21 Settembre 2022

Proroga riversamento crediti per ricerca & sviluppo: arrivano chiarimenti?

di Andrea Ramoni
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

A pochi giorni dal termine per aderire spontaneamente alla speciale sanatoria riservata alle indebite compensazioni, i contribuenti si trovano obtorto collo nelle condizioni di dover decidere senza la necessaria consapevolezza e soprattutto con il rischio, da ritenersi particolarmente elevato, di rigetto dell’istanza. In tal caso, le conseguenze negative previste dalla norma sono potenzialmente senza rimedio.

È dunque auspicabile che la proroga di tale termine, dal 30 settembre al 31 ottobre, contenuta nella bozza del Decreto Aiuti-ter licenziata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 settembre, costituisca il preludio alla pubblicazione di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, da più parti invocati. In difetto, diverse sarebbero le ragioni che impongono la massima cautela nell’assumere una decisione, qualunque essa sia. Ma andiamo con ordine.

A mente dell’articolo 5, comma 7, D.L. 146/2021, i soggetti che alla data di entrata in vigore del predetto decreto hanno utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 D.L. 145/2013, maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, possono effettuarne il riversamento dell’importo, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Dal punto di vista oggettivo, il successivo comma 8 delimita l’ambito di applicazione della sanatoria ai soggetti che abbiano anche alternativamente:

  • realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta;
  • applicato l’articolo 3, comma 1-bis, D.L. 145/2013, in maniera non conforme “a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”;
  • “commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità nonché nella determinazione della media storica di riferimento”.

L’accesso alla sanatoria è tuttavia escluso nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta.

Insomma, un ventaglio di circostanze caratterizzato da confini poco delineati, soprattutto in relazione al concetto di “inidoneità” della documentazione, che ben si presta a diverse interpretazioni.

Ulteriore causa ostativa alla definizione è costituita dall’avvenuta notifica dell’atto di recupero o di altri provvedimenti impositivi divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del D.L. 146/2021, con i quali sia stata accertata l’indebita compensazione, ma tale limitazione non pare creare problemi interpretativi, anche alla luce del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n.188987/2022.

Problemi, di elevata caratura, che invece si ravvisano quando manchi la predetta definitività ovvero in presenza di contestazioni formulate con atto istruttorio. Facciamo un semplice esempio.

Si pensi al processo verbale di costatazione elevato nel corso del 2021, a valere sulle compensazioni effettuate nel 2019 ovvero riferite ai progetti di ricerca e sviluppo dell’anno 2018, al quale non sia ancora seguita la notifica dell’atto di recupero. Con esso si contesta (situazione tipica) l’indebita compensazione a causa di un’asserita insussistenza dei presupposti previsti Manuale di Frascati. In altri termini: il progetto è stato posto in essere ma non possiede i requisiti per beneficiare del credito di imposta.

In tal caso, almeno secondo l’interpretazione (criticabile) fornita dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 31/E/2020, “si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito «inesistente» per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo”, circostanza impeditiva dell’efficacia della sanatoria stessa.

Nelle more, molto probabilmente, la società sottoposta a controllo avrà anche ricevuto la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, con la quale si invita a prendere in considerazione l’ipotesi della sanatoria, che enfatizza i benefici, ma trascura le conseguenze negative in caso di rigetto dell’istanza:

  • acquisizione delle somme già versate quale acconto sugli importi dovuti;
  • venir meno dello “scudo penale” ovvero della non punibilità per il delitto di indebita compensazione cui all’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000.

Si andrebbe dunque delineando uno scenario poco edificante per il contribuente, poiché i rimedi a sua disposizione sarebbero del tutto teorici: nulla vieterebbe l’impugnazione del successivo atto di recupero, ma questa dovrebbe vertere su vizi non riconducibili al merito, per il quale ci si è di fatto autodenunciati.

L’alternativa resta dunque quella di lasciare decorrere inutilmente il termine per aderire alla sanatoria, sapendo però che anche alla sola lettera ricevuta dall’Agenzia delle Entrate seguirà verosimilmente una contestazione: proprio in questi giorni, infatti, si sta assistendo ad una corsa alla notifica della conclusione delle verifiche in essere da mesi. Un segnale da non trascurare.