Quando il cliente è prolisso
di Michele D’Agnolo
Il buon senso, prima ancora dei libri di marketing, ci insegna che è importante curare la comunicazione con i clienti e garantire agli stessi una adeguata rapidità di risposta ed una disponibilità quanto più possibile immediata.
È fondamentale, inoltre, creare e mantenere con il cliente un rapporto empatico, di cordiale affinità interpersonale umana, che ci consenta di gestire con lui problemi e tematiche pruruginose assicurandoci la sua massima apertura e collaborazione.
Nel rapporto fiduciario è quindi naturale che vi sia un minimo di chiacchiera. Anzi, la conoscenza del contesto generale del cliente, gli affetti, la famiglia, le aspirazioni, gli hobbies, ci aiuta a offrirgli soluzioni ancora più meditate e personalizzate. Questi discorsi un po’ da parrucchiere li facciamo di solito quando accogliamo il cliente telefonicamente o di persona nel nostro studio o lo andiamo a trovare in azienda. Ancora, qualche chiacchiera la si fa nelle attese di una riunione che tarda a cominciare ed anche prima di accomiatarci.
Ma che fare quando il cliente “si allarga”? A tutti noi è capitato di avere almeno un cliente logorroico, prolisso, ripetitivo e magari anche permalosissimo e pieno di sé.
Diventa allora fondamentale riuscire a contenere diplomaticamente il cliente e la sua verve comunicativa perché in caso contrario si rischia di perdere tempo inutilmente, con la conseguenza di rendere assolutamente non conveniente il rapporto professionale. Una relazione troppo tranciante, però, potrebbe deteriorarsi o concludersi del tutto. Questo timore è particolarmente diffuso tra i non titolari dello studio: il personale di contatto e i professionisti collaboratori si fanno ancora più scrupoli nella gestione del cliente in quanto temono sempre di infastidirlo e poi di pagarne indirettamente le conseguenze.
Una prima problematica è data dal cliente che cambia argomento con facilità, quello che chiamo il Dottor Divago. Con questo tipo di soggetti è spesso utile in fase iniziale di riunione fissare già il tempo disponibile e gli obiettivi della riunione, contingentando gli interventi. Quando vedo che il discorso scivola, dico “sarebbe molto bello poter parlare di questo argomento, ma ci porterebbe fuori tema”. Un’altra frase potente e sufficientemente diplomatica, da utilizzare con parsimonia, è l’espressione “veniamo al dunque”.
Un’altra cosa da evitare oggi è di chiedere al nostro cliente come sta. Quella che era prima della crisi economica una normale cortesia comportamentale, un rituale di richiesta al quale il cliente rispondeva sempre “bene grazie” può facilmente diventare oggi un pretesto per sollevare il coperchio del classico vaso di Pandora. Nessuno, di questi tempi, sta completamente bene e ciascuno di noi non vede l’ora di trovare una spalla su cui piangere, qualcuno con cui vuotare il sacco. Molto meglio, quindi, in fase di accoglienza, complimentarsi per la forma fisica o per l’abbigliamento oppure molto più semplicemente manifestare che si è genericamente lieti di rivedere o di risentire il nostro cliente.
La fase di accoglienza telefonica o di persona può, peraltro, essere convenientemente abbreviata dopo il saluto iniziale con un “mi dica cosa posso fare per lei” o “mi dica tutto”.
Un altro trucco da giocare in riunione è di indicare di tanto in tanto il lasso di tempo a disposizione. I clienti loquaci tendono a dimenticare quanto tempo è disponibile. Potete gentilmente ricordarglielo dicendo: “Abbiamo tempo solo fino alle 2:30, ma ce la facciamo perché in una decina di minuti mi racconta il problema e poi vedrà che troviamo insieme una soluzione.”
Il ricorso a domande chiuse, quelle che ammettono solo le risposte si o no, è spesso una soluzione con il cliente che ama parlare.
Le risposte brevi che otterrete vi consentiranno di limitare la durata della telefonata.
Ponete domande aperte, quindi, solo quando avete reale necessità di una spiegazione. Tuttavia, talvolta il cliente lavorerà per non rispondere né sì né no e sollevare un problema che nega l’esistenza stessa della dicotomia proposta.
In ogni modo, non invitate il cliente a conversazioni non necessarie. Per contenere la lunghezza della interazione siate sintetici nelle vostre risposte ed attenetevi a temi inerenti il lavoro.
E’ bene, in particolare, evitare se possibile di fare domande aperte dopo il giro di boa di metà riunione. Con i pazienti prolissi, è necessario iniziare a chiudere prima. oNon aprire un intero argomento nuovo, o chiedere ulteriori informazioni dopo il punto medio. Il primo tempo è per loro, la seconda metà è per voi – avete di solito bisogno di tempo per diagnosticare, trattare, creare un piano, spiegare, e chiudere il meeting.
Un modo per stoppare un logorroico è quello di prendere la parola ad un certo punto della riunione per vedere se abbiamo capito. “Caro ingegnere, provo a riassumere per vedere se ho capito le sue esigenze.” Dopo il riassunto, possiamo aggiungere .- “adesso posso salutarla perché mi è tutto chiaro, e appena l’avrò salutata mi metto a cercare il dato che le interessava”. Questo sistema può essere utile anche per Il cliente che crede che se spiega durante un colloquio o una telefonata con noi la stessa necessità urgente 20 volte e in 20 modi diversi, questa come in una seduta spiritica si realizzerà immediatamente.
Lo scadere del tempo della riunione può essere previamente ricordato quando manca un poco alla fine. Poi, al momento del commiato, potremo dire “non me ne voglia ma ora devo proprio lasciarla”. In caso, per evitare di lasciare male il nostro interlocutore, si può proporre il rinvio della discussione ad un altro momento “mi spiace però lasciare a metà quest’argomento, se vuole ne parliamo domani, la invito per l’aperitivo”.
In alternativa, andando sulle “bugie da segretaria” una telefonata o una seduta troppo lunga può essere casualmente interrotta dall’Agenzia delle Entrate che è sempre sull’altra linea proprio quando il cliente ti stava raccontando per l’ottava volta delle lezioni di arpa del nipote della sorella. Meglio non usare, invece, come scusa la presenza o la richiesta di un altro cliente, perché sembra di fare una classifica tra clienti importanti e non. Le colleghe all’ultima spiaggia puntano di solito sul bambino rimasto fuori di scuola, ma la cosa funziona solo limitatamente ad una fascia di età ben precisa. Nulla da fare se il pargolo è ultradiciottenne ed automunito. Peggio che peggio addurre un impegno personale, men che meno se piacevole per noi. “mi perdoni ma mi attendono al tennis club”. Questo i clienti proprio non lo tollerano…
“Ora vado perché non voglio farti perdere tempo” è invece una scusa che non sempre regge. La frase ti ritorna come un boomerang, se la persona ha tempo e ti dice, non ti preoccupare non ho alcunchè da fare per i prossimi due secoli. In tal caso, mettetevi comodi e dite pure “sono tutto’orecchi”.
Un caso particolare – di ripetitività più che di prolissità – è il cliente che chiama ogni tre minuti per sapere se la sua pratica è pronta. Mi è capitato che un professionista che ben conosco perdesse la pazienza e dicesse al cliente che se deve rispondere al telefono non riesco a fare il lavoro, ma forse oggi sarebbe considerato un pelino scortese. Più divertente ma non meno irriverente la capo studio di un notaio che mutuando dalla pubblicità dei tortellini disse al cliente insistente: “lei è come Giovanni Rana, ogni giorno è quello giusto” .
Ricordiamoci, tuttavia, che non possiamo negare indiscriminatamente il nostro tempo prezioso al cliente, perché lui lo sa bene che quella è la cosa più preziosa che abbiamo e non a caso è quella che vuole. In base alla quantità di tempo che passiamo con lui misura la sua importanza. Non dimentichiamo, quindi, che in certi casi è davvero indispensabile dedicare tempi adeguati al cliente. Nel caso ad esempio di attività di brainstorming, oppure nel caso di eventi con un forte contenuto emotivo come un problema di successione familiare in azienda o di lite tra datore di lavoro e dipendente, è bene prendersi tutto il tempo che serve per gestire le emozioni coinvolte. Anche in questo caso, peraltro, una buona competenza in tema di comunicazione può consentire di raffreddare rapidamente gli animi e di gestire il conflitto, mentre una non consapevolezza della materia può portare ad una rapida escalation ,con la situazione comunicativa che scappa totalmente di mano e con essa il rapporto col cliente.