Proseguono le modifiche alla riforma del terzo settore – II° parte
di Luca CaramaschiIn considerazione di quanto premesso con il precedente contributo, proseguiamo ora l’analisi delle modifiche apportate al nuovo codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) dal D.L. 119/2018, convertito nella L. 136/2018, con l’obiettivo di migliorarne l’operatività e in taluni casi, ampliarne i contenuti.
Nuova soglia di tolleranza per valutare le attività di interesse generale
Dove si poteva fare certamente di più è con riferimento alla disposizione che aiuta a comprendere la natura (commerciale o non commerciale) dei nuovi enti del terzo settore; verifica che, è bene ricordarlo, parte dalla preliminare analisi della natura dell’attività di interesse generale svolta dall’ente del terzo settore.
L’articolo 79 D.Lgs. 117/2017 è certamente la disposizione che, all’interno delle previsioni di carattere fiscale applicabili a tutti gli ETS, riveste un ruolo di centralità: è a esso, infatti, che il legislatore delegato ha affidato il compito di “definire” la natura commerciale o non commerciale dei nuovi ETS, passando in via preliminare dall’individuazione della natura commerciale o meno delle attività svolte e dei proventi conseguiti dai medesimi soggetti.
Sotto quest’ultimo aspetto è interessante rilevare come il legislatore, con il D.Lgs. correttivo 105/2018, avesse perso l’occasione di “ammorbidire” il rigido criterio basato sul confronto tra corrispettivi e costi effettivi, posto che, nella versione finale del provvedimento, era stato stralciato quel comma 2-bis che era invece comparso nella bozza del decreto almeno fino a pochi giorni dalla sua approvazione definitiva.
Detto comma 2-bis precisava che “le attività di cui al comma 2 si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 10% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre 2 periodi di imposta consecutivi”, nel tentativo appunto di attenuare l’estrema rigidità del confronto tra ricavi e costi in forza del quale, tuttavia, nella versione definitivamente approvata, anche lo scostamento di un euro determinava il mutamento di natura dell’attività di interesse generale svolta dall’ETS.
È quindi con la legge di conversione del D.L. 119/2018 che il Legislatore, probabilmente convintosi della necessità di introdurre una soglia di tolleranza, introduce, questa volta in via definitiva, un nuovo comma 2-bis all’articolo 79 D.Lgs. 117/2017 che ora recita quanto segue “Le attività di cui al comma 2 si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta consecutivi”.
Evidentemente l’ipotizzato scostamento del 10% è stato ritenuto eccessivo dal Legislatore che, nell’attuale versione licenziata dalla L. 136/2018 ha quindi optato per introdurre uno scostamento solo del 5%, pur confermando la sua tolleranza per un biennio.
Come detto, però, si doveva fare di più. A partire dai casi di contemporaneo svolgimento di più attività di interesse generale riconducibili a diverse lettere elencate nell’articolo 5 D.Lgs. 117/2017; situazione nella quale ancora oggi occorre chiedersi se la verifica tra ricavi e costi effettivi (adottando la neo-introdotta soglia di tolleranza) vada operata sul complesso delle attività (con una evidente e possibile “compensazione” tra attività condotte con logiche commerciali e attività svolte con criteri non commerciali) piuttosto che sulla singola attività.
Allo stesso modo, il legislatore non affronta la “vera” questione interpretativa che riguarda il citato articolo 79: l’interpretazione del ruolo che i proventi contemplati da comma 4 (stiamo parlando delle entrate derivanti dalle raccolte pubbliche di fondi svolte in modo occasionale e di quelle rappresentate da contributi pubblici, anche in regime di convenzione o accreditamento) “giocano” ai fini della verifica della natura commerciale o non commerciale dell’ETS.
Stante anche quanto viene affermato nei successivi commi dell’articolo 79 ci si chiede ancora oggi se, per queste tipologie di entrata (racconta fondi e contributi pubblici), vale la non imponibilità tout court (“in ogni caso”) prevista dal comma 4 o la non commercialità ai sensi del nuovo comma 5-bis.
La risposta non è affatto scontata e, come già osservato in precedenti contributi, l’una o l’altra soluzione potrebbero determinare la concorrenza o non concorrenza degli stessi ai fini della verifica circa la natura dell’ETS.
Su questi temi appare urgente un immediato intervento chiarificatore dell’Agenzia delle entrate o, ancora meglio, un ulteriore intervento dirimente da parte del Legislatore.
Erogazioni liberali in natura anche per le ODV
L’ultimo ritocco operato alla disciplina degli ETS dalla L. 136/2018, di conversione del D.L. 119/2018, riguarda la disciplina delle detrazioni e delle deduzioni spettanti ai contribuenti nel caso di erogazioni liberali effettuate a favore degli enti del terzo settore.
In particolare il Legislatore interviene nella previsione contenuta nell’articolo 83, comma 1, D.Lgs. 117/2017 e che prevede una detrazione IRPEF pari al 30% degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del terzo settore non commerciali per un importo complessivo, in ciascun periodo d’imposta, non superiore a 30.000 euro.
La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito mediante strumenti di pagamento tracciabili (bonifico, bollettino postale, carte di credito, carte di debito, assegni circolari, ecc.).
Al secondo periodo il comma 1 del citato articolo 83 prevedeva un incremento della detrazione al 35% se il destinatario della erogazione liberale era una organizzazione di volontariato, ma solo per quelle in denaro.
Trattandosi di un evidente refuso il Legislatore interviene per sopprimere il riferimento al “denaro”, legittimando quindi l’agevolazione incrementata anche per le erogazioni liberali in natura effettuate a favore delle ODV.
Il necessario avvallo degli organi comunitari
Infine, con una modifica apportata alle disposizioni di attuazione e coordinamento previste dall’articolo 101, comma 10, D.Lgs. 117/2017 viene ampliato, in virtù dei ritocchi apportati dalla L. 136/2018, il novero delle agevolazioni la cui efficacia viene subordinata all’intervento di una esplicita autorizzazione comunitaria.
In precedenza limitata alla sola previsione contenuta nel comma 10 dell’articolo 77 (il credito d’imposta riconosciuto agli istituti emittenti i titoli di solidarietà che effettuano erogazioni liberali in danaro a favore degli ETS), l’autorizzazione viene ora prevista sia per l’intera disciplina dei titoli di solidarietà (prevista appunto dall’articolo 77) che per la nuova soglia di tolleranza del 5% prevista per la verifica della natura delle attività di interesse generale svolte dagli ETS (il nuovo comma 2-bis dell’articolo 79).
Rimane invece inalterata la parte che richiede la necessaria autorizzazione comunitaria al fine di poter applicare i regimi forfettari previsti per la generalità degli ETS non commerciali dall’articolo 80 e per le sole ODV e APS dall’articolo 86 D.Lgs. 117/2017.