Quale capitale minimo per le “vecchie” Srl?
di Giovanni ValcarenghiSergio Pellegrino
La definitiva approvazione del D.L. 76/2013, con la pubblicazione della legge di conversione sulla GU del 22 agosto scorso, ha determinato la modifica ad alcune regole di funzionamento delle società a responsabilità limitata; in particolar modo, ci riferiamo all’articolo 2463 del Codice civile e, pertanto, tralasciamo le specifiche disposizioni del successivo articolo, specificatamente dedicate alla società a responsabilità limitata semplificata.
La questione che è sorta è la seguente: esiste ancora un limite minimo di capitale per le srl ordinarie e, soprattutto, in caso di perdite che intacchino la misura minima, è ancora obbligatoria la procedura di abbattimento e ricostituzione del valore?
In merito alla prima questione, riscontriamo che il nuovo comma 4 dell’articolo sancisce che l’ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro 10.000, purché almeno pari ad 1 euro; in tali ipotesi, è introdotto il vincolo del versamento in denaro e per l’intero importo (peraltro, nelle mani dell’amministratore).
Di converso, l’articolo 2482-ter continua a prevedere che “Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal numero 4) dell’articolo 2463, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. E’ fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società”.
Fatta tale premessa, in relazione all’esistenza di un obbligo di ricostituzione del capitale minimo a 10.000 euro per Srl già esistenti, a seguito dell’abbattimento per perdite, si possono avanzare due differenti chiavi di lettura:
1) la variazione interessa solo quelle società che, nell’atto costitutivo, hanno indicato un capitale sociale inferiore alla precedente soglia usuale di 10.000 euro; infatti, il precedente comma 2 dell’articolo 2463 continua ad indicare la misura del capitale, quale elemento obbligatorio dell’atto costitutivo. Lo stesso comma 4, dal punto di vista terminologico, stabilisce che il capitale prescelto deve essere “determinato” in una certa misura, vale a dire che deve essere specificamente esplicitato nell’atto costitutivo. Nel caso di società già esistente, pertanto, ciò che risulta esplicitato è il vecchio valore prescelto, ed a tale parametro bisogna continuare a riferirsi per l’applicazione delle disposizioni che rappresentano una garanzia (più o meno significativa) per i soggetti terzi. L’articolo 2482-ter, infatti, richiama ancora specificamente l’indicazione della misura del capitale minimo contenuta nell’atto costitutivo. Di fatto, dunque, ne consegue che le modifiche interesserebbero solo le società di nuova costituzione, mentre per quelle già esistenti resterebbe il limite dei 10.000 (o altra misura fissata nell’atto costitutivo);
2) la variazione interessa tutte le società, o quantomeno tutte quelle che hanno un capitale sociale pari alla precedente misura minima fissata per legge, appunto i 10.000 euro, a prescindere da quanto indicato nell’atto costitutivo; ciò in quanto la modifica normativa rappresenta una sorta di ipotesi generale sopravvenuta, in grado di “assorbire” le differenti indicazioni apposte in conformità delle previgenti regole.
A nostro parere appare preferibile la prima chiave di lettura, nel senso che permane, a carico di ciascuna società, l’obbligo di recarsi dal notaio in caso di perdite rilevanti (vale a dire superiori al terzo del capitale) che determinino l’esistenza di un capitale di importo inferiore a quello specificamente stabilito nel proprio atto costitutivo. Ovviamente, si potrà, in sede di modifica statutaria, prescegliere una soglia di capitale inferiore ai 10.000 euro, poiché ciò oggi è previsto dalla norma.
Seguendo tale via, peraltro:
- si otterrebbe una maggiore coerenza tra le due differenti forme di Srl oggi previste dal Codice civile; infatti, anche nella forma semplificata (art. 2463-bis) un elemento indispensabile dell’atto costitutivo risulta proprio la misura del capitale, anche se il valore può collocarsi tra il minimo di 1 euro ed il massimo di 9.999,99 euro (inferiore, cioè, a 10.000);
- si eviterebbe di doversi porre il problema della ulteriore estensione della nuova disposizione alle società a responsabilità limitata già esistenti, ma dotate di capitale sociale anche in misura ben più elevata rispetto a quella dei 10.000 euro. Nei confronti di tali soggetti, la misura del precedente capitale (magari robusta) ha costituito un parametro di garanzia per i terzi, tra cui gli istituti di credito; concludere, oggi, che non vi sarebbe più alcun obbligo di ricostituzione anche a seguito di perdite sofferte, appare onestamente un po’ forzato.
Per concludere, rafforzando la conclusione cui si è giunti, va notato che lo stesso articolo 2463 del Codice civile, al comma 5, prevede una sorta di meccanismo di rimedio contro il “mini capitale”. Infatti, dopo avere stabilito l’obbligo di accantonamento degli utili a riserva legale nella misura minima di 1/5 (vale a dire il 20%), si prevede che tale prescrizione continui a funzionare sin tanto che la sommatoria tra capitale sociale e riserva legale non raggiunga il valore minimo di 10.000 euro. Poiché la riserva legale può avere come uniche destinazioni l’aumento di capitale (che comunque rappresenta un parametro nel “calcolo di sicurezza” evocato), oppure la copertura di perdite ed, ancora, la riduzione della riserva per qualsiasi motivo determina il riavvio dell’obbligo di accantonamento, sembra che il baluardo dei 10.000 euro di fatto esista anche per le nuove società (o per quelle che, a seguito di modifica statutaria, si adeguassero alle nuove previsioni), non certo come vincolo iniziale di conferimento ma, quantomeno, come parametro di successivo ancoraggio alla società di un ammontare minimo di risorse derivanti dalla gestione.