23 Settembre 2013

Quando pagare gli avvisi bonari rideterminati?

di Giovanni Valcarenghi
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Può capitare che un contribuente, oppure direttamente l’intermediario abilitato che abbia assunto specifico impegno, riceva un avviso bonario contenente delle inesattezze, tali per cui gli importi dovuti si riducano rispetto alla originaria pretesa. Ipotizzando che si riesca ad ottenere la rettifica, va compreso quando scada il termine per il tempestivo versamento delle somme che consenta di mantenere il beneficio della riduzione delle sanzioni ad 1/3. In sostanza, bisogna capire se i 30 giorni “canonici” (ci riferiamo all’ipotesi dell’avvio direttamente recapitato al contribuente) decorrono dalla consegna del primo avviso (parzialmente errato), oppure del secondo avviso, quello corretto. Della questione si è recentemente occupata la CTR del Veneto (Venezia Mestre), con la sentenza n. 61 del 16 luglio 2013.

In primo luogo, va osservato come l’Amministrazione finanziaria persista nell’invio delle comunicazioni di irregolarità con la modalità POSTEL che, all’atto pratico, difficilmente consente di avere piena contezza dell’effettivo momento di ricezione dell’avviso. In secondo luogo, inoltre, va rimarcato il fatto che il contribuente potrebbe chiedere la “sistemazione” degli errori con differenti modalità, che spaziano da quelle telematiche del CIVIS, sino a giungere a quelle del confronto diretto con l’operatore dell’Ufficio (tramite appuntamento) oppure per il tramite di una specifica istanza di autotutela consegnata all’Ufficio; ciascuna di queste modalità ha differenti tempi di risposta che possono, oppure no, ingenerare il problema di cui si discute. Infine, va ricordato che la norma di riferimento (art. 2, D. Lgs. 462/1997), sancisce che il pagamento delle residue somme dovute, deve essere effettuato entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione definitiva concernente la rideterminazione delle somme in autotutela.

Il caso analizzato dalla sentenza attiene proprio l’ultima circostanza richiamata. A fronte di un avviso bonario relativo al mancato riconoscimento di alcune ritenute d’acconto nell’ambito di un consolidato, veniva presentata istanza di autotutela all’Agenzia delle entrate che, non condividendo le argomentazioni avanzate, ha rigettato la richiesta (non si comprende in modo chiaro se in forma esplicita o meno). Il contribuente provvedeva a pagare il bonario, ovviamente oltre il termine di 30 giorni dalla prima notifica; l’ufficio, nel frattempo, effettuava iscrizione a ruolo ritenendo decaduta la possibilità di profittare della riduzione delle sanzioni, per effetto del tardivo versamento, in quanto non era stata rideterminata la originaria pretesa a seguito della istanza del contribuente.

La Commissione, al riguardo, afferma il principio in forza del quale, sposando la tesi rigorosamente letterale proposta dall’Agenzia, si finirebbe per scoraggiare qualsiasi forma di contraddittorio con il contribuente; inoltre, osservano i Giudici, aderire alla suddetta tesi significherebbe svantaggiare il contribuente in caso di ritardo della risposta da parte dell’Agenzia che, semplicemente facendo slittare il proprio responso il l’originario termine di 30 giorni, potrebbe precludere al contribuente la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni. Pertanto, si adotta una interpretazione costituzionalmente orientata e altresì rispettosa dei principi di origine comunitaria.

Le conclusioni sopra esposte fondano la propria esistenza sul fatto che, a prescindere dall’esito di accoglimento o diniego delle ragioni addotte, la decisione dell’Ufficio assunta a conclusione del contraddittorio assume, nella generalità dei casi, il carattere di nuova determinazione, frutto di una ulteriore istruttoria compiuta anche alla luce delle argomentazioni addotte dal contribuente e con l’onere di essere dotata di una propria motivazione. Insomma, anche ove venga confermata l’originaria pretesa (con sostanziale conferma della precedente richiesta), la risposta delle Entrate si configura come una nuova comunicazione, idonea a far decorrere un nuovo termine di 30 giorni.

A parere di chi scrive la soluzione adottata nella sentenza appare fortemente rispettosa del principio di pari dignità tra contribuente e Amministrazione finanziaria, riconoscendo la possibilità, ad entrambe gli attori, di poter argomentare in merito alle proprie ragioni, con conseguente onere della controparte (nel caso, l’Agenzia) di valutare le istanza di parte. Ovviamente, siamo coscienti che sposare tale conclusione potrebbe ingenerare nei contribuenti una malevola tentazione di presentare, sempre e comunque, una istanza di autotutela per ogni avviso bonario ricevuto, solo con l’obiettivo di ritardare il momento dell’effettivo pagamento delle somme, anche ove palesemente corrette. Ma dobbiamo affermare che tale rischio va certamente corso e le conseguenze negative accettate, perché solo in questo modo si valorizza la corretta applicazione delle regole tributarie. Non va infatti dimenticato che nemmeno la pretesa del fisco veicolata per il tramite degli avvisi bonari brilla certo per trasparenza, apparendo sovente “misteriosa” la motivazione del recupero. E’ giusto, quindi, che ciascuno abbia la possibilità di convincersi, sino in fondo, della effettiva debenza delle somme richieste.