Prova delle cessioni intracomunitarie: cambiamenti all’orizzonte
di Clara PolletSimone DimitriLa cessione di beni a clienti comunitari è fatturata senza Iva, come “operazione non imponibile” articolo 41 D.L. 331/1993, in presenza dei seguenti presupposti:
- onerosità dell’operazione;
- acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;
- effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro dell’Ue, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto.
In mancanza anche solo di un requisito (come ad esempio il trasferimento in territorio Ue), l’operazione diventa imponibile Iva, con applicazione della sanzione dal 90 al 180% dell’imposta (articolo 6, comma 1, D.Lgs. 471/1997).
Il trasferimento deve essere provato, ma come?
La Direttiva 2006/112/CE e la giurisprudenza comunitaria hanno lasciato al legislatore nazionale l’onere di normare tale aspetto. La legge italiana non contiene una specifica previsione in merito ai documenti che il cedente deve conservare ed eventualmente esibire in caso di controllo; per provare l’avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato comunitario occorre quindi fare riferimento alla prassi e alle sentenze in materia. Questo “vuoto” normativo ha dato origine ad una ridda di interpretazioni in fase di constatazione da parte di Guardia di Finanza ed Agenzia delle Dogane, e da parte della Agenzia Entrate in fase accertativa, trasformatosi in contenzioso.
Nella risoluzione 345/E/2007 si fa riferimento ad un documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta: a tal fine può costituire idonea prova l’esibizione del documento di trasporto “da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario”.
Con la successiva risoluzione 477/E/2008 nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro. Inoltre, nel caso di vendite “franco partenza” (o “franco fabbrica” o “ex works – EXW”) è d’uso dell’aziende tenere un registro dei trasportatori che hanno provveduto a ritirare la merce, in modo da poter rintracciare, in caso di verifica, le prove documentali dell’avvenuta consegna in altro Paese comunitario. Ed ancora, nel caso non si riesca ad avere copia del CMR firmato dal destinatario, può provvedersi all’invio di un fax al cliente estero, richiedendo allo stesso di confermare, stesso mezzo (anche semplicemente con firma in calce al fax ricevuto), la ricezione della merce, con riferimento alla specifica fattura.
Il CMR elettronico, avente il medesimo contenuto di quello cartaceo, costituisce un mezzo di prova idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale (risoluzione 19/E/2013), così come l’utilizzo delle informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, da cui risulta che la merce ha lasciato il territorio dello Stato e ha altresì raggiunto il territorio di un altro Stato membro. Si tratta comunque di documenti analogici da stampare e conservare insieme alla fattura.
Infine, la risposta all’istanza di interpello 100/2019 ci ricorda che, dal 1° gennaio 2020, è immediatamente applicabile l’articolo 45-bis Regolamento di esecuzione (UE) 282/2011, per il quale sono accettati come elementi di prova della spedizione o del trasporto:
- i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere;
- i seguenti documenti:
- una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Ai fini della non applicazione dell’Iva sulle cessioni intracomunitarie di beni, si presume (con “presunzione refutabile”) che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna al proprio territorio ma nella Comunità, in presenza di uno dei casi seguenti:
1) il venditore certifica che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da un terzo per suo conto ed il venditore è in possesso di:
- almeno due degli elementi di prova non contraddittori di cui al precedente punto 1), rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente, oppure
- di uno qualsiasi dei singoli elementi di cui al precedente punto 1), in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova non contradditori di cui al punto 2), che confermano la spedizione o il trasporto rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente.
2) il venditore è in possesso oltre agli stessi elementi del punto precedente anche di una dichiarazione scritta dall’acquirente – fornita entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione – che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni. Tale dichiarazione scritta indica:
- la data di rilascio;
- il nome e l’indirizzo dell’acquirente;
- la quantità e la natura dei beni;
- la data e il luogo di arrivo dei beni;
- nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto;
- nonché l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente.
Si evidenzia, infine, che l’introduzione della figura del “soggetto passivo certificato” (CTP) commentata nella proposta COM (2017) 569 final dovrebbe essere applicata in un momento successivo rispetto al 1° gennaio 2020.