Quando l’omesso versamento non è punibile penalmente
di Marina RomanoPietro VitaleL’omesso versamento di ritenute (dovute o certificate), di IVA ed anche l’indebita compensazione in F24 di crediti tributari inesistenti o non spettanti, comporta una responsabilità penale del contribuente (o rappresentate legale di società) qualora siano eccedute le soglie rispettivamente stabilite in:
- euro 150.000 per l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per ciascun periodo d’imposta (articolo 10-bisLgs. n. 74/2000);
- euro 250.000 per l’omesso versamento di IVA per ciascun periodo d’imposta (articolo 10-terLgs. n. 74/2000);
- euro 50.000 per l’indebita compensazione in F24 di crediti tributari inesistenti o non spettanti (articolo 10-quaterLgs. n. 74/2000).
Per i reati di cui alle lett. sub a) e sub b) la pena prevista va da una reclusione minima di sei mesi ad un massimo di due anni; per quelli di cui alla lett. sub c), qualora l’indebita compensazione riguardi crediti inesistenti, la reclusione va da minimo di un anno e sei mesi fino a un massimo di sei anni; mentre, per i crediti non spettanti la pena rimane quella prevista nella normativa previgente ossia la reclusione da sei mesi fino a due anni.
Il debito tributario da considerare ai fini dell’applicazione dei sopra citati reati è rappresentato da tributo, sanzione e interessi.
Al fine di incentivare il contribuente ad adempiere il debito tributario sottratto, il citato D.Lgs. n. 158/2015 ha previsto un “beneficio premiale” consistente nella non punibilità, in sede penale dell’autore del reato tributario, qualora fornisca la prova dell’intervenuto pagamento del debito “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento avanti al giudice penale di primo grado” (articolo 13 comma 3 D.Lgs. n. 74/2000), ossia ai sensi dell’articolo 491 c.p.p. dopo che è stato compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti.
Va da sé che al fine di beneficiare di tale causa di non punibilità, eventuali rateizzazioni ottenute dal contribuente/sostituto d’imposta (si ricorda che, ai sensi dell’articolo 3-bis D.Lgs. n. 159/2015, è possibile ottenere rateizzazioni delle somme dovute fino ad un numero massimo di 8 o 16 rate trimestrali a seconda della tipologia di violazione) devono essere concluse prima dell’apertura del dibattimento.
Se la rateizzazione dura ad esempio 48 mesi, l’imputato può chiedere al Giudice la concessione di un termine che gli consenta di poter pagare tutto il debito residuo. Tuttavia, il giudice potrà concedere un termine di sospensione del processo solo di tre mesi e, successivamente, alla scadenza del trimestre, se il contribuente non sarà riuscito a versare l’intera somma dovuta, quest’ultimo potrà richiedere al giudice una sola proroga di altri tre mesi per provvedervi. Nel frattempo i termini di prescrizione sono sospesi per un periodo pari al termine concesso (solo per i predetti reati la prescrizione opera ex articolo 157 c.p. e cioè decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge, e comunque non inferiore a 6 anni nel caso di delitto e non inferiore a 4 anni nel caso di contravvenzione).
Dal punto di vista pratico, l’imprenditore (legale rappresentate in caso di società) che abbia commesso i reati sopra citati, da quando si accorge di essere sottoposto a processo penale (il che a titolo esemplificativo potrà avvenire alla ricezione dell’informazione di garanzia, oppure dell’avviso di conclusione indagini ex articolo 415-bis c.p.p., alla ricezione di decreto di sequestro oppure dell’avviso di fissazione di udienza a seguito di opposizione a richiesta di archiviazione) iniziano a decorrere i termini per decidere cosa fare per non essere puniti penalmente: pagare tutto ovvero rateizzare il pagamento del debito tributario estinguendolo prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Resta fermo che il pagamento potrà avvenire in tutte le fasi precedenti quali le indagini preliminari e/o l’udienza preliminare.
Il beneficio premiale viene quindi meno quando il contribuente (legale rappresentante di società), prima dell’apertura del dibattimento, abbia in corso una rateizzazione che travalica il termine di 3 mesi di proroga concedibile dal Giudice.
Se l’azione penale è esercitata con ritardo, il reo avrà più tempo per pagare le rate del piano di rateizzazione e questo potrebbe giovargli se l’udienza fissata per l’apertura del dibattimento risulta bastevole per completare il pagamento rateale.
Coloro che hanno la possibilità di scegliere di rinunciare alla rateizzazione a favore dell’integrale pagamento del debito prima dell’apertura del dibattimento, si trovano in una situazione privilegiata (usufruendo della causa di non punibilità) rispetto a coloro che, invece, non avendo tale possibilità, sono costretti a continuare a pagare con la rateizzazione (e a subire la condanna). Ciò, di fatto, determina la lesione del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito dall’articolo 3, ma anche di quello del diritto di difesa di cui al successivo articolo 24, in quanto all’imputato che non può avvalersi del beneficio premiale è preclusa un’opzione difensiva costituzionalmente garantita.
La violazione di tali diritti costituzionali è stata sollevata dal Tribunale di Treviso nella causa 108/2016. Dall’eventuale accoglimento della questione da parte della Corte Costituzionale ne conseguirebbe un notevole ampliamento della facoltà di usufruire della nuova esimente disciplinata dall’articolo 13 D.Lgs. n. 74/2000. Attendiamo con ansia gli sviluppi della questione.