Prova delle cessioni intracomunitarie “franco fabbrica”
di Marco PeiroloStefano GarelliNelle cessioni intracomunitarie di beni in cui il cedente non ha provveduto direttamente al trasporto, come ad esempio nel caso di cessioni “franco fabbrica”, e non è in grado, pertanto, di reperire il documento relativo al trasporto, l’effettiva movimentazione della merce a destinazione di altro Paese membro dell’Unione europea, indispensabile ai fini dell’applicazione della non imponibilità IVA di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, può essere provata per mezzo della dichiarazione del cessionario non residente che conferma la ricezione della merce, anche se acquisita successivamente all’operazione di cessione.
Con questa conclusione, espressa dalla Commissione Tributaria Regionale di Torino con la sentenza n. 629/24/14 del 7 maggio 2014, è stato innanzitutto confermato il principio indicato dall’Amministrazione finanziaria in base al quale, nelle cessioni “franco fabbrica”, la prova del trasferimento intracomunitario dei beni “potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro” (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 15 dicembre 2008, n. 477, ribadita dalle successive risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate 25 marzo 2013, n. 19 e 24 luglio 2014, n. 71).
La risoluzione n. 345 del 28 novembre 2007 ha, da un lato, individuato, quale prova idonea a dimostrare l’uscita delle merci dal territorio dello Stato, il documento di trasporto e, dall’altro, sancito l’obbligo – per il cedente – di conservare, oltre agli elenchi INTRASTAT e alle fatture di vendita, la documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate e la copia di tutti gli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione ed al trasporto dei beni in altro Stato membro.
La successiva risoluzione n. 477/E/2008, nell’affrontare lo specifico caso relativo alle cessioni “franco fabbrica”, ha tuttavia chiarito che il riferimento al documento di trasporto, contenuto nella citata risoluzione n. 345/E/2007, ha carattere meramente esemplificativo, sicché, come anticipato, “nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”.
È importante sottolineare che la prova dell’avvenuto trasferimento intracomunitario dei beni discende, in ogni caso, da un insieme di documenti da cui sia possibile ricavare, con sufficiente evidenza, che la merce è stata movimentata a destinazione del Paese membro del cessionario.
Tale principio, originariamente indicato nella risoluzione n. 345/E/2007, sembrava superato a seguito delle precisazioni fornite nella successiva risoluzione n. 477/E/2008, per essere invece definitivamente confermato dagli ultimi interventi di prassi in materia, vale a dire la risoluzione n. 19/E/2013 e la risoluzione n. 71/E/2014. Quest’ultima, in particolare, proprio con specifico riguardo alle cessioni “franco fabbrica” (nella specie, di un’imbarcazione a favore di un acquirente francese), ha stabilito che la prova del trasferimento intracomunitario può essere validamente fornita esibendo:
- la fattura di vendita dell’imbarcazione;
- la documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione all’operazione effettuata;
- i contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria;
- la documentazione commerciale che attesti il passaggio di proprietà tra cedente e cessionario;
- il documento da cui risulti la cancellazione da parte del cedente dell’imbarcazione dal registro italiano;
- il documento da cui risulti l’avvenuta iscrizione dell’imbarcazione nel registro francese;
- l’elenco riepilogativo delle operazioni intracomunitarie (modello INTRASTAT).
Considerata, inoltre, la natura del bene (imbarcazione) e la circostanza che lo stesso viene trasportato dal cessionario, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, “in aggiunta alla documentazione sopra elencata e in sostituzione del documento di trasporto, occorre fornire anche una dichiarazione da parte del cessionario – corredata da idonea documentazione – (ad esempio il contratto di ormeggio stipulato con il porto di destinazione), che attesti di avere condotto l’imbarcazione da un porto italiano ad un porto francese”.
Alla stessa conclusione è giunta la Commissione Tributaria Regionale di Torino, in cui si dà atto che, oltre alle dichiarazioni successive dei cessionari e alle fatture di vendita, erano stati prodotti il documento di trasporto firmato dall’autotrasportatore, la fattura registrata dal cliente con dichiarazione di ricevimento della merce e i modelli INTRASTAT.
Secondo i giudici d’appello, considerato il suddetto materiale probatorio, deve “ritenersi che la società abbia effettivamente movimentato la merce con consegna al vettore, che la merce sia stata effettivamente ricevuta come risulta sia dai pagamenti che dalla registrazione della fattura da parte del cliente”.
Riguardo, in particolare, la dichiarazione resa dal cliente con la quale viene confermata l’avvenuta ricezione della merce, la stessa, ancorché non coeva all’operazione di cessione (nella fattispecie, si è trattato di una dichiarazione rilasciata a distanza di 5 anni dall’emissione della fattura di vendita), “si aggiunge al materiale probatorio e non è, come afferma l’Ufficio e motiva la sentenza di primo grado, l’unica prova dedotta dall’appellante”.
In definitiva, dall’arresto giurisprudenziale in commento si ha conferma che:
- la prova del trasferimento dei beni in altro Paese membro deve risultare da un insieme di documenti da cui sia possibile ricavare, con sufficiente evidenza, che la merce è stata destinata al cessionario comunitario;
- così come indicato dalla risoluzione n. 71/E/2014, l’avvenuta ricezione della merce deve risultare (anche) dalla dichiarazione resa dal cessionario non residente. Rispetto, però, alla citata risoluzione, la pronuncia dei giudici d’appello torinesi stabilisce che la prova della movimentazione dei beni s’intende validamente fornita anche se la predetta dichiarazione è successiva al perfezionamento dell’operazione di cessione; tenuto conto di quanto previsto dalla risoluzione n. 19/E/2013, è comunque opportuno che le prove dell’avvenuto trasporto intracomunitario dei beni vengano acquisite “senza indugio”, non “appena la prassi commerciale lo renda possibile”.