarefatti contatti con l’esterno e da una assai controversa partecipazione al dibattito politico. A render ancor meno esatte certe correnti rappresentazioni ha contribuito la continua polemica su colpe, responsabilità o tradimenti. Lo scambio è l’accurata e ineccepibile ricostruzione della detenzione di Gramsci e soprattutto dei ripetuti tentativi di liberarlo (a lungo ignorati o negati). Una ricostruzione che aiuta a caratterizzare meglio la vera immagine di un grande pensatore e leader politico, prigioniero del fascismo e di tempi terribili. L’obiettivo è quello di fare chiarezza di visioni mitiche o, all’opposto, di dietrologie complottarde. Ma non è la polemica il suo obiettivo, bensì riuscire a districare l’ingarbugliata matassa dei fatti che condussero alla fine a «come Gramsci non fu liberato». I tentativi furono un certo numero, operati da più parti (Gramsci per primo), condotti da diversi agenti, con vari intermediari e per via di trattative sotterranee che si intersecavano con affari diplomatici e questioni di politica internazionale; tutti naufragati a causa di errori e di illusioni (di Gramsci stesso in primo luogo), per l’invincibile avversità di Mussolini, per l’indifferenza sostanziale di potenze politiche (quali il Vaticano e la Chiesa), ed inoltre per il convergere di circostanze ostili, piccoli calcoli politici contrari, ingenuità. E di fatto, alla medesima storia di una liberazione fallita appartengono vicende emerse a scoppio ritardato decenni dopo: sia le polemiche storiografiche che hanno ricamato le prime rivelazioni sulle trattative, sia i depistaggi, gli occultamenti e le falsificazioni con cui si cercò di mascherare «segreti» imbarazzanti per molte parti. Su ognuno di questi momenti, soprattutto quelli poco noti o ignoti, si china la lente d’ingrandimento di Fabre: sui pezzi interessanti delle biografie di ciascuno degli agenti e degli attori alcuni dei quali finora sconosciuti, su tutte le carte che si incrociavano compresi biglietti apparentemente innocui o messaggi ritenuti indecifrabili, su tutte le coincidenze a prima vista irrilevanti, sui molti misteri, su certi inspiegabili comportamenti, mezze ammissioni, silenzi. Ne risultano pagine di storia investigativa e politica piene di sorprendenti illuminazioni su uno dei più opachi casi politici italiani. La loro lettura risulta avvincente anche nel metodo: il lavoro interpretativo di scoprire nuove fonti archivistiche e di incrociarle con altri dati.
ANIME NERE
Gioacchino Criaco
Rubbettino
Prezzo – 14
Pagine – 230
Un noir mozzafiato, esploso dal ventre della Locride, gravido di segreti malcelati. Anime nere traccia la parabola esistenziale di tre giovani figli dell’Aspromonte che, bramosi di conquistare una vita diversa da quella ricevuta in dote, intraprendono un cammino fuori dalle regole. Danno e subiscono violenza, in un crescendo febbrile che dilagherà sempre più lontano: dal nord Italia all’Europa. I personaggi, Luciano, Luigi e la voce narrante, percorrono sino in fondo il sentiero di sangue da loro stessi tracciato. Sono contigui alla ‘ndrangheta. E cattivi. Ma alla loro cattiveria hanno contribuito in tanti. La distinzione fra il bene e il male è però netta, impietosa, anche se nella loro vita, oltre alla violenza e al dolore, c’è una realtà inaspettata, fatta di affetti, amore, arcaicità. E c’è il mondo modernissimo di Milano, dei traffici, della corruzione. Sulla loro strada incontrano trafficanti di droga, terroristi arabi, imprenditori, politici, in una commistione che riflette il volto impresentabile della Nazione.
IL GRINGO VECCHIO
Carlos Fuentes
Il Saggiatore
Prezzo – 18
Pagine – 201
Nel 1913 Ambrose Bierce, scrittore e giornalista statunitense ormai settantenne, noto per un pessimismo tanto radicale e beffardo da valergli il soprannome di Bitter, «l’amaro», scrisse agli amici parole d’addio, entrò in Messico attraversando il Rio Grande e – si dice – si unì alle truppe rivoluzionarie di Pancho Villa, per poi svanire nel nulla. Il mistero della sua scomparsa ha affascinato generazioni di scrittori, e il suo mito rivive nell’abbagliante immaginazione di Carlos Fuentes. Una morte gloriosa, anche se per una causa in cui non crede: a questo aspira Bierce, gringo vecchio e tormentato, montando una cavalla bianca sotto il sole arrabbiato e il vento crudo del deserto di Chihuahua. Terre abbandonate, fangaie, saline, vecchie miniere. Terre di indios non sottomessi, spagnoli rinnegati e disgraziati ladri di bestiame. Lo assillano i ricordi della guerra civile – Nono Reggimento dei Volontari dell’Indiana –, e la frivola civiltà nordamericana continua a solleticare il suo glaciale cinismo, già spinto al parossismo dalla tragica perdita di due figli. Meglio dunque morire per mano d’altri che di vecchiaia o di suicidio. Meglio la rivoluzione. In Messico il gringo vecchio entra in contatto con Tomás Arroyo, giovane generale di Villa, arrogante e passionale, e con Miss Harriet Winslow, compatriota ingenua e testarda che si ostina a non abbandonare l’hacienda dove è stata chiamata come insegnante, persino dopo la fuga dei proprietari. L’incontro fra queste figure – ognuna rinchiusa nella propria storia individuale e nei confini mentali del proprio retroterra nazionale, mentre sullo sfondo furoreggia la Storia – illumina l’epopea della rivoluzione messicana nella prospettiva del tragico e paradossale impatto fra due culture inconciliabili, eppure così intimamente legate l’una all’altra. E al dualismo Stati Uniti-Messico si affianca nel Gringo vecchio l’incessante contrasto universale fra realtà e illusione, natura e civiltà, amore e odio, speranza e disperazione, che fa di questo romanzo una delle più alte espressioni del simbolismo barocco e visionario di Fuentes, maestro riconosciuto della letteratura latinoamericana.
L’ALLEGRIA, IL PIANTO, LA VITA
Eugenio Scalfari
Einaudi
Prezzo – 18
Pagine – 152
La natura più profonda dell’uomo tende alla pace o alla guerra? Quale dei due sentimenti – il potere e l’amore – è quello che più fa girare la ruota della vita? E come si colloca la politica tra queste spinte contrapposte? Un diario vitalissimo in cui si intrecciano i ricordi, le pagine dei libri più amati, la passione per il mondo sempre accesa. Un vero e proprio zibaldone, avvincente e penetrante, scritto da uno degli intellettuali di riferimento del nostro tempo. «C’è un momento nella vita in cui viene voglia di raccontare i propri pensieri, gli incontri, i desideri, le sofferenze, la gioia e la fatica del vivere, l’allegria e la tristezza. A me è venuto in mente da molto tempo e l’ho anche fatto nei libri che ho scritto e l’ho cercato in quelli che ho letto, ma non ho mai usato la forma del diario. Adesso, forse perché sono vicino alla fine del viaggio, quella voglia m’è venuta». Guardando ai grandi modelli classici, dagli Essais di Montaigne allo Zibaldone di Leopardi, Eugenio Scalfari compone con sapienza e fervido acume il suo breviario filosofico, personalissimo e universale. Il passato infatti è un deposito. Vive nella memoria, cambia con la memoria. Non è un cimitero, niente affatto, piuttosto una sorgente a cui attingere riflessioni, letture amate, aneddoti. Per la prima volta nella scrittura di Scalfari, è la forma letteraria del diario a dare scansione al pensiero. A essere registrati non sono tanto gli accadimenti, ma i mutamenti interiori generati dalla realtà intorno. L’insoddisfazione per la classe dirigente attuale, per esempio, e per il popolo che la seleziona ed elegge. L’esigenza di riaccostarsi a certi classici del pensiero politico, da Bakunin a Mazzini a Machiavelli. Ma anche il ricordo intimo di momenti dolorosi, privati e pubblici, che lo hanno portato al pianto. Un nuovo tassello di quel mosaico intellettuale che Eugenio Scalfari va disegnando libro dopo libro, tenendo fortemente insieme le diverse generazioni di cui è fatto il suo pubblico.
LA BIBLIOTECA DI NONNA HULD
Thorarinn Leifsson
Salani
Prezzo – 13,90
Pagine – 224
Albertína ha undici anni, e vive con i suoi genitori nel nuovissimo complesso residenziale La Gabbia Dorata, in un appartamento senza libri, perché la lettura è considerata dannosa per i bambini e da tempo è stata bandita ogni forma di parola scritta e di informazione. Il suo unico rifugio è il bagno, dove può leggere cose interessanti come «balsamo nutriente per capelli» e «una pastiglia due volte al giorno». La città intorno a lei è ostile e deserta, le gru dei cantieri incombono ovunque e i suoi genitori sono sempre tristi e preoccupati per le continue visite di un rappresentante della perfida Banca Aurea, detentrice del mutuo stipulato per l’acquisto di quel terribile appartamento. Anche a scuola, nell’Istituto Cimici, le cose non vanno molto meglio, visto che gli studenti devono calcolare rate e interessi tutto il giorno. Ma poi, un giorno, nell’asettica Gabbia Dorata arriva la trisavola di Albertína, la bizzarra Nonna Huld, con la sua sterminata, polverosa e interessantissima biblioteca e ha inizio la più straordinaria delle avventure per salvare il mondo dalla cattiveria e dell’ignoranza.