7 Ottobre 2022

Quando il capital gain è paradisiaco

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

La risposta ad istanza di interpello n. 481 dello scorso 27 settembre complica la vita ai soggetti italiani che devono alienare una partecipazione estera.

Il parere espresso dall’Ufficio, tuttavia, non può essere inteso come bizzarro in quanto, nella sostanza, si limita a prendere atto del dato normativo.

L’articolo 87 Tuir, in tema di pex, prevede che, in caso di alienazione di una partecipazione estera, l’esenzione è concessa se si dimostra che, sin dall’inizio del periodo di possesso, la stessa non è mai risultata paradisiaca.

Ebbene, questa analisi risulta particolarmente complessa, soprattutto nel caso di partecipazioni detenute da molto tempo.

L’Agenzia ha chiarito che, in questi casi, si devono applicare per tutte le annualità pregresse le regole vigenti al momento della cessione, ossia quelle dell’articolo 47 bis Tuir.

Lo scenario che si presenta è, quindi, il seguente.

Se la società estera è localizzata nell’Unione europea o nello spazio economico europeo che scambia informazioni la stessa non può mai essere considerata paradisiaca.

Diversamente, se si trova in altri paesi extra UE, bisogna giudicare sin dall’inizio del periodo di possesso, anno per anno, se il livello impositivo della società estera risulta inferiore alla metà di quello italiano.

Per livello impositivo si ha riguardo a quello effettivo, in ipotesi di controllo, oppure a quello nominale negli altri casi.

Il concetto di controllo è quello definito dall’articolo 167, comma 2, Tuir.

La recente risposta ha, tuttavia, evidenziato che l’analisi non può andare a ritroso oltre il 2002, anno di entrata in vigore della disciplina cfc.

Invero, la risposta fa riferimento al 2001 ma si tratta, ragionevolmente, di una svista.

Quand’anche una sola delle annualità pregresse fosse considerata paradisiaca, la plusvalenza sarebbe tassabile in modo ordinario ai sensi dell’articolo 86 Tuir.

La norma, tuttavia, semplifica la vita per le cessioni effettuate a soggetti estranei al gruppo. In questo caso, infatti, è sufficiente che la condizione sussista per i cinque periodi di imposta anteriori al realizzo stesso. La norma precisa, altresì, che si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o meno nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o meno nel territorio dello Stato.

La disciplina delle plusvalenze risulta, quindi, disallineata rispetto a quella dei dividendi, dove, fortunatamente, opera l’articolo 1, comma 1007, L. 205/2017.

La norma, in particolare, prevede che se la società, in base alle regole vigenti pro tempore non è considerata paradisiaca, l’utile maturato in detto esercizio risulterà per sempre “white”.

Di conseguenza, potrebbe accadere che il contribuente italiano, monitorando di anno in anno la società estera, possa giungere alla conclusione che gli utili maturati siano sempre “white.

Tale conclusione, tuttavia, non può essere estesa alle plusvalenze, per le quali, come abbiamo visto, si applica un criterio differente.

Questa e molte altre questioni verranno approfondite nel percorso di sei mezze giornate “La fiscalità internazionale in pratica” che inizierà il prossimo 25 ottobre.